Punti chiave
Un architetto giordano di sessantatré anni, residente a Genova dal 1994. Un sistema di associazioni di beneficenza che apparentemente raccoglieva fondi per il popolo palestinese. E sette milioni di euro versati verso un’organizzazione terroristica designata dall’Unione Europea.
Questa è l’ossatura dell’indagine che il 27 dicembre 2025 ha portato all’arresto di nove persone in Italia, smantellando quella che le autorità descrivono come una cellula operativa di Hamas sul territorio italiano.
Il nome al centro dell’inchiesta è Mohammad Hannoun, presidente dell’Associazione Palestinesi in Italia e fondatore dell’Associazione Benefica di Solidarietà con il Popolo Palestinese, l’ABSPP. Per oltre due decenni, Hannoun ha costruito e gestito una rete sofisticata che, secondo l’accusa, operava come una struttura di Hamas dedicata al finanziamento dell’organizzazione terroristica.

Le accuse sono gravi e documentate: appartenenza a organizzazione con finalità di terrorismo, finanziamento del terrorismo internazionale, creazione di associazioni-schermo per eludere i controlli finanziari.
L’operazione è stata condotta dalla DIGOS di Genova, con il supporto della Guardia di Finanza e sotto la direzione della Procura Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, guidata da Giovanni Melillo. Gli investigatori hanno ricostruito un sistema finanziario complesso che ha permesso di trasferire fondi verso le strutture di Hamas in Medio Oriente, con destinatari diretti inclusi esponenti della leadership di Hamas e familiari di persone coinvolte in attacchi terroristici.
Una rete internazionale ben organizzata
Hannoun non era un operatore isolato. Secondo le indagini, era parte di una struttura ben più ampia che coinvolgeva almeno otto altre persone, alcune con responsabilità specifiche nella gestione delle associazioni, altre in ruoli di supporto finanziario e organizzativo. Tra questi figura Osama Alisawi, ex Ministro dei Trasporti del governo di facto di Hamas a Gaza e cofondatore dell’ABSPP nel 1994, identificato come beneficiario diretto dei trasferimenti finanziari.

Il sistema prevedeva anche figure come Dawoud Ra’Ed Hussny Mousa, descritto come referente della cellula italiana e responsabile della filiale milanese dell’ABSPP, e Raed Al Salahat, membro del board of directors della European Palestinians Conference, organismo che riunisce esponenti palestinesi in Europa. Questi nomi non emergono da documenti isolati, ma da una trama fitta di transazioni bancarie, intercettazioni, e comunicazioni che gli inquirenti hanno ricostruito nel corso di anni di indagini.
Il fatto più significativo è che molti di questi individui risultano membri del comparto estero di Hamas, la struttura internazionale dell’organizzazione responsabile delle relazioni con l’estero, della raccolta fondi, e del coordinamento con altre entità associate. Questa non era una rete di attivisti genuinamente dedicati al supporto umanitario della popolazione palestinese, ma un’estensione operativa di Hamas sul suolo europeo.
Le tre associazioni e il meccanismo finanziario
L’indagine ha identificato tre associazioni utilizzate per la raccolta e il trasferimento dei fondi. La più antica è l’ABSPP, costituita l’11 maggio 1994 con sede a Genova. Secondo il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, è una “sham charity”, una associazione fittizia che raccoglieva fondi apparentemente per scopi umanitari ma che in realtà finanziava l’ala militare di Hamas.
La seconda è l’ABSPP ODV, costituita il 3 luglio 2003, registrata come organizzazione di volontariato sempre con sede a Genova. La creazione di questa seconda struttura riflette una strategia comune tra i gruppi terroristici: quando le autorità iniziano a controllare una struttura, crearne una seconda con denominazione simile per continuare le operazioni. Hannoun rimase il legale rappresentante di entrambe.
La più recente è l’Associazione Benefica La Cupola d’Oro, costituita il 1° dicembre 2023 con sede a Milano. Secondo i documenti desecretati dalle autorità statunitensi, questa associazione è stata creata da Hannoun appositamente per eludere le sanzioni imposte dal Dipartimento del Tesoro USA dopo il 7 ottobre 2024.
