31 Ottobre 2025
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Haredi in Israele, un mondo che non si integra

Punti chiave

La comunità Haredi (ebrei ultra-ortodossi) in Israele si trova al centro di una delle più gravi crisi politiche, sociali ed economiche che il paese sta attraversando. La questione del loro arruolamento militare, emersa con forza nella sentenza della Corte Suprema del giugno 2024, minaccia la stabilità del governo Netanyahu e continua a dividere profondamente la società israeliana.

Questa frattura si estende ben oltre la semplice questione militare, interessando l’economia nazionale, il sistema educativo, la composizione demografica del paese e i fondamenti stessi della convivenza civile israeliana.

Dati demografici e crescita della popolazione Haredi

La comunità Haredi rappresenta un fenomeno demografico senza precedenti in Israele. Alla fine del 2024, la popolazione Haredi in Israele conta circa 1,39 milioni di persone, cifra che rappresenta il 13,9% della popolazione totale del paese, dove complessivamente vivono oltre 10 milioni di abitanti. Considerando solo la popolazione ebraica, gli Haredi costituiscono circa il 17,7% di essa.​

Ciò che rende ancora più significativo questo dato è il tasso di crescita della comunità Haredi, che è drammaticamente più rapido rispetto al resto della popolazione. Il tasso di crescita naturale annuale degli Haredi è del 4,2%, un valore quasi doppio rispetto all’1,9% della popolazione generale e superiore all’1,4% della popolazione ebraica non-Haredi.

Questa crescita accelerata è principalmente dovuta a un tasso di fertilità estremamente elevato, con una media di circa 6 figli per donna Haredi, cifra che contrasta nettamente con i 2,3 figli delle donne ebree non-Haredi.​

Le proiezioni demografiche risultano ancora più drammatiche per il futuro di Israele. Secondo i calcoli governativi, entro il 2030 gli Haredi costituiranno circa il 16% della popolazione totale, raggiungendo i 2,5 milioni di persone. Guardando ancora più avanti, entro il 2065 gli Haredi rappresenteranno tra il 22% e il 32% della popolazione totale israeliana. Questo significa che la comunità Haredi, attualmente una minoranza significativa, potrebbe diventare una quota sostanziale della popolazione nazionale nel corso dei prossimi 40 anni, con tutte le implicazioni che ciò comporta per la struttura sociale, economica e politica del paese.​

La crisi giuridica del servizio militare

La sentenza della Corte Suprema e il suo contesto legale

Il 25 giugno 2024, la Corte Suprema israeliana ha emesso una sentenza unanime e di estrema importanza costituzionale, dichiarando definitivamente illegale l’esenzione dal servizio militare per gli studenti delle yeshivot (scuole religiose) Haredi. Questa decisione rappresenta il culmine di una lunga battaglia legale che affonda le sue radici in decenni di controversie sulla questione religione-stato in Israele.​

Corte suprema di Israele
Corte Suprema di Israele

Per comprendere pienamente il significato di questa sentenza, è importante ricordare il contesto storico. Nel 2015, il governo Netanyahu insieme alle fazioni ultra-ortodosse aveva legiferato una modifica alla Legge sulla Sicurezza Militare, che forniva un’esenzione dal servizio per gli studenti delle yeshivot.

Questa legge era però esplicitamente temporanea, concepita per durare solo sette anni. Nel 2017, la Corte Suprema aveva colpito questa disposizione, dichiarandola incostituzionale perché violava il principio di uguaglianza, specialmente in un contesto di guerra. Tuttavia, mantenendo il suo approccio tradizionalmente cautelare in materia di questioni religione-stato, la Corte aveva dato al Knesset (parlamento) l’opportunità di legiferare un nuovo accordo che meglio bilanciasse l’esigenza di uguaglianza. Anno dopo anno, la Corte aveva rinviato il termine, fino a quando nel giugno 2023, in conformità alla scadenza originariamente stabilita dai legislatori stessi, l’esenzione era ufficialmente scaduta.​

La sentenza di un anno fa, quindi, rappresentava un approccio giuridico misurato e contenuto. Come nota l’analisi accademica, era semplicemente l’affermazione di un principio di diritto amministrativo elementare: se la legge che concede un’esenzione è scaduta, allora l’esenzione stessa cessa di esistere.

Non era una decisione “attivista” ma piuttosto una logica conseguenza dell’applicazione della legge. La Corte ha inoltre stabilito che, in assenza di una nuova legge specifica che regoli l’esenzione, lo stato deve arruolare i giovani Haredi come tutti gli altri cittadini ebrei israeliani, affermando che “l’esenzione viola il principio di uguaglianza”, specialmente durante il periodo di guerra.​

Un aspetto cruciale della sentenza riguardava i finanziamenti pubblici. La Corte ha disposto il blocco dei finanziamenti alle yeshivot (un’istituzione educativa ebraica che si basa sullo studio dei testi religiosi tradizionali, principalmente quello del Talmud e della Torah) i cui studenti rifiutano il servizio militare, eliminando circa 480 milioni di shekel annui di sostegno statale. Questa cifra si traduce in una perdita di circa 9.500 shekel annui per ogni studente Haredi presso un Kollel (yeshiva per uomini sposati). Tale provvedimento mirava a creare incentivi economici reali affinché le istituzioni religiose incoraggiassero l’arruolamento, benché con risultati pratici finora estremamente limitati.​

I risultati concreti dell’arruolamento: una frattura tra legge e realtà

Yeshivat Hesder
Yeshivat Hesder 

La distanza tra quanto stabilito dalla sentenza della Corte Suprema e la realtà concreta dell’arruolamento rappresenta una delle crisi più acute del sistema istituzionale israeliano contemporaneo. Nonostante un anno sia passato dal pronunciamento della Corte, i dati sull’effettivo arruolamento di Haredi rimangono estremamente deludenti sia per la magistratura che per i vertici militari.

