La giornata del 7 luglio 2025 resterà impressa nella cronaca politica russa come una delle più drammatiche e misteriose degli ultimi anni. Roman Starovoit, ministro dei Trasporti della Federazione Russa, è stato improvvisamente sollevato dall’incarico dal presidente Vladimir Putin tramite un decreto presidenziale che non ha fornito alcuna motivazione ufficiale. La notizia, già di per sé destabilizzante, è stata seguita poche ore dopo dal ritrovamento del corpo senza vita di Starovoit nella sua auto, nei sobborghi di Mosca, con una ferita d’arma da fuoco che, secondo le prime indagini, sarebbe compatibile con il suicidio.
L’intera vicenda ha scosso l’opinione pubblica russa e internazionale, alimentando interrogativi sulle dinamiche interne al potere russo, sulle ragioni di un licenziamento tanto improvviso e sulle circostanze che hanno portato a una fine così tragica per un uomo politico che, fino a poche ore prima, ricopriva uno dei ruoli chiave nell’amministrazione di Mosca.
Roman Starovoit era stato nominato ministro dei Trasporti nel maggio dell’anno precedente, dopo aver guidato per quasi cinque anni la regione di Kursk, al confine con l’Ucraina, in un periodo segnato da forti tensioni e da una crescente pressione militare dovuta al protrarsi del conflitto tra Russia e Ucraina. La sua nomina era stata vista come una promozione significativa, il riconoscimento di una carriera amministrativa costruita in una delle aree più delicate del paese. Tuttavia, il suo mandato al ministero è stato breve e segnato da difficoltà crescenti.
Il settore dei trasporti russo, infatti, sta attraversando una fase di crisi profonda. L’aviazione civile soffre la mancanza di pezzi di ricambio a causa delle sanzioni internazionali, mentre le ferrovie, il più grande datore di lavoro del paese, sono sotto pressione per i costi crescenti dei finanziamenti, resi più onerosi dall’inflazione e dalla necessità di mantenere alti i tassi d’interesse per contenere la svalutazione del rublo. Negli ultimi mesi, inoltre, la Russia ha dovuto affrontare una serie di attacchi con droni ucraini che hanno causato la cancellazione e il ritardo di centinaia di voli nei principali aeroporti del paese, creando un caos senza precedenti nel traffico aereo nazionale. Solo nell’ultimo fine settimana prima del licenziamento di Starovoit, sono stati cancellati quasi trecento voli e oltre millenovecento sono stati ritardati, con danni economici stimati in centinaia di migliaia di euro.
In questo contesto, il licenziamento di Starovoit è stato letto da molti osservatori come una risposta politica alle crescenti difficoltà del settore e alle pressioni dell’opinione pubblica, esasperata dai disagi e dalle incertezze. Tuttavia, il Cremlino ha mantenuto il massimo riserbo sulle motivazioni della decisione. Il portavoce Dmitry Peskov ha dichiarato che nel decreto non si fa menzione di una “perdita di fiducia”, formula tipica nei casi di epurazione politica, e ha sottolineato che la scelta di sostituire Starovoit con Andrei Nikitin, ex governatore della regione di Novgorod e già suo vice, è stata dettata dalla necessità di affidare il dicastero a una figura di comprovata esperienza e competenza in un momento particolarmente delicato.
Il passaggio di consegne è avvenuto in modo rapido e formale, con la pubblicazione delle fotografie dell’incontro tra Putin e Nikitin al Cremlino. Nikitin ha subito dichiarato di voler imprimere una svolta al settore, puntando sulla digitalizzazione dei processi e sulla modernizzazione delle infrastrutture per ridurre i colli di bottiglia e facilitare il flusso delle merci attraverso i confini.
Le speculazioni sulle vere ragioni dell’allontanamento di Starovoit si sono moltiplicate nelle ore successive. Alcuni analisti hanno suggerito un possibile collegamento con le indagini in corso nella regione di Kursk, dove il suo successore, Alexei Smirnov, è stato arrestato in primavera con l’accusa di aver intascato tangenti durante la costruzione delle fortificazioni al confine con l’Ucraina. Starovoit, pur non essendo formalmente indagato, era stato coinvolto nella supervisione di quei lavori e alcune fonti di stampa hanno riportato che Smirnov avrebbe recentemente testimoniato contro di lui. Tuttavia, non esistono al momento prove concrete di un coinvolgimento diretto dell’ex ministro in attività illecite.
Il contesto politico e militare in cui si inserisce questa vicenda è estremamente teso. L’incursione ucraina nella regione di Kursk nell’estate precedente ha messo a dura prova la leadership locale e portato a una serie di arresti eccellenti, mentre la guerra continua a pesare sulle infrastrutture e sull’economia russa. Le difficoltà del settore dei trasporti sono solo una delle tante conseguenze di un conflitto che, a distanza di anni dall’inizio, non mostra segni di attenuazione.
La morte di Starovoit ha aggiunto un ulteriore elemento di drammaticità e mistero. Secondo quanto riferito dal Comitato Investigativo russo, il corpo dell’ex ministro è stato trovato nella sua auto con una ferita d’arma da fuoco, e accanto a lui è stata rinvenuta una pistola presumibilmente di sua proprietà. Gli inquirenti stanno ancora lavorando per chiarire le circostanze esatte del decesso, ma la pista principale resta quella del suicidio. Il gesto estremo sarebbe avvenuto poche ore dopo l’annuncio ufficiale del licenziamento, in un momento di estrema pressione personale e professionale.
La rapidità con cui si sono succeduti gli eventi ha alimentato sospetti e teorie, ma al momento non emergono elementi che indichino un coinvolgimento diretto di terzi. Il Cremlino, attraverso il portavoce Peskov, ha respinto l’ipotesi di una perdita di fiducia da parte di Putin nei confronti di Starovoit, sottolineando che la decisione era stata presa da tempo e che la sostituzione era stata pianificata già prima del Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo, svoltosi a giugno.
La figura di Starovoit resta controversa. Da un lato, era considerato un tecnico competente e un amministratore leale, capace di gestire situazioni di crisi in una regione di confine ad alta tensione. Dall’altro, la sua carriera è stata segnata da ombre e sospetti, soprattutto in relazione alla gestione dei fondi per le fortificazioni e alle difficoltà incontrate nel settore dei trasporti durante il suo mandato ministeriale.
La nomina di Andrei Nikitin rappresenta ora una scommessa per il futuro del dicastero. Nikitin ha già dichiarato la volontà di modernizzare il settore, puntando su innovazione e trasparenza, ma dovrà confrontarsi con sfide enormi: la carenza di pezzi di ricambio per l’aviazione, le continue interruzioni causate dagli attacchi ucraini, la pressione delle sanzioni e la necessità di garantire la mobilità interna in un paese vastissimo e strategicamente vulnerabile.
L’intera vicenda mette in luce la fragilità delle istituzioni russe in un momento storico segnato da instabilità, pressioni esterne e lotte interne per il potere. La morte di un ministro appena licenziato, in circostanze tanto drammatiche quanto opache, lascia aperti molti interrogativi sul clima che si respira ai vertici dello Stato russo e sulle reali dinamiche che guidano le scelte del Cremlino.
La Russia, oggi più che mai, appare come un paese attraversato da tensioni profonde, in cui il confine tra responsabilità politica, pressione personale e rischio giudiziario è sempre più sottile. La tragica fine di Roman Starovoit ne è l’ennesima, inquietante conferma.