Silvia Sardone e Vannacci vice di Salvini

La Lega consolida la sua squadra dirigente con l’ingresso di Silvia Sardone e Roberto Vannacci tra i vicesegretari, accanto ai riconfermati Alberto Stefani e Claudio Durigon. La decisione, ratificata ieri dal Consiglio federale convocato da Matteo Salvini a Montecitorio, segna un ulteriore passo nella trasformazione del partito, sempre più orientato verso posizioni sovraniste.

Le nuove nomine e il cambio statutario

L’ascesa di Vannacci, ex generale dei paracadutisti e autore del controverso saggio Il mondo al contrario, è stata resa possibile da una modifica statutaria approvata durante il congresso di Firenze dello scorso aprile. Il nuovo regolamento ha eliminato il requisito dei 10 anni di iscrizione per accedere alla carica di vice, permettendo così l’ingresso di chi ha ricevuto la tessera solo pochi mesi fa. Una mossa interpretata come un tentativo di “blindare” il generale, evitando la nascita di un movimento personale alternativo.

Silvia Sardone, eurodeputata e consigliera comunale a Milano con un passato in Forza Italia, diventa invece la prima donna a ricoprire questo ruolo nella storia del Carroccio. «Un onore e una responsabilità», ha commentato, sottolineando l’impegno per «combattere le sfide in Italia e Europa».

L’uscita di scena di Andrea Crippa dalla segreteria non ha generato tensioni pubbliche. Salvini ha garantito per lui un «ruolo rilevante», definendolo «fondamentale» per il partito14. Tuttavia