Nelle ultime settimane, un’iniziativa senza precedenti ha scosso le fondamenta del conflitto israelo-palestinese, portando alla ribalta la città di Hebron e i suoi leader tribali. Influenti sceicchi, guidati da Wadee’ al-Jaabari, hanno firmato una lettera storica indirizzata al ministro dell’Economia israeliano Nir Barkat, proponendo la creazione di un nuovo Emirato di Hebron, indipendente dall’Autorità Palestinese e pronto a riconoscere Israele come Stato nazionale del popolo ebraico. Questa proposta rappresenta una svolta radicale rispetto alle posizioni tradizionali palestinesi e apre scenari inediti per la pace in Medio Oriente.
La lettera, frutto di mesi di incontri riservati tra i leader tribali di Hebron e il ministro Barkat, segna un distacco netto dalla narrativa della leadership palestinese storica. Gli sceicchi, tra cui spicca il nome di Jaabari, capo del clan più potente della città, dichiarano apertamente: “Vogliamo cooperazione con Israele. Vogliamo la convivenza”. Parole che, pronunciate nella tenda cerimoniale di Hebron, assumono un peso simbolico enorme, considerando il ruolo di questa città nella storia e nell’attualità del conflitto.
La proposta degli sceicchi prevede che Hebron si separi dall’Autorità Palestinese, istituisca un proprio emirato autonomo e aderisca agli Accordi di Abramo, il processo di normalizzazione tra Israele e diversi Paesi arabi. In cambio, Israele dovrebbe riconoscere l’Emirato di Hebron come rappresentante ufficiale degli arabi residenti nel distretto. L’elemento rivoluzionario di questa iniziativa risiede nel riconoscimento esplicito di Israele come Stato ebraico, un passo che va ben oltre qualsiasi posizione assunta finora dall’Autorità Palestinese.
Gli sceicchi motivano la loro scelta con una critica feroce all’Autorità Palestinese e agli Accordi di Oslo, definiti “distruttivi e superati”. Secondo loro, l’Autorità ha perso ogni legittimità tra la popolazione locale, fallendo nel garantire stabilità, sviluppo e sicurezza. La lettera sottolinea come la vecchia leadership abbia portato solo “danno, morte, disastro economico e distruzione”, lasciando campo libero a corruzione e inefficienza.
La proposta contiene anche elementi pratici immediati: gli sceicchi chiedono che Israele consenta l’ingresso nel proprio territorio a un primo contingente di lavoratori provenienti da Hebron, con la prospettiva di aumentare progressivamente questo numero fino a decine di migliaia. Questa apertura economica rappresenterebbe una boccata d’ossigeno per una città che soffre da anni la crisi economica e l’isolamento politico.
Il ministro Barkat ha accolto con favore la proposta, definendola un “passo storico” che potrebbe ridefinire la diplomazia regionale. Da tempo, Barkat ha ospitato più di una dozzina di incontri con Jaabari e gli altri sceicchi, segno della serietà e della profondità delle trattative in corso. Il fatto che questi incontri si siano svolti spesso nella casa privata del ministro a Gerusalemme testimonia la delicatezza e la portata dell’iniziativa.
Non mancano però le resistenze, sia dal lato israeliano che da quello palestinese. All’interno della società palestinese, la proposta viene vista da molti come un tradimento della causa nazionale e un tentativo di indebolire ulteriormente l’unità del popolo palestinese. Alcuni degli sceicchi firmatari hanno preferito rimanere anonimi per motivi di sicurezza, consapevoli dei rischi personali e politici che comporta una simile presa di posizione. D’altra parte, anche in Israele non tutti sono pronti ad accogliere una soluzione che, pur offrendo un’alternativa alla stagnazione attuale, rischia di creare nuovi equilibri difficili da gestire.
Il contesto internazionale contribuisce a rendere questa iniziativa ancora più significativa. Dopo l’autunno del 2023, la possibilità di una soluzione a due Stati appare più lontana che mai. L’attacco di Hamas e la successiva reazione israeliana hanno radicalizzato le posizioni e reso quasi impossibile la ripresa di negoziati tradizionali. In questo scenario, la proposta degli sceicchi di Hebron si presenta come un tentativo pragmatico di superare l’impasse, offrendo una via alternativa basata su accordi locali, riconoscimento reciproco e sviluppo economico.
La città di Hebron, con la sua storia millenaria e il suo valore simbolico per entrambe le comunità, si candida così a diventare laboratorio di una nuova forma di convivenza. La scelta di puntare su un emirato locale, guidato da leader tribali e religiosi radicati nella società, rappresenta il ritorno a una forma di governance tradizionale, in netta contrapposizione con la burocrazia centralizzata e spesso percepita come distante dell’Autorità Palestinese.
Gli osservatori internazionali guardano con attenzione a questa evoluzione. Se la proposta dovesse trovare seguito, potrebbe aprire la strada a soluzioni simili in altre aree della Cisgiordania, ridefinendo completamente le coordinate del conflitto e della pace in Medio Oriente. Il fatto che la lettera degli sceicchi sia stata indirizzata direttamente a un ministro israeliano e non ai vertici dell’Autorità Palestinese è già di per sé un segnale di rottura profonda con il passato.
Il documento sottolinea anche la volontà di rinunciare a ogni forma di terrorismo, impegnandosi a garantire la sicurezza sia degli abitanti arabi che di quelli israeliani. Questa promessa di pace e stabilità è uno degli elementi più innovativi e potenzialmente dirompenti dell’intera iniziativa.
Nonostante le difficoltà e le incognite, la determinazione degli sceicchi di Hebron sembra incrollabile. “Siamo pronti per la pace. Vogliamo andare avanti”, recita la lettera. Una frase che, in un contesto segnato da decenni di conflitto e sfiducia reciproca, suona quasi rivoluzionaria. La proposta dell’Emirato di Hebron non è solo un gesto simbolico, ma un tentativo concreto di costruire un futuro diverso, fondato sul riconoscimento reciproco, la cooperazione economica e il rispetto delle identità.
Resta ora da vedere quale sarà la risposta delle autorità israeliane e della comunità internazionale. Il premier Netanyahu, destinatario ultimo della lettera, si trova di fronte a una scelta che potrebbe cambiare il corso della storia regionale. Se accolta, l’iniziativa degli sceicchi di Hebron potrebbe segnare l’inizio di una nuova stagione di dialogo e speranza per una terra troppo a lungo segnata da divisioni e violenza.