La scelta della tempistica non è casuale: era stata creata due mesi dopo l’attacco di Hamas contro Israele, ma prima che le sanzioni colpissero le strutture precedenti, permettendo una transizione quasi fluida verso la nuova entità.
Il meccanismo finanziario era sofisticato ma ben documentato dagli investigatori. I fondi venivano raccolti da donatori italiani, spesso ignari della destinazione finale, attraverso campagne di sensibilizzazione incentrate sul “supporto umanitario” ai palestinesi. I soldi passavano poi attraverso transazioni bancarie triangolate con associazioni estere, prima di confluire verso associazioni dichiarate illegali nello Stato di Israele proprio perché appartenenti, controllate o comunque collegate a Hamas.
In alcuni casi, i trasferimenti erano diretti: fondi versati direttamente a esponenti di Hamas come Alisawi, che li controllava e li utilizzava per finanziare le attività dell’organizzazione. Gli investigatori hanno documentato non solo trasferimenti di denaro, ma anche comunicazioni esplicite in cui rappresentanti di Hamas sollecitavano direttamente Hannoun e altri esponenti della cellula per ulteriori finanziamenti.
Il dettaglio controverso del supporto ai “Martiri”
Uno degli aspetti più controversi emersi dalle indagini riguarda il modo in cui parte di questi fondi era utilizzato. Non solo finanziavano le operazioni militari e politiche di Hamas, ma anche il sostentamento dei familiari di persone coinvolte in attentati terroristici, inclusi gli attentati suicidi che hanno causato la morte di decine di civili israeliani.
Questa pratica non era nuova. Già nei primi anni 2000, quando Hannoun fu indagato dalla Procura di Genova, gli investigatori di allora scoprirono che l’ABSPP manteneva economicamente gli “orfani dei martiri” di Hamas. Per l’accusa, questo equivaleva a finanziare il terrorismo, perché forniva supporto economico alle famiglie di persone che avevano compiuto attentati terroristici. Nel 2004, i pubblici ministeri chiesero l’arresto di Hannoun, ma il giudice per le indagini preliminari respinse la richiesta, ritenendo che si trattasse di un finanziamento “postumo” e quindi non configurabile come supporto preventivo al terrorismo secondo l’interpretazione giuridica dell’epoca.
Quella inchiesta fu archiviata anche perché le autorità italiane non riuscirono a ottenere le informazioni necessarie dalle autorità dei territori palestinesi attraverso le richieste di rogatorie internazionali. Una lacuna che le autorità italiane non hanno più commesso questa volta, coordinando con Israele e con altri paesi europei per ricostruire il quadro completo.
Il collegamento con i vertici internazionali di Hamas
Quello che rende questa inchiesta particolarmente significativa dal punto di vista investigativo è che non riguarda attivisti marginali, ma figure centrali nella rete internazionale di Hamas. Hannoun non era un operatore isolato in Italia. Era integrato nella struttura globale dell’organizzazione attraverso diversi meccanismi.
Il primo è la European Palestinians Conference, un’organizzazione che riunisce esponenti palestinesi in Europa e dove Hannoun figura come membro del board of directors. In questa veste, opera in stretto contatto con figure di spicco del comparto estero di Hamas, in particolare Majed Al Zeer, identificato dalle autorità tedesche come “rappresentante di Hamas” in Germania e figura centrale della raccolta fondi di Hamas in Europa.

Al Zeer, cittadino britannico-giordano che si trasferì in Germania nel 2014, aveva precedentemente diretto il Palestine Return Centre nel Regno Unito, organizzazione designata come affiliata illegale di Hamas nel 2010.
Nel maggio 2024, le autorità tedesche emisero un mandato di arresto nei confronti di Al Zeer per coordinamento delle attività di Hamas in Europa. L’8 ottobre 2024, il Dipartimento del Tesoro USA lo sanzionò, definendolo rappresentante senior di Hamas in Germania e figura centrale nelle attività di raccolta fondi per Hamas in Europa.
