Punti chiave
Bruxelles presenta l’Economic Security Package e inaugura una fase nuova della politica industriale europea. Un annuncio tecnico importante ma anche un segnale geopolitico diretto a Pechino.
L’annuncio arrivato oggi: un cambio di dottrina economica
L’Unione Europea ha presentato oggi l’Economic Security Package, il pacchetto con cui Bruxelles intende blindare le proprie catene di approvvigionamento e ridurre la dipendenza strategica da Stati terzi nel settore delle materie prime critiche. È la prima vera applicazione del Critical Raw Materials Act approvato nel 2024, che ora entra in una fase operativa con fondi dedicati e priorità politiche che non erano mai state formalizzate in questo modo.
Il punto centrale è semplice e radicale. L’Europa non vuole più essere vulnerabile alle oscillazioni geopolitiche che negli ultimi anni hanno messo sotto pressione la sua industria tecnologica e automobilistica. La Commissione ha scelto oggi per annunciare una dottrina che unisce sicurezza economica, politica industriale e autonomia strategica. È un cambio di logica che si muove parallelamente alle iniziative di Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud.
Secondo i dati diffusi oggi, più di 3 miliardi di euro saranno destinati a 25 o 30 progetti strategici distribuiti tra estrazione, raffinazione e riciclo di minerali critici. La presidente della Commissione ha parlato di “resilienza industriale come nuovo fondamento della competitività europea”.
L’annuncio odierno incide direttamente sui settori che più dipendono dalla filiera cinese. L’industria automobilistica tedesca utilizza oltre il sessanta per cento della grafite importata dalla Cina per le batterie elettriche. I produttori europei di turbine eoliche utilizzano magneti permanenti che arrivano quasi interamente da fornitori cinesi. La Commissione ha sottolineato che senza una diversificazione immediata, la transizione energetica e il mercato delle auto elettriche diventerebbero vulnerabili a shock esterni.

La fine della dipendenza implicita: l’ombra cinese su Bruxelles
Il pacchetto arriva in un momento in cui Pechino ha imposto nuove restrizioni all’export di materiali indispensabili per magneti industriali, batterie e tecnologie verdi. Il rapporto di Bruxelles cita senza ambiguità il rischio rappresentato dalle misure cinesi su gallio, germanio, grafite e terre rare.
La Cina per ora mantiene un profilo pubblico contenuto e le reazioni raccolte dai media di Pechino parlano di “strumentalizzazione della retorica della sicurezza”, ma non di un vero atto ostile. Pechino conosce l’importanza simbolica di questa strategia e sa che il messaggio europeo non è solo economico. È geopolitico, si perché si tratta di un segnale chiaro inviato alla potenza che controlla più del settanta per cento del mercato globale delle terre rare e quasi l’intera filiera dei magneti ad alte prestazioni.
Fonti diplomatiche europee spiegano che questo pacchetto rappresenta il tentativo di non ripetere la vulnerabilità che l’Europa ha sperimentato negli anni della pandemia e nel primo anno dell’invasione russa dell’Ucraina. Ciò che oggi viene messo in campo non è un semplice incentivo industriale ma un meccanismo di difesa economica.
Il Ministero del Commercio cinese ha risposto in modo misurato, ma ha lasciato intendere che le nuove iniziative europee sono percepite come parte di un allineamento strategico con gli Stati Uniti. La Cina ha ricordato che negli ultimi due anni ha introdotto controlli all’export su gallio, germanio e grafite per proteggere la propria industria nazionale, una misura che Bruxelles interpreta come un segnale della crescente competizione tecnologica globale.
Cosa cambia davvero per l’Europa
Il pacchetto stabilisce alcuni punti chiave che modificano l’architettura economica europea. Si punta innanzitutto a sviluppare miniere interne in modo più rapido, con processi autorizzativi semplificati. Viene ampliato il ruolo del riciclo come componente strategica e non solo ambientale, una novità già evidenziata nelle anticipazioni uscite. Inoltre si apre la strada alla creazione di scorte comuni di materie prime critiche, in modo simile a quanto fatto per il gas dopo il 2022.
L’ UE intende anche utilizzare strumenti normativi più incisivi per monitorare le acquisizioni estere in settori sensibili. Non viene citata formalmente la Cina ma la struttura del pacchetto riflette chiaramente la volontà di proteggere industrie che la Commissione definisce “sistemi nervosi” dell’economia europea.
Il piano mira anche a rendere l’Europa un attore competitivo nel mercato globale delle tecnologie avanzate. Il rischio di marginalizzazione industriale è compreso da tutti gli Stati membri, soprattutto quelli più esposti alla transizione energetica.

La risposta di Pechino: prudenza pubblica, irritazione sottotraccia
I media asiatici parlano di “iniziative comprensibili” ma accusano Bruxelles di “inseguire la narrazione del decoupling americano”. Tuttavia la Cina non può permettersi fratture frontali con l’Europa, soprattutto mentre cerca di bilanciare tensioni con gli Stati Uniti e di stabilizzare la propria economia interna.
L’irritazione è reale ma contenuta, Pechino teme che questo pacchetto diventi il modello di riferimento per altri blocchi regionali. Nonostante le poche dichiarazioni ufficiali, il fatto che l’Unione abbia adottato un linguaggio di sicurezza nazionale è osservato con particolare attenzione.
Una giornata decisiva per comprendere dove vuole andare l’Europa
La giornata di oggi non segna la nascita di un piano industriale isolato ma la transizione verso un nuovo tipo di Unione. Un’ Europa che considera le materie prime critiche come un elemento della propria sicurezza collettiva, che guarda alla politica estera come componente della propria competitività economica.
Il pacchetto non chiude la dipendenza dalla Cina ma stabilisce il percorso attraverso cui l’Europa intende ridurla. La strategia odierna apre una fase che avrà conseguenze su commercio, diplomazia e investimenti, e che potrebbe ridefinire l’intero equilibrio della competizione tecnologica nel prossimo decennio.