Secondo i dati ufficiali più recenti disponibili (aggiornati a giugno 2025), l’IDF ha inviato circa 80.000 ordini di chiamata a uomini Haredi tra i 18 e i 26 anni. Tuttavia, della totalità di questi ordini, soltanto 996 persone (appena il 5%) si sono presentate ai centri di reclutamento dell’IDF. Ancora più significativo è il dato sul numero di coloro che sono stato effettivamente arruolati: soltanto 232 persone (equivalente all’1,2% del totale dei convocati) hanno completato il processo di arruolamento e sono state integrate nelle forze armate.​

In prospettiva annuale complessiva, nel 2024 si stima che siano stati arruolati complessivamente circa 2.700-2.900 Haredi, una cifra che rappresenta un aumento rispetto alla media storica di 1.800 arruolamenti annui negli anni precedenti, ma comunque drammaticamente insufficiente rispetto agli obiettivi fissati dalla magistratura. Ulteriormente, nel primo anno di applicazione della sentenza, solo circa 2.700 laureati di scuole Haredi sono stati arruolati, cifra inferiore al target minimo di 4.800 che lo stato stesso aveva presentato alla Corte Suprema.​

Un dato particolarmente significativo è che nessun procedimento penale è stato finora avviato contro i disertori Haredi, poiché secondo la politica dell’IDF devono passare almeno 18 mesi dalla dichiarazione di diserzione prima di procedere penalmente. Questa finestra temporale consente di fatto ai giovani Haredi di eludere indefinitamente il servizio attraverso meccanismi procedurali.​

La ricerca del Centro Israel Democracy Institute ha evidenziato ulteriormente come degli oltre 110.000 Haredi obbligati legalmente al servizio, solo 931 si sono effettivamente arruolati (pari al 2,3%), di cui appena 153 in unità di combattimento (equivalente allo 0,38%). Questo gap colossale tra l’ordine legale e l’implementazione pratica rivela una frattura sistemica tra il potere giudiziario, l’apparato militare, e la comunità Haredi, nonché la riluttanza dello stato ad attuare le misure coercitive necessarie.​

L’impotenza dell’IDF nel contesto della sentenza

Un aspetto particolarmente illuminante emerge dalle comunicazioni interne del sistema di difesa israeliano. La Corte aveva accettato l’asserzione dello stato secondo cui l’IDF non poteva immediatamente arruolare tutti i 63.000 uomini Haredi idonei al servizio. Pertanto, aveva concordato su un obiettivo iniziale di 4.800 reclute entro giugno 2025, descritto come una “cifra minima di partenza” che lo stato aveva promesso di aumentare progressivamente. La Corte aveva inoltre considerato tre fattori guida: il principio di uguaglianza (che ha sotteso tutta la decisione), la capacità di assorbimento dell’IDF, e le esigenze di manpower in tempo di guerra.​

Haredi protestano contro l'arruolamento
Haredi protestano contro l’arruolamento

Nel corso del seguente anno, tuttavia, nessuno di questi tre fattori ha mostrato progressi significativi verso l’implementazione del principio di uguaglianza. Al contrario, il carico sostenuto da coloro che continuano a servire, fisicamente, emotivamente ed economicamente, si è intensificato ulteriormente, esponendo con ancora maggiore chiarezza la profonda iniquità della situazione.

Le esigenze di manpower militare si sono anche accresciute a causa dell’attrito nelle forze e delle perdite umane nella guerra di Gaza, portando i vertici militari a richiedere urgentemente l’arruolamento di 12.000 nuove truppe di combattimento e supporto.​

D’altro lato, la capacità di assorbimento dell’IDF è effettivamente aumentata nel corso del tempo. Oltre ai 4.800 reclute Haredi che poteva assorbire entro l’estate 2025, l’esercito ha annunciato che avrebbe potuto integrare 5.760 ulteriori reclute nell’anno successivo, e da estate 2026 in avanti, potrebbe assorbire l’intera coorte annuale Haredi, pari a circa 14.500 giovani uomini annualmente. Senza l’esenzione per coloro che raggiungono i 26 anni, il numero totale di Haredi idonei potrebbe raggiungere oltre i 90.000 entro quel termine.​

Nonostante questa palese capacità sistemica aumentata e gli imperativi legali e militari crescenti, l’IDF ha implementato un approccio caratterizzato da un rollout lento e incrementale degli ordini di convocazione: partendo con soli 3.000 ordini, e solo raggiungendo 19.000 entro la fine dell’anno, nonostante i vertici militari conoscessero perfettamente dall’inizio che il tasso di conformità sarebbe stato minimo. In riunioni di revisione successive, gli ufficiali dell’IDF hanno esplicitamente riconosciuto di non aspettarsi nessun miglioramento senza l’implementazione di gravi sanzioni contro i disertori della leva o senza interventi dalla leadership ultra-ortodossa.​

Sette riunioni di follow-up sono state convocate per monitorare l’implementazione della sentenza, organizzate dal Procuratore Generale e includendo ufficiali dell’Avvocato Militare, funzionari della Direzione Manpower, e rappresentanti dei Ministeri della Giustizia e della Difesa, dell’Autorità Demografica, e della polizia.