Ancor più significativa è la partecipazione di Hannoun a una riunione in Turchia nel dicembre 2025, alla quale era presente Ali Baraka, uno dei principali esponenti del comparto estero di Hamas. Baraka, con base a Beirut in Libano, è il responsabile del Dipartimento delle Relazioni Nazionali Estere di Hamas dal 2019. È considerato una delle figure più importanti nella diplomazia estera di Hamas e ha rappresentato gli interessi dell’organizzazione in Libano dal 2011 al 2019.
Ali Baraka è stato sanzionato dagli Stati Uniti e dal Regno Unito il 13 dicembre 2023 per aver perpetuato l’agenda violenta di Hamas rappresentando i suoi interessi all’estero e gestendo le sue finanze. Eppure, nel dicembre 2025, risultava ancora in grado di incontrare operativi di Hamas come Hannoun. Questo non solo dimostra la resilienza delle reti di Hamas, ma anche la mancanza di compliance da parte di alcuni paesi europei nel far rispettare le sanzioni internazionali.
Dalle sanzioni USA all’operazione italiana
Il momento di svolta nelle indagini su Hannoun arriva dal 7 ottobre 2024, esattamente un anno dopo l’attacco di Hamas contro Israele. L’Office of Foreign Assets Control del Dipartimento del Tesoro USA sanziona Mohammad Hannoun e l’ABSPP.
Nel comunicato ufficiale, gli Stati Uniti descrivono Hannoun come “un membro di Hamas con base in Italia che ha stabilito l’ABSPP, un’associazione di beneficenza fittizia che ostensibilmente raccoglie fondi per scopi umanitari, ma in realtà aiuta a finanziare l’ala militare di Hamas”.
Secondo le autorità statunitensi, Hannoun ha inviato denaro verso organizzazioni controllate da Hamas almeno dal 2018, ha sollecitato finanziamenti per Hamas con alti funzionari dell’organizzazione, e ha versato almeno 4 milioni di dollari in un periodo di dieci anni. Le cifre contenute nell’indagine italiana sono tuttavia superiori: 7,2 milioni di euro dal 2001 ad oggi.
Nel giugno 2025, gli USA impongono una nuova tornata di sanzioni, colpendo tra gli altri l’Associazione Benefica La Cupola d’Oro. Il Dipartimento del Tesoro specifica che questa associazione era stata creata da Hannoun per continuare ad eludere le sanzioni e raccogliere fondi per l’ala militare di Hamas attraverso donatori, molti dei quali inconsapevoli dei collegamenti con l’organizzazione terroristica.
Le sanzioni hanno conseguenze concrete nel mondo della finanza globale. Le istituzioni finanziarie statunitensi devono congelare qualsiasi asset collegato agli individui e alle entità sanzionate. Le istituzioni finanziarie straniere, se scoperte a gestire i loro fondi, rischiano sanzioni secondarie e potrebbero perdere l’accesso al sistema bancario statunitense, un danno commerciale significativo in un’economia sempre più integrata.
Nel corso del 2025, anche l’Italia adotta misure amministrative nei confronti di Hannoun. Il 25 ottobre 2025, gli viene notificato un foglio di via da Milano per un anno, accompagnato da una denuncia per istigazione alla violenza. Il provvedimento era stato motivato da frasi pronunciate durante un corteo pro-palestinese del 18 ottobre 2025. Hannoun aveva dichiarato: “Tutte le rivoluzioni del mondo hanno le loro leggi. Chi uccide va ucciso, i collaborazionisti vanno uccisi”. Parole riferite alle esecuzioni di persone accusate di collaborazionismo da parte di Hamas a Gaza.
La pressione dalle indagini passate
Quello che stupisce osservando la storia di Mohammad Hannoun è che non si tratta di un nuovo caso. Le autorità italiane lo controllano da almeno 25 anni. Nei primi anni 2000, fu indagato dalla Procura di Genova, con l’attuale procuratore Nicola Piacente e la collega Francesca Nanni tra i magistrati che seguivano il caso.
Allora, come oggi, l’accusa principale era di finanziamento del terrorismo attraverso il mantenimento economico degli orfani dei “martiri” di Hamas. Nel 2004, i pubblici ministeri chiedevano l’arresto. Ma il giudice respingeva la richiesta, ritenendo che il finanziamento “postumo” non fosse configurabile come supporto preventivo al terrorismo secondo la lettura giuridica dell’epoca. L’inchiesta finì per essere archiviata, un’occasione mancata che ha permesso a Hannoun di continuare le sue operazioni per altri due decenni.
