Punti chiave
Le eccellenze dei “Comuni Rifiuti Liberi” sfidano la crisi della Capitale nella decima edizione del dossier di Legambiente. Sant’Ambrogio sul Garigliano guida la rivoluzione verde, mentre Roma mostra i primi timidi segnali di risveglio dopo un decennio di stasi.
La sala conferenze delle Industrie Fluviali a Roma ha ospitato la decima edizione dell’Ecoforum regionale di Legambiente, un appuntamento ormai imprescindibile per scattare una fotografia nitida e senza filtri dello stato di salute della gestione dei rifiuti nel Lazio. Il dossier presentato quest’anno, basato sui dati Arpa relativi al 2024, ci restituisce l’immagine di una regione a due velocità, divisa tra piccole eccellenze che competono con i migliori standard europei e una grande area metropolitana che fatica ancora a trovare il passo giusto. Il dato aggregato regionale racconta di una raccolta differenziata salita al 56,2% , un incremento di un punto percentuale rispetto all’anno precedente che permette al Lazio di posizionarsi tra le undici regioni più virtuose d’Italia secondo il rapporto ISPRA, ma che nasconde al suo interno profonde disparità territoriali che meritano un’analisi approfondita e dettagliata.
L’élite dei comuni virtuosi: la sfida del “Secco Residuo”
Il cuore pulsante del rapporto è rappresentato dalla classificazione dei Comuni Rifiuti Liberi , ovvero quelle amministrazioni che non si limitano a differenziare, ma riescono a contenere la produzione di rifiuto secco indifferenziato sotto la soglia critica dei 75 chilogrammi per abitante all’anno. Questo parametro è considerato dagli esperti il vero indicatore di qualità di un sistema di gestione ambientale, poiché premia la riduzione dei rifiuti alla fonte e non solo il loro smistamento. Nell’edizione 2025 sono trenta le amministrazioni che hanno ottenuto questo prestigioso riconoscimento, un numero in leggero calo rispetto ai trentatré dell’anno precedente, segno che mantenere standard di eccellenza richiede uno sforzo costante e non permette rilassamenti.
In vetta alla classifica si conferma una piccola realtà della provincia di Frosinone: Sant’Ambrogio sul Garigliano , che con una performance straordinaria di appena 40 kg di secco residuo per abitante , dimostra come anche i piccoli centri possono diventare laboratori di innovazione ecologica. Al secondo posto troviamo Vallecorsa con 44 kg, seguita da Vetralla che chiudendo il podio con 51 kg pro capite. Scorrendo la lista delle eccellenze incontriamo comuni come San Giovanni Incarico, Rocca Santo Stefano, Graffignano e Nerola, tutti ben al di sotto della soglia limite. È interessante notare come la provincia di Roma, spesso criticata per le performance della Capitale, sia in realtà il territorio con il maggior numero di comuni premiati in questa categoria, ben undici, tra cui spiccano realtà come Genzano di Roma, Fonte Nuova, Palestrina, Sacrofano e Manziana. Questo dato smentisce il pregiudizio di un’area metropolitana interamente in crisi, evidenziando invece come la “cintura” intorno alla città sta lavorando con efficacia e lungimiranza.
Oltre la soglia del 65%: l’esercito dei Ricicloni
Se la categoria “Rifiuti Free” rappresenta l’eccellenza assoluta, il corpo principale della transizione ecologica laziale è costituito dai Comuni Ricicloni , ovvero quelle amministrazioni che hanno superato l’obbligo di legge del 65% di raccolta differenziata. Qui i numeri sono decisamente incoraggianti: sono ben 217 i comuni laziali che hanno oltrepassato questa asticella, sette in più rispetto alla rilevazione del 2023. Un esercito di amministrazioni virtuose che dimostra come la cultura della separazione dei materiali sia ormai radicata nella maggior parte del territorio regionale.
Analizzando i dati assoluti della percentuale di differenziata, emerge il primato di Nepi , che conquista la vetta regionale con un impressionante 85,4% di materiali avviati a riciclo , seguito a strettissimo giro da Vetralla con l’85,2% e Genzano di Roma con l’84,9%. Ma la vera sorpresa arriva dall’analisi delle grandi città, quelle con oltre cinquantamila abitanti, dove la gestione dei servizi è storicamente più complessa. In questo segmento è Fiumicino a guardare tutti dall’alto con il suo 78,9% , confermandosi un modello di gestione per i grandi centri urbani costieri. Seguono con risultati eccellenti Aprilia al 78,4% e Velletri al 75,8%, mentre anche Tivoli, Guidonia e Pomezia si mantengono stabilmente sopra la soglia di eccellenza. Un plauso particolare va anche ai piccoli comuni sotto i cinquemila abitanti, dove Magliano Sabina e Canale Monterano sfiorano l’80% di differenziata, provando che l’efficienza non è questione di dimensioni demografiche ma di volontà politica e organizzazione capillare. Una menzione speciale è stata inoltre assegnata all’Unione dei Comuni Valle di Comino per il notevole lavoro svolto nell’ultimo biennio.