Lo stato era inoltre obbligato a riferire alla Corte Suprema molteplici volte nel corso dell’anno. Tuttavia, nessuno di questi meccanismi di supervisione ha condotto a progressi significativi.​

Solo dopo un anno di chiaro fallimento nel soddisfare i requisiti legali l’IDF ha cominciato a prepararsi per emettere altri 60.000 ordini di convocazione. Contemporaneamente, ha iniziato a richiedere misure penali individuali più serie, inclusi il raffronto dei tempi tra convocazione e mandato di arresto, la classificazione formale dei disertori della leva come “disertori”, e l’abilitazione ad arresti effettivi presso l’Aeroporto Ben Gurion e attraverso operazioni di polizia.​

La “Marcia del Milione” del 30 ottobre 2025

Il 30 ottobre 2025, centinaia di migliaia di ebrei ultra-ortodossi hanno organizzato quello che è stato formalmente denominato la “Marcia del Milione” all’ingresso di Gerusalemme, nella zona occidentale della città, rappresentando una delle più grandi manifestazioni religiose nella storia dello stato di Israele. Questa protesta straordinaria rivela la profondità della determinazione Haredi di resistere all’arruolamento e il potere mobilitativo della comunità religiosa quando unita su una questione di princìpi.​

Haredi durante la marcia del milione
Haredi durante la marcia del milione

La manifestazione ha avuto un impatto logistico e infrastrutturale massivo. Ha comportato la paralisi della città di Gerusalemme, con la chiusura dell’Autostrada 1 (la principale arteria di trasporto del paese che collega Tel Aviv a Gerusalemme), la sospensione dei servizi ferroviari regionali e nazionali, e la chiusura anticipata di scuole in tutta l’area metropolitana. I vertici delle forze di polizia israeliane hanno dovuto dispiegare risorse significative per gestire il flusso di centinaia di migliaia di manifestanti convergenti nella capitale.​

I manifestanti, composti prevalentemente da uomini (una conseguenza delle rigide regole di modestia sessuale Haredi che vietano la mescolanza tra sessi in contesti pubblici), portavano cartelli e scandivano slogan con messaggi estremamente forti.

Molti recavano insegne che equiparavano il governo israeliano a regimi totalitari, con scritte come “Russia è qui”, “Stalin è qui”, e altre frasi di paragone storico che comunque riflettevano la resistenza totalitaria della comunità. Lo slogan principale scandito era “Preferiamo la prigione all’esercito”, un’affermazione di principio religiosa secondo cui il servizio militare costituirebbe un’apostasia dalle osservanze religiose e dagli insegnamenti del Judaism ortodosso.​

Durante la manifestazione si sono verificati episodi di violenza e tragedia. Alcuni incidenti hanno visto la ricerca da parte di manifestanti di confrontare fisicamente i giornalisti, con aggressioni nei confronti della stampa che tentava di coprire gli eventi. Un tragico incidente ha segnato la giornata quando un giovane maschio, un ragazzo di soli 15 anni, è morto dopo aver perso l’equilibrio e caduto dal 20° piano di un edificio in costruzione dove lui e altri giovani manifestanti si erano arrampicati, apparentemente per ottenere una migliore prospettiva sulla folla di manifestanti sottostante.​

Le interruzioni durante i procedimenti giudiziari

La determinazione della resistenza Haredi al servizio militare si è manifestata anche all’interno delle aule dei tribunali. Durante un’audizione della Corte Suprema il 28 ottobre 2025 in cui la Corte deliberava ulteriormente sulla questione dell’arruolamento obbligatorio giovani uomini Haredi hanno fatto irruzioni drammaticamente nell’aula dove i magistrati stavano deliberando. Scandivano frasi radicali come: “Siamo orgogliosi di disertare, arrestateci – moriremo ma non ci arruoleremo” e formule di paragone storico come “Abbiamo superato Hitler, supereremo anche voi”, lanciando insulti ai giudici. Questi episodi hanno rappresentato una sfida diretta all’autorità giudiziaria e un’affermazione della determinazione Haredi di non piegarsi agli ordini legali.​

L’impatto economico della bassa partecipazione al mercato del lavoro

La comunità Haredi si caratterizza per tassi di partecipazione estremamente ridotti al mercato del lavoro, specialmente fra gli uomini, con significative differenze di genere che riflettono le strutture patriarcali del judaismo ultra-ortodosso. I dati occupazionali più recenti mostrano questa frattura nettamente.

Per quanto riguarda gli uomini Haredi, il tasso di occupazione nel 2024 era del 54%, rappresentando in realtà un lieve calo rispetto al 55,5% registrato nel 2023. Questo contrasto drammaticamente con il tasso di occupazione del 87% degli uomini ebrei non-Haredi della stessa fascia di età e demografica.

Questa differenza di 33 punti percentuali rivela il ruolo profondo del fattore religioso nell’esclusione dal mercato del lavoro, poiché la dedizione allo studio della Torah rimane il valore centrale per molti uomini Haredi in età lavorativa.​

La situazione è radicalmente diversa per le donne Haredi. I tassi di occupazione femminili Haredi nel 2023 si attestavano all’81%, cifra che rappresenta un andamento positivo ascendente da quando i registri cominciano, partendo da un 71% nel 2015. Questo tasso di occupazione femminile Haredi è quasi completamente allineato con quello delle donne non-Haredi, che raggiunge l’83%.