Nel luglio 2023, il Ministero della Difesa israeliano chiede al governo italiano di sequestrare i fondi di Hannoun sulla base di indagini della Shin Bet. Circa 500.000 euro vengono sequestrati. Ma mentre Israele muoveva, l’Italia rimane in gran parte inattiva, fino a quando le sanzioni USA non rendono la situazione nuovamente prominente nei mesi precedenti l’operazione del 27 dicembre.
Hannoun e la sinistra Italiana: una connessione scomoda
Le inchieste giornalistiche, in particolare quelle pubblicate dal quotidiano Il Tempo, hanno rivelato una dimensione politica della vicenda che ha sorpreso diversi osservatori. Hannoun aveva mantenuto rapporti con esponenti del Movimento 5 Stelle e del Partito Democratico italiano. Era stato ricevuto da Manlio Di Stefano, allora sottosegretario del M5S. Aveva organizzato eventi con deputati del Movimento 5S.
A gennaio 2024, Hannoun organizzò un viaggio nei campi profughi palestinesi insieme ad Alessandro Di Battista, ex deputato del M5S, e alla deputata Stefania Ascari, capogruppo 5 Stelle in commissione antiterrorismo. Il gruppo visitò anche il campo profughi di Ein el Hilweh in Libano, una base di diversi gruppi terroristici secondo gli archivi dei servizi di intelligence.
Hannoun era stato fotografato con altri esponenti politici italiani: la deputata del Partito Democratico Laura Boldrini, Marco Furfaro (PD), Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana), l’europarlamentare Gaetano Pedullà (PD). Aveva anche avuto contatti con Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite su questioni di discriminazione razziale nei territori palestinesi.
Questi contatti pongono domande sulla dovuta diligence di attori politici italiani. Non si suggerisce qui che questi esponenti fossero consapevoli della vera natura delle attività di Hannoun. Tuttavia, il fatto che una figura sanzionata dal Dipartimento del Tesoro USA per finanziamento di Hamas riuscisse a mantenere una visibilità pubblica così significativa in Italia fino al dicembre 2025 solleva interrogativi sulla capacità o sulla volontà di alcuni settori politici italiani di fare i dovuti controlli prima di associarsi pubblicamente a figure simili.
La reazione politica e le critiche
Quando l’operazione è stata annunciata il 27 dicembre, la reazione politica è stata rapida e decisa. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha dichiarato: “È stato squarciato il velo su comportamenti e attività che, dietro il paravento di iniziative a favore delle popolazioni palestinesi, celavano il sostegno e la partecipazione a organizzazioni con vere e proprie finalità terroristiche di matrice islamista“.
La Lega ha colto l’occasione per attaccare la sinistra. Silvia Sardone, europarlamentare della Lega, ha dichiarato: “Pazzesco che la sinistra abbia difeso questo personaggio per mesi, andando a braccetto con lui in diversi cortei sul territorio. Bisogna indagare a fondo sui rapporti tra Hannoun e diversi partiti di sinistra“.
Tuttavia, in una mossa significativa, i procuratori Melillo e Piacente hanno voluto precisare che l’indagine sul finanziamento di Hamas “non può in alcun modo togliere rilievo ai crimini commessi ai danni della popolazione palestinese successivamente al 7 ottobre 2023 nel corso delle operazioni militari intraprese dal Governo di Israele, per i quali si attende il giudizio da parte della Corte Penale Internazionale“.
Questa precisazione è importante perché riflette la complessità del contesto. L’Italia ha denunciato Hannoun per finanziamento del terrorismo, ma la Corte Penale Internazionale sta contemporaneamente indagando su possibili crimini di guerra israeliani a Gaza. Entrambi i fatti possono essere veri simultaneamente: Hamas è un’organizzazione terroristica che finanzia attacchi contro civili, e allo stesso tempo gli Stati possono commettere crimini di guerra nell’affrontare il terrorismo.