Il nodo irrisolto della Capitale e le speranze per il futuro
Non si può parlare di rifiuti nel Lazio senza affrontare il “gigante malato”: Roma. I dati presentati all’Ecoforum mostrano una Capitale che, seppur ancora in affanno, sembra essersi svegliata da un lungo letargo. La raccolta differenziata a Roma ha raggiunto il 48% , segnando un incremento di oltre un punto e mezzo percentuale rispetto all’anno precedente. Potrebbe sembrare un passo avanti modesto, ma va contestualizzato: si tratta del primo segnale di crescita reale dopo un intero decennio di stagnazione quasi totale. Roberto Scacchi, presidente di Legambiente Lazio, ha voluto sottolineare questo aspetto definendolo un grande segnale di ripresa che va però consolidato e accelerato drasticamente per generare una vera svolta.
Il peso specifico di Roma è determinante per l’intera regione. Il dossier evidenzia chiaramente come la città, con i suoi quasi tre milioni di abitanti e una produzione di rifiuti pro capite elevata, trascini verso il basso la media regionale. Se si escludesse la Capitale dal calcolo, il resto del Lazio vanterebbe una media di raccolta differenziata del 66,72%, ben oltre gli obiettivi normativi nazionali. Questo dato mette a nudo la doppia velocità del territorio: da una parte le province virtuose, dall’altra il capoluogo che rincorre. La situazione romana influisce pesantemente sulla performance della Città Metropolitana, che chiude la classifica provinciale con il 54%, mentre la provincia di Viterbo svetta al primo posto con il 67,3% , seguita da Latina al 64,3% e Frosinone al 63,5%. Anche Rieti, pur restando sotto il 60%, mostra segnali di vitalità posizionandosi al 58,7%.
Infrastrutture e tecnologia: la strada verso l’economia circolare
Il dibattito all’Ecoforum non si è limitato alle percentuali di raccolta, ma ha toccato il nervo scoperto dell’impiantistica. La regione produce complessivamente 2,9 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, un dato in crescita del 2,3% che viaggia parallelamente alla ripresa dei consumi e del PIL. Per gestire questa mole di materiali non basta più la buona volontà dei cittadini nel differenziare; servono impianti industriali capaci di trasformare il rifiuto in risorsa. Legambiente ha ribadito con forza la necessità di implementare la rete dei biodigestori anaerobici per il trattamento della frazione organica, che da sola rappresenta circa il 37% di tutto ciò che viene differenziato.
Senza impianti di prossimità in grado di generare biometano e compost di qualità, il ciclo virtuoso si interrompe, costringendo le comunità a costosi trasporti fuori regione che impattano sia sulle tasse dei cittadini (TARI) sia sull’ambiente. Il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, ha rimarcato come il Lazio deve compiere un salto di qualità decisivo per allinearsi alle medie del Nord Italia, e questo potrà avvenire solo se Roma completerà la sua transizione impiantistica e se si diffonderà ovunque la tariffazione puntuale (TARIP), il sistema che fa pagare l’utente in base alla quantità reale di rifiuti indifferenziati prodotti.
Analisi delle dinamiche territoriali e prospettive
Approfondendo l’analisi dei dati, emergono storie di riscatto e di caduta che disegnano la mappa mutevole dell’ecologia laziale. È significativo il caso di Norma , che ha registrato l’aumento percentuale più marcato dell’anno con un balzo del +10,8%, o di Ponzano Romano e Faleria, anch’essi protagonisti di crescite importanti. Ancora più sorprendente è il caso di Rocca di Cave, capace di risalire la china dal 26% al 60% in soli dodici mesi, dimostrando che cambiare rotta è possibile in tempi brevi se c’è una chiara strategia amministrativa. Al contrario, la lieve flessione nel numero totale dei comuni “Rifiuti Free” deve suonare come un campanello d’allarme: l’eccellenza non è uno status acquisito per sempre, ma un processo dinamico che richiede manutenzione continua, campagne di informazione e controlli rigorosi.
Il 2025 si chiude dunque con un bilancio in chiaroscuro. Le luci sono quelle accecanti dei piccoli borghi e delle città medie che hanno ormai interiorizzato l’economia circolare come un valore identitario; le ombre sono quelle lunghe proiettate dalle carenze infrastrutturali e dal lento recupero della Capitale. La sfida per i prossimi anni sarà quella di ricucire questo strappo, portando Roma ai livelli delle sue province e trasformando il Lazio in un modello integrato dove il rifiuto cessa definitivamente di essere un problema per diventare, a tutti gli effetti, una risorsa economica ed energetica per il territorio.
Guardando ai mesi che verranno, la partita si giocherà sulla capacità della politica regionale e comunale di tradurre questi numeri in azioni concrete: nuovi impianti, estensione del porta a porta e applicazione della tariffa puntuale saranno gli strumenti indispensabili per non perdere il treno della transizione ecologica europea.