La spiegazione di questa differenza tra generi emerge dal sistema di valori Haredi: mentre gli uomini sono incoraggiati a dedicare la vita allo studio della Torah (e spesso ricevono stipendi o assegni dalle comunità religiose per farlo), le donne sono essenzialmente incoraggiate al lavoro per provvedere economicamente alle famiglie, specialmente quando il marito è impegnato negli studi religiosi. Questo rappresenta un ulteriore strato di iniquità economica e di genere all’interno della comunità.​

Il carico fiscale aggiuntivo sui lavoratori non-Haredi

Uno dei risultati più significativi della ricerca dell’Israeli Democracy Institute riguarda il calcolo del carico fiscale aggiuntivo sostenuto dai lavoratori non-Haredi per compensare la bassa contribuzione fiscale della comunità Haredi. Questo fornisce un indicatore diretto e quantificabile di come l’attuale struttura economica favorisca sistematicamente una parte della popolazione a spese di un’altra.

Nel 2025, i dati calcolano che ogni lavoratore non-Haredi dovrà pagare complessivamente NIS 3.540 (circa 1.000 dollari USA) in tasse aggiuntive come conseguenza diretta della bassa partecipazione della comunità Haredi al mercato del lavoro. In altre parole, se la comunità Haredi partecipasse al lavoro con tassi identici ai non-Haredi, il totale delle tasse che i lavoratori non-Haredi dovrebbero versare diminuirebbe di NIS 3.540 per persona annualmente. Proiettando il trend, questa cifra di carico fiscale aggiuntivo è prevista raggiungere NIS 11.266 (circa 3.200 dollari) per ogni lavoratore non-Haredi entro il 2048, assumendo che gli attuali trend demografici e di mercato del lavoro continueranno.​

Questo rappresenta un aumento di oltre il 200% nel carico fiscale aggiuntivo nel corso di un periodo di soli 23 anni, evidenziando come l’esplosione demografica Haredi, combinata con la bassa occupazione, creerà una crisi fiscale crescente per il resto della società israeliana.

Contribuzione fiscale complessiva della comunità Haredi

I dati sulla contribuzione fiscale assoluta della comunità Haredi ai bilanci pubblici israeliani sono particolarmente illuminanti e rivela un’asimmetria profonda tra popolazione e contributo economico. Nel 2023, secondo il rapporto dell’Israeli Democracy Institute, ogni individuo Haredi ha pagato soltanto il 28% delle tasse dirette pagate da un individuo non-Haredi.

Tradotto in termini aggregati, sebbene gli Haredi costituissero il 14% della popolazione in età lavorativa, essi hanno contabilizzato soltanto il 4% dei complessivi introiti fiscali nazionali.​

Guardando al futuro demografico che sia le agenzie governative che gli istituti di ricerca prevedono, questi numeri diventano ancora più preoccupanti. Se i trend attuali persisteranno, entro il 2048 gli Haredi costituiranno circa un quarto della popolazione ebraica in età lavorativa, ma contribuiranno soltanto all’8% dei complessivi introiti fiscali diretti. Questo significa che tra circa 23 anni, una popolazione che rappresenterà il 25% della forza lavoro contribuirà solo per il 8% agli introiti fiscali totali, generando uno squilibrio economico crescente e insostenibile.​

Dettaglio per genere e categoria di reddito

L’analisi dei dati fiscali disaggregati per genere fornisce ulteriore comprensione della dinamica economica della comunità Haredi. Complessivamente, soltanto il 23% degli Haredi uomini e donne paga l’imposta sul reddito, una cifra straordinariamente bassa se comparata al 62% dei non-Haredi uomini e al 46% delle donne non-Haredi.​

Concentrandosi sugli uomini Haredi, il quadro è ancora più drammatico: solo il 23% degli uomini Haredi complessivamente paga imposta sul reddito, contro il 62% degli uomini non-Haredi. Persino tra le donne Haredi impiegate (che nel complesso mostrano alti tassi di occupazione), solo il 28% di coloro che lavorano raggiunge la soglia minima di reddito per il pagamento dell’imposta sul reddito. Anche il 46% delle donne non-Haredi paga imposta sul reddito, più del doppio del tasso per le donne Haredi.​

Un fattore chiave che spiega questi bassissimi tassi di contribuzione fiscale è il sistema di crediti fiscali familiari destinati ai nuclei con molti dipendenti. Poiché le famiglie Haredi hanno una media di 6 figli per donna (rispetto ai 2,3 dei non-Haredi), ricevono importanti crediti fiscali che riducono o azzerano l’imposta che dovrebbero pagare. In aggiunta, il 54% dei benefici sociali forniti dallo stato agli Haredi (sotto forma di sussidi per l’infanzia, sconto sui trasporti, sconti fiscali municipali, e contributi ridotti all’assicurazione nazionale) non sono contabilizzati come reddito ai fini fiscali, ulteriormente riducendo l’imponibile delle famiglie Haredi.​

Scenario di integrazione economica totale della comunità Haredi

Per comprendere il potenziale economico di una più ampia integrazione della comunità Haredi nel mercato del lavoro, l’Israeli Democracy Institute ha condotto simulazioni che calcolano quale sarebbe l’impatto economico se gli Haredi partecipassero al lavoro con tassi identici ai non-Haredi. I risultati sono economicamente significativi.

Se la comunità Haredi integrata completamente nel mercato del lavoro con i medesimi tassi di occupazione, livelli di reddito e ambito lavorativo dei non-Haredi, l’economia israeliana guadagnerebbe NIS 9,5 miliardi (circa 2,6 miliardi di dollari USA) in introiti fiscali diretti supplementari nel 2025. Questo importo non è triviale—rappresenta circa il 4-5% del bilancio governativo annuale.