La rete europea di Hamas
L’operazione italiana non è isolata. In tutta Europa, le autorità hanno intensificato gli sforzi per contrastare le attività di Hamas sul territorio continentale. In Germania, le forze dell’ordine hanno arrestato nel 2024 operativi accusati di raccogliere informazioni in preparazione di attacchi contro obiettivi ebraici, apparentemente in collegamento con il comparto militare di Hamas in Libano.
Secondo le autorità tedesche, questi individui erano incaricati di localizzare depositi di armi precedentemente nascosti in Europa da Hamas “in vista di potenziali attacchi terroristici contro istituzioni ebraiche in Europa”.
Nel processo che è iniziato nel febbraio 2025, è emerso che questi depositi di armi erano stati preparati nel contesto della pianificazione degli attacchi del 7 ottobre 2023, suggerendo che Hamas stava preparando una capacità operativa di attacco anche sul suolo europeo, non solo a Gaza.
Nell’ottobre 2025, ulteriori operativi di Hamas sono stati arrestati in Germania con l’accusa di preparare attacchi contro obiettivi israeliani e ebraici nel prossimo futuro. Secondo il Meir Amit Intelligence and Terrorism Information Center di Israele, questi arresti indicano che per la prima volta Hamas stava pianificando di attaccare obiettivi israeliani e ebraici sul suolo europeo, segnando una possibile evoluzione nel modus operandi dell’organizzazione.
Nei Paesi Bassi, la Israa Charitable Foundation e il suo rappresentante Amin Ghazi Abu Rashed sono stati identificati come parte della stessa rete di finanziamento. Ghazi è descritto dalle autorità statunitensi come un “operativo senior di Hamas in Europa responsabile della raccolta di milioni di dollari di fondi per Hamas utilizzando associazioni di beneficenza fittizie come copertura“. Nel giugno 2025, il Dipartimento del Tesoro USA ha sanzionato sia la fondazione che Ghazi.
I numeri del finanziamento globale
Per comprendere l’importanza della rete italiana, è utile situarla nel contesto più ampio del finanziamento di Hamas a livello globale. Secondo le stime del Dipartimento del Tesoro USA, Hamas riceveva circa 10 milioni di dollari al mese attraverso donazioni prima dell’operazione del 7 ottobre 2023. Una parte significativa di questi fondi proveniva da associazioni di beneficenza fittizie in Europa.
Le fonti di finanziamento di Hamas sono molteplici. L’Iran fornisce tra 80 e 100 milioni di dollari all’anno come parte del suo “asse della resistenza”. Hamas ha creato un portfolio globale di investimenti valutato tra 500 milioni e 1 miliardo di dollari, con asset in paesi come Emirati Arabi Uniti, Turchia, Qatar, Sudan e Algeria.
L’organizzazione tassa la popolazione civile di Gaza attraverso estorsioni su attività commerciali. Raccoglie fondi attraverso criptovalute e crowdfunding online. Dopo il 7 ottobre 2023, Hamas ha espanso significativamente le sue attività di crowdfunding in criptovalute, con la piattaforma Gaza Now che ha ricevuto quasi 4,5 milioni di dollari in donazioni attraverso i social media.
In questo contesto, i 7 milioni di euro della cellula italiana rappresentano una frazione significativa dei finanziamenti europei, stimati in circa 10 milioni di dollari mensili prima dell’attacco del 7 ottobre. L’operazione italiana ha quindi colpito uno dei nodi critici della rete di raccolta fondi europea di Hamas.
La sfida della distinzione tra aiuto umanitario e finanziamento terrorista
Uno dei problemi fondamentali nel contrasto al finanziamento di Hamas rimane la difficoltà di distinguere tra legittimo aiuto umanitario alla popolazione di Gaza e il supporto finanziario all’organizzazione terroristica. La popolazione di Gaza vive in condizioni di estrema difficoltà, con la maggioranza della popolazione dipendente dall’aiuto internazionale per la sopravvivenza.
Nel dicembre 2025, il ministro francese per gli Affari Europei Benjamin Haddad ha sollevato questa questione, chiedendo alla Commissione Europea di indagare sulla possibilità che finanziamenti europei destinati a organizzazioni non governative siano stati dirottati a favore di Hamas.