Ancora più significativo è il fatto che questa cifra è prevista lievitare a NIS 44,6 miliardi (circa 12,6 miliardi di dollari USA) entro il 2048, assumendo che la comunità Haredi raggiunga il 25% della popolazione in età lavorativa. Questo significherebbe che l’integrazione economica della comunità Haredi comporterebbe quasi quintuplicare gli introiti fiscali ottenuti dalla stessa nel corso di 23 anni.​

Benefici pubblici ricevuti dalla comunità Haredi

Le donne Haredi sono quasi le uniche che lavorano e mantengono le famiglie
Le donne Haredi sono quasi le uniche che lavorano e mantengono le famiglie

Contrariamente alle affermazioni dei leader Haredi che la loro comunità “non pesa” sulle finanze pubbliche, l’analisi dettagliata dei benefici governativi ricevuti rivela una situazione molto diversa. Secondo i dati del Knesset Research and Information Center, la comunità Haredi gode di una gamma ampia di vantaggi e sussidi governativi che includono tariffe ridotte sui trasporti pubblici, assistenza abitativa, e sconti sulle tasse municipali.​

Un aspetto specifico riguarda il sistema di contributi ridotti all’Istituto Nazionale delle Assicurazioni Sociali (National Insurance Institute). A partire da gennaio 2024, circa il 71% di quasi 200.000 Haredi registrati presso istituzioni di Torah hanno versato contributi ridotti all’ente previdenziale nazionale, determinando una perdita annuale di NIS 99,1 milioni (circa 26 milioni di dollari USA) in entrate per l’agenzia di sicurezza sociale. Questo rappresenta un valore di denaro pubblico derivato dalla ridotta contribuzione di un segmento della popolazione, pagato implicitamente da coloro che pagano i contributi integrali.​

Secondo l’analisi conservatrice del Kohelet Policy Forum (una fondazione di ricerca di orientamento conservatore), l’80% delle famiglie Haredi riceve dal governo più di quanto paghi in tasse, includendo sia le tasse dirette che quelle indirette. Nel dettaglio, le famiglie Haredi ricevono una media di oltre NIS 4.000 al mese dal governo (sotto forma di sussidi, benefici e servizi), mentre le famiglie non-Haredi versano complessivamente più di NIS 6.000 nel sistema (includendo le imposte sui redditi e le imposte indirette su beni e servizi).​

La perdita economica dovuta al mancato arruolamento

Un elemento aggiuntivo del carico economico della comunità Haredi riguarda il costo della sua non-partecipazione al servizio militare. Secondo un’analisi interna del Ministero delle Finanze israeliano del 2024 (precedente ai più recenti dati di guerra), anche prima dell’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, la mancata partecipazione della comunità Haredi al servizio militare obbligatorio ha comportato un costo economico significativo all’economia di Israele.

La divisione bilancio del Ministero delle Finanze, citando stime dell’apparato difensivo, ha calcolato che “le attuali esigenze di sicurezza pongono un carico pesante” sui riservisti, determinando un fabbisogno di centinaia di migliaia di loro per servire fino a 60 giorni all’anno. Questo ammonta a un costo approssimativo di circa NIS 30 miliardi (8,2 miliardi di dollari USA) annualmente solo per il pagamento e il mantenimento dei riservisti in servizio aggiuntivo.​

In aggiunta, secondo rapporti pubblicati da fonti palestinesi che citano fonti di difesa israeliane, il mancato arruolamento della comunità Haredi è costato all’economia israeliana circa 8,5 miliardi di shekel nella sola seconda metà del 2024, una cifra che probabilmente crescerà ulteriormente considerando la continuazione della guerra di Gaza nel 2025.​

Il sistema educativo Haredi e il curriculum di base

Il sistema educativo Haredi rappresenta uno dei fattori cruciali che spiega sia la bassa partecipazione al mercato del lavoro che la resistenza all’integrazione sociale della comunità. Il sistema si caratterizza per un focus quasi esclusivo sullo studio della Torah e dei testi religiosi, a detrimento dello studio di discipline fondamentali necessarie per l’inserimento nel mercato del lavoro moderno e nella società israeliana generale.

Uno dei dati più significativi fornito dall’Israeli Democracy Institute riguarda la distribuzione dei ragazzi Haredi per tipo di scuola. Secondo l’analisi, l’85% dei ragazzi Haredi in età scolastica superiore (high school) studiano in istituzioni religiose completamente esentate dai requisiti del curriculum di base.

Questo significa che una quota preponderante della gioventù maschile Haredi riceve un’educazione concentrata interamente su testi e insegnamenti religiosi, senza una significativa esposizione alle discipline accademiche fondamentali come la matematica, le scienze naturali, l’inglese, e altri saperi critici.

La situazione per le ragazze Haredi è significativamente diversa, riflettendo le diverse norme di genere del judaismo ultra-ortodosso. Secondo i dati, quasi tutte le ragazze Haredi (la stragrande maggioranza) frequentano scuole semi-ufficiali che includono almeno il 75% di studi nel curriculum di base, il che significa una più ampia esposizione a discipline accademiche fondamentali.

Tuttavia, questo non automaticamente si traduce in opportunità lavorative superiori per le donne, poiché solo una minoranza di giovani donne Haredi prosegue verso studi superiori o programmi di formazione che conducono a impieghi ad alto reddito.​

Il curriculum di base israeliano e le esenzioni Haredi

Il curriculum di base israeliano, ufficialmente richiesto da legge a tutte le istituzioni scolastiche riceventi finanziamenti pubblici, include un insieme di materie ritenute fondamentali per l’integrazione nella società e nel mercato del lavoro contemporaneo. Queste materie includono matematica, scienze naturali e fisiche, lingua inglese, letteratura ebraica moderna, storia israeliana e generale, geografia, educazione civica e civile, e altre discipline ritenute essenziali.​

La realtà nelle scuole Haredi per ragazzi è che la stragrande maggioranza semplicemente non insegna queste materie fondamentali, concentrando l’intero curriculum sullo studio intensivo della Torah (i Cinque Libri) e successivamente del Talmud (commenti legali e discussioni rabbiniche). Il sistema è strutturato in modo che i giovani maschi Haredi vengono immediatamente avviati, già in tenera età, verso uno studio prettamente religioso, con l’idea che questa dedicazione rappresenti il loro contributo alla comunità e alla nazione.​

Solo una minuscola percentuale di studenti Haredi frequenta scuole statali Haredi chiamate MaMaH (scuole pubbliche Haredi) che insegnano il curriculum di base completo. I dati suggeriscono che solo tra il 4% e il 7% degli studenti Haredi frequenta queste istituzioni. La stragrande maggioranza rimane nei sistemi scolastici religiosi privati o semi-privati che operano indipendentemente dagli standard educativi statali.​

Anche dove il curriculum di base è nominalmente insegnato, la profondità e la qualità rimangono inadeguate. Analisi dettagliate hanno rivelato che nella stragrande maggioranza delle scuole Haredi non viene insegnato affatto l’inglese, una delle discipline ritenute più critiche per l’integrazione nel mercato del lavoro globale contemporaneo. Questo crea un divario educativo incolmabile per i giovani Haredi che desiderano eventualmente integrarsi nell’economia moderna.​

L’evasione dei requisiti educativi e la risposta governativa inadeguata

Nonostante i chiara requisiti legali relativi al curriculum di base, le scuole Haredi hanno in gran parte euso o sistematicamente violato questi obblighi senza subire sanzioni significative. Nel 2024, è stato documentato che tra il 30% e il 40% delle scuole Haredi esentate dal Ministero dell’Istruzione non insegna affatto il curriculum di base. Nella stragrande maggioranza delle restanti scuole Haredi, il curriculum è insegnato in modo talmente superficiale da essere considerato ineffettivo.​

Una questione particolarmente critica è che il Ministero dell’Istruzione israeliano ha mostrato una riluttanza quasi totale ad applicare sanzioni significative alle scuole Haredi che violano i requisiti educativi. Quando sanzioni vengono applicate, sono tipicamente minime e non raggiungono l’effetto deterrente necessario a indurre il cambiamento.​

Un caso emblematico di questa mancanza di applicazione riguarda il 2024. Nonostante che scuole Haredi ricevessero finanziamenti pubblici dal Ministero dell’Istruzione, si è scoperto che molte di queste istituzioni non stavano rispettando affatto i requisiti del curriculum di base a cui erano teoricamente soggette. Particolarmente scioccante è il dato che il Ministero dell’Istruzione ha versato circa 72 milioni di shekel in fondi pubblici nel 2024 a istituzioni educative Haredi che non stavano insegnando il curriculum di base richiesto. Questo rappresenta un uso inappropriato di fondi pubblici, poiché denaro destinato all’educazione viene erogato senza che le condizioni specifiche di insegnamento del curriculum siano soddisfatte.​

Conseguenze educative a lungo termine

Le conseguenze di questo deficit educativo sistematico sono significative e durature. La comunità Haredi produce quindi generazioni di giovani uomini con un livello di educazione generale e di alfabetizzazione funzionale al mercato del lavoro significativamente inferiore a quello della popolazione israeliana generale. Questo crea un circolo vizioso: senza accesso a un’educazione che insegni capacità di base e lingue straniere, i giovani Haredi trovano estremamente difficile integrarsi nel mercato del lavoro contemporaneo, il che a sua volta perpetua la dipendenza da sussidi governativi e finanziamenti alle yeshivot.

Inoltre, l’insufficiente educazione di base crea disuguaglianze significative all’interno della comunità Haredi stessa, poiché coloro che riescono a ricevere un’educazione più moderna (spesso le donne e coloro che frequentano le scuole MaMaH) hanno opportunità lavorative nettamente superiori a quella della maggioranza dei loro coetanei Haredi maschi.

I partiti ultra-ortodossi nella Knesset e l’importanza della loro rappresentanza

La comunità Haredi in Israele non è una realtà puramente sociale o economica, ma costituisce inoltre un potere politico considerevole all’interno del sistema istituzionale israeliano. Questo potere si concentra in due partiti politici che rappresentano esclusivamente gli interessi della comunità ultra-ortodossa e godono di un supporto quasi universale tra gli Haredi stessi.

Netanyahu

I due partiti ultra-ortodossi controllano complessivamente 18 seggi nella Knesset (il parlamento israeliano di 120 seggi totali). Il primo e più grande è Shas, che rappresenta tradizionalmente gli Haredi di origine sefardita (proveniente dal Medio Oriente e dai paesi musulmani) e dalle comunità orientali di Israele, controllando circa 11 seggi. Il secondo è Yahadut HaTorah (Unione della Torah), anche conosciuto come United Torah Judaism, che rappresenta gli Haredi di origine ashkenazita (proveniente dall’Europa centrale e orientale), controllando circa 7 seggi. Insieme, questi due partiti rappresentano una coalizione intrinseca dell’interesse Haredi all’interno della Knesset.​

La dipendenza di Netanyahu dai partiti ultra-ortodossi

Il governo di Benjamin Netanyahu, che continua dal 2022 con la formazione dell’attuale coalizione (la 37ª governo di Israele), dipende criticamente dal supporto e dalla partecipazione dei partiti Haredi per mantenere una maggioranza governativa. Per governare con stabilità all’interno della Knesset, un governo israeliano deve controllare un minimo di 61 seggi su 120.​