Haddad ha sottolineato che alcune organizzazioni umanitarie potrebbero essere costrette ad accettare supporto da strutture legate a Hamas per poter operare e fornire i loro servizi umanitari ai palestinesi.
Nel caso della cellula italiana, tuttavia, la situazione è diversa. L’ABSPP e le associazioni collegate non fornivano aiuto umanitario significativo. Raccoglievano fondi con il pretesto del supporto umanitario, ma i fondi erano diretti verso Hamas, il suo governo di facto a Gaza, e i familiari di persone coinvolte in attentati terroristici. Non c’era una componente significativa di distribuzione di aiuti alla popolazione civile. Era una struttura di finanziamento puro.
La resilienza delle reti: come Hamas si adatta
Nonostante le sanzioni, gli arresti, e le operazioni dei servizi di sicurezza, le reti di finanziamento di Hamas hanno dimostrato una notevole resilienza e capacità di adattamento. Quando un canale viene bloccato, l’organizzazione ne crea rapidamente di nuovi. Questo è esattamente quello che è accaduto con l’Associazione Benefica La Cupola d’Oro, creata nel dicembre 2023 dopo che era chiaro che l’ABSPP sarebbe stata oggetto di scrutinio internazionale più stretto.
La nuova associazione differiva dalle precedenti solo nell’identità dei rappresentanti e nella denominazione. Il meccanismo di raccolta fondi rimane sostanzialmente lo stesso. I donatori rimangono simili. I destinatari sono gli stessi. La struttura organizzativa rappresenta una continuità operativa in cui Hamas ha semplicemente rinominato e ricostituito le sue operazioni per proseguire il finanziamento.
Questa capacità di adattamento rappresenta una sfida significativa per le autorità di contrasto. Ogni volta che viene bloccato un canale, l’organizzazione può crearne un altro. Gli investigatori devono quindi rimanere costantemente consapevoli di nuove strutture emergenti e pronte ad agire quando queste sorgono. Nel caso italiano, gli investigatori sembrano aver mantenuto questo focus, ed è così che l’Associazione Benefica La Cupola d’Oro è stata identificata e inclusa negli arresti.
Lo strumento della criptovaluta
Una delle nuove sfide nel contrasto al finanziamento di Hamas è l’uso crescente di criptovalute. Le criptovalute offrono un certo grado di anonimato e permettono transazioni transfrontaliere difficili da tracciare con i metodi tradizionali di monitoraggio bancario. Nel marzo 2025, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha interrotto una rete di crypto-finanziamento di Hamas che aveva sollecitato donazioni per 1,5 milioni di dollari in monete digitali.
Mentre l’indagine italiana non sembra aver focalizzato ampiamente sulla criptovaluta, i documenti del Dipartimento del Tesoro USA indicano che Hamas stava passando sempre di più a questi canali finanziari per eludere i controlli. Nel giugno 2025, il Tesoro ha sanzionato anche operatori di criptovalute coinvolti nel finanziamento di Hamas.
Questo rappresenta una sfida significativa per le autorità internazionali. Molti paesi ancora non hanno una regolamentazione robusta del mercato della criptovaluta. Gli exchange di criptovaluta spesso non hanno gli stessi obblighi di segnalazione delle banche tradizionali. Gli investigatori devono quindi sviluppare nuove competenze e nuovi strumenti per tracciare i flussi di criptovaluta, una sfida che rimane largamente irrisolta.
Il ruolo della Turchia come base diplomatica
Mentre l’Europa rappresenta un’importante fonte di finanziamento per Hamas, la Turchia funge da base diplomatica e logistica per l’organizzazione. La Turchia non designa Hamas come organizzazione terroristica, mantenendo canali diplomatici ufficiali con il gruppo.
Nel dicembre 2025, il ministro degli Esteri turco Hakan Fidan ha incontrato una delegazione di Hamas guidata da Khalil al-Hayya a Istanbul e ad Ankara per discutere dell’implementazione del cessate il fuoco a Gaza.
Il fatto che Mohammad Hannoun sia stato presente in Turchia nel dicembre 2025 per incontrare Ali Baraka, esponente senior del comparto estero di Hamas, suggerisce che la Turchia fornisce una location “sicura” dove i diversi nodi della rete internazionale di Hamas possono incontrarsi e coordinare le operazioni senza il rischio di arresti immediati.