La composizione della coalizione Netanyahu nel 2024-2025 include il Likud (il partito di Netanyahu stesso), i partiti Haredi (Shas e Yahadut HaTorah), e alcuni partiti di destra nazionalista. Senza il supporto dei 18 seggi Haredi, Netanyahu non avrebbe i numeri parlamentari per governare. Ciò conferisce ai leader Haredi un potere negoziale straordinario, permettendo loro di estrarre concessioni significative per la loro comunità e di bloccare iniziative legislative che la comunità ritiene ostili ai loro interessi.​

La crisi del 2024-2025 e il ritiro formale dalla coalizione

Nel 2024, quando la Corte Suprema ha risolto che gli Haredi devono essere arruolati, i partiti Haredi si sono trovati di fronte a un dilemma politico acuto. Da un lato, i loro costituenti e la leadership religiosa hanno esigenze ben definite sulla questione dell’arruolamento. Dall’altro lato, l’abbandono della coalizione avrebbe significato l’assenza dal governo e una perdita di influenza sulle decisioni che riguardano la comunità.

Il compromesso politico adottato è stato una mossa tattica: i partiti Haredi hanno formalmente abbandonato il governo nell’estate del 2024, come atto simbolico di protesta contro le politiche di arruolamento e per rispondere alle pressioni dei propri costituenti. Tuttavia, simultaneamente, hanno continuato a votare spesso con la coalizione su questioni chiave, mantenendo così una forma di influenza indiretta. Questo ha permesso ai leader Haredi di affermare ai loro seguaci religiosi che avevano preso una posizione ferma sull’arruolamento, mentre allo stesso tempo mantenevano il loro potere politico nella pratica.​

Le implicazioni della crisi governativa

Nel corso del 2025, la questione dell’arruolamento Haredi ha rappresentato la maggiore minaccia alla stabilità del governo Netanyahu. La leadership Haredi ha minacciato ripetutamente di ritirare il supporto totale e definitivo da parte della coalizione se non venisse approvata una legge che garantisca l’esenzione permanente dal servizio militare per gli studenti delle yeshivot. Questi non erano bluff vuoti, ma affermazioni serie basate sul fatto che la comunità religiosa vede la questione del servizio militare come profondamente incompatibile con la pratica del judaismo ultra-ortodosso.​

I sondaggi di opinione pubblica del 2025 hanno rivelato lo squilibrio che potrebbe risultare da elezioni anticipate. Nel caso di nuove elezioni, secondo i sondaggi più recenti, l’attuale coalizione di Netanyahu avrebbe soltanto circa 48 seggi, mentre l’opposizione raggiungerebbe circa 61 seggi, con un ulteriore blocco di 11 seggi rappresentati dai partiti arabi israeliani che quasi universalmente si oppongono al governo Netanyahu. Questo significherebbe non solo la fine del governo Netanyahu, ma potenzialmente una coalizione governativa completamente diversa, potenzialmente progressista.​

Si prevede inoltre che Netanyahu potrebbe essere costretto ad indire elezioni anticipate nei prossimi mesi se la situazione non si risolve attraverso una qualche forma di compromesso o accordo. Tuttavia, qualsiasi compromesso legislativo che miri a fornire un’esenzione permanente per gli Haredi incontrerebbe una massiccia resistenza dai riservisti militari dell’IDF e dalla popolazione israeliana generale, come evidenziato dalle manifestazioni e dall’opinione pubblica.​

Il contesto dei decenni di tensioni

La questione dell’arruolamento Haredi ha già causato diverse crisi governative significative negli ultimi decenni di storia israeliana, indicando come questo tema sia radicato nel conflitto strutturale tra il sistema di valori democratico e laico dello stato di Israele da una parte, e gli imperativi religiosi e comunitari della popolazione ultra-ortodossa dall’altra.

La questione risale agli stessi albori dello stato di Israele nel 1948, quando il primo Primo Ministro David Ben-Gurion negoziò informalmente quella che è diventata nota come la “Esenzione Haredi Originale”, che permetteva un numero limitato di studenti religiosi di evitare il servizio militare. Nel corso dei decenni, questa pratica è cresciuta significativamente, tanto che per buona parte degli anni ’90 e 2000, la stragrande maggioranza dei giovani Haredi evitava completamente il servizio militare.​

La frustrazione dei riservisti dell’IDF

Una delle conseguenze più significative della lunga esenzione della comunità Haredi dal servizio militare è stata la crescente frustrazione e risentimento tra i cittadini israeliani che servono nell’IDF, specialmente i riservisti che sono stati chiamati più volte in servizio durante crisi e guerre successive.

Questa frustrazione si è intensificata particolarmente durante la guerra di Gaza che ha avuto inizio nell’ottobre 2023, durante la quale decine di migliaia di riservisti israeliani sono stati mobilitati ripetutamente.​

Molti riservisti hanno espresso pubblicamente il loro senso di ingiustizia nel fatto che essi e i loro compagni soldati erano richiesti di combattere in prima linea, subire perdite significative e sacrificare anni della loro vita per proteggere il paese, mentre la comunità Haredi, che costituisce un’ampia porzione della popolazione giovane, rimaneva completamente esonerata da qualsiasi contributo militare.

Questo risentimento è stato particolarmente acuto poiché i riservisti vedevano chiaramente le perdite terribili della guerra di Gaza (migliaia di morti e feriti tra le file militari israeliane) mentre la comunità Haredi restava al sicuro dalle conseguenze di questa guerra.​

La narrativa Haredi sulla contribuzione nazionale

Contrariamente al consenso della ricerca empirica e dell’analisi economica, la comunità Haredi e la sua leadership hanno sviluppato una narrazione alternativa sulla loro contribuzione al paese, affermando che la loro contribuzione è diversa ma uguale a quella dei cittadini che prestano servizio militare o lavorano.

Secondo questa narrazione, articolata ripetutamente da capi religiosi e politici Haredi, il loro contributo primario alla sicurezza nazionale consiste nello studio della Torah. Secondo questa prospettiva teologica, lo studio intensivo dei testi religiosi da parte della comunità ultra-ortodossa funge da protezione spirituale per l’intera nazione di Israele, fornendo un beneficio che è tanto reale e importante quanto la protezione militare fornita dall’IDF. Questa è una prospettiva basata su insegnamenti e credenze religiose profonde radicati nella tradizione mistica ebraica (Kabbalah e Chassidismo), dove lo studio della Torah è considerato un atto di tiqqun olam (“riparazione del mondo”).​

Tuttavia, questa prospettiva non è ampiamente condivisa dalla società israeliana generale. Un 87% della comunità Haredi stessa, secondo sondaggi condotti dal giornale The Marker nel 2023, ritiene che il loro contributo economico sia uguale o superiore a quello di altri gruppi della popolazione. Questa affermazione contrasta nettamente con la realtà dei dati, dove, come discusso sopra, gli Haredi contribuiscono il 4% delle tasse pur rappresentando il 14% della popolazione.​

Il supporto della popolazione generale per l’arruolamento Haredi

Al contrario della visione della comunità Haredi, la grande maggioranza della popolazione israeliana generale supporta l’arruolamento obbligatorio della comunità Haredi, considerando l’esenzione come profondamente ingiusta e insostenibile. Questo supporto non rappresenta una posizione di un particolare partito politico o demografico, ma piuttosto una posizione trasversale che unisce laici, religiosi nazionali, musulmani arabi, drusi e altri segmenti della popolazione.​

I sondaggi ripetuti nel 2024 e 2025 hanno mostrato che tra il 70% e l’80% della popolazione israeliana generale supporta il principio che gli Haredi devono servire nell’IDF come tutti gli altri cittadini ebrei. Questo consenso largo è radicato nella convizione che il servizio militare rappresenti sia un dovere civico universale che un peso equamente distribuito, e che la nozione di “scusa religiosa permanente” dal servizio non sia più accettabile in una democrazia moderna e in tempo di guerra.​

Implicazioni demografiche di lungo termine

La questione della comunità Haredi va ben oltre una semplice controversia politica temporanea. Come discusso nelle sezioni precedenti, le proiezioni demografiche indicano che la comunità Haredi crescerà da rappresentare il 14% della popolazione nel 2024 a potenzialmente il 22-32% della popolazione entro il 2065. Se questi trend persistono senza significativi cambiamenti, la comunità Haredi potrebbe effettivamente diventare il gruppo demografico dominante in Israele nel corso delle prossime quattro decadi.​

Allo stesso tempo, la bassa partecipazione della comunità Haredi al mercato del lavoro e al servizio militare significa che Israele si troverà ad affrontare una situazione in cui una parte sempre più grande della popolazione non contribuisce in modo significativo alla sicurezza nazionale, all’economia nazionale, o al bilancio fiscale dello stato. Questo crea uno scenario potenzialmente insostenibile in cui il sistema economico e sociale del paese potrebbe essere minato nel corso dei decenni prossimi.

Il fallimento del sistema educativo Haredi nel fornire un’educazione di base adeguata ai giovani della comunità significa che intere generazioni di Haredi rimarranno intrappolate in una situazione di bassa mobilità economica e limitato accesso all’economia moderna. A meno che non vi sia un cambio sostanziale nelle politiche educative Haredi, questo perpetuerà la dipendenza dalla comunità da sussidi governativi e finanziamenti esterni per il loro sostentamento.​

Inoltre, l’isolamento educativo dalla società generale (dato che i giovani Haredi non frequentano le stesse scuole, non studiano la storia nazionale israeliana, la geografia del paese, la letteratura contemporanea, o l’inglese) significa che rimangono culturalmente separati e alienati dalla società israeliana generale, rafforzando la coesione interna della comunità ma riducendo la probabilità di integrazione futura.

Implicazioni sociali e di coesione nazionale

Infine, la situazione Haredi rappresenta una minaccia potenziale alla coesione sociale di Israele nel lungo termine. Se continuerà a persistere una situazione in cui una quota sempre più grande della popolazione non partecipa al servizio militare, non contribuisce significativamente alle tasse, e è educat in isolamento dal resto della società, le divisioni sociali potrebbero approfondirsi drammaticamente. Questo potrebbe in ultima analisi minare i fondamenti stessi della democrazia israeliana e del contratto sociale su cui lo stato è fondato, dove tutti i cittadini si presume condividano responsabilità comuni verso la nazione e il bene pubblico collettivo.

La questione della comunità Haredi rappresenta quindi non solo una crisi politica immediata, ma una sfida esistenziale di lungo termine per Israele, con implicazioni demografiche, economiche, sociali, educative e di sicurezza che si intensificheranno drammaticamente nei prossimi decenni se non verrà trovata una soluzione sostenibile, equa e giuridicamente valida.

Alex Trizio
Alex Triziohttps://www.alground.com
Alessandro Trizio è un professionista con una solida expertise multidisciplinare, che abbraccia tecnologia avanzata, analisi politica e strategia geopolitica. Ora è Amministratore e Direttore Strategico del Gruppo Trizio, dirigendo il dipartimento di sicurezza informatica. La sua competenza si estende all'applicazione di soluzioni innovative per la sicurezza cibernetica e la risoluzione di criticità complesse.
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