Questo rappresenta un elemento critico dell’architettura internazionale di Hamas. Mentre gli Stati Uniti, l’Unione Europea, il Regno Unito e la Germania hanno designato Hamas come organizzazione terroristica e hanno implementato sanzioni, la Turchia rimane uno spazio dove Hamas può operare relativamente liberamente. Questo ha importanti implicazioni per il futuro contrasto al finanziamento di Hamas: fintanto che alcuni paesi non cooperano al contrasto, la rete di Hamas avrà sempre spazi dove operare.
Le incognite del processo
Mentre le accuse sono gravi e documentate, gli arresti rappresentano solo il primo passo nel processo giudiziario. I nove arrestati rimangono presunti innocenti fino a prova contraria. I tribunali italiani dovranno ora esaminare l’evidenza raccolta dagli investigatori e determinare se le accuse reggono legalmente.
Alcuni aspetti del caso potrebbero generare dibattito legale. La distinzione tra legittime attività di advocacy per la causa palestinese e il finanziamento del terrorismo è a volte sfumata. I tribunali dovranno determinare in modo definitivo dove tracciare la linea tra queste due cose nel contesto specifico dell’operazione italiana.
Un’altra incognita riguarda la cooperazione internazionale nel corso dei procedimenti. L’indagine italiana ha beneficiato significativamente delle informazioni fornite da Israele, dai Paesi Bassi, e da altri paesi europei. Questa stessa cooperazione sarà critica nella fase processuale, in particolare per presentare evidenza sui destinatari dei fondi e sull’uso che Hamas ha fatto del denaro italiano.
Infine, vi è la questione più ampia della dissuasione. Se gli accusati verranno condannati a pene significative, questo potrebbe dissuadere altri dal tentare di stabilire strutture simili di finanziamento di Hamas in Italia e in Europa. Se invece i procedimenti si trascinano per anni, come spesso accade nel sistema giudiziario italiano, l’effetto deterrente potrebbe essere minore.
L’eredità dell’operazione
L’operazione del 27 dicembre 2025 rappresenta un momento di svolta negli sforzi italiani ed europei per contrastare il finanziamento del terrorismo internazionale. Non si tratta di un’azione isolata, ma parte di una strategia più ampia, documentata dalle operazioni in Germania, nei Paesi Bassi, e dalle successive sanzioni del Dipartimento del Tesoro USA.
Tuttavia, l’operazione evidenzia anche i limiti del contrasto al finanziamento di Hamas. Per oltre due decenni, Mohammad Hannoun ha operato in Italia, spesso sotto il controllo delle autorità, sanzionato dagli Stati Uniti, eppure in grado di continuare le sue operazioni fino al dicembre 2025. Questo suggerisce che, nonostante i progressi, ancora non esiste una strategia integrata e coordinata a livello europeo per contrastare sistematicamente il finanziamento di Hamas.
L’Unione Europea ha le autorità legali per agire contro le reti di finanziamento del terrorismo, ma come osservato da esperti del Washington Institute e della Foundation for Defense of Democracies, questi poteri non sono stati utilizzati in modo aggressivo come potrebbero essere. L’operazione italiana potrebbe servire da catalizzatore per una risposta europea più coordinata e vigorosa.
Nel frattempo, i nove arrestati attendono il loro processo. Mohammad Hannoun, l’architetto che per oltre due decenni ha gestito una delle più sofisticate reti di finanziamento di Hamas in Europa, affronterà il sistema giudiziario italiano. Se condannato, la sua condanna potrebbe segnare la fine di un’era di relativa impunità nel finanziamento di Hamas dal suolo europeo. Se assolto, solleverebbe domande ancora più profonde sulla efficacia della lotta internazionale al terrorismo finanziario.
La realtà è che la battaglia contro il finanziamento del terrorismo rimane una sfida in corso, complessa e multisfaccetata. L’operazione italiana rappresenta un successo tattico significativo, ma la guerra più ampia per contenere il finanziamento globale di Hamas è ancora lontana dall’essere vinta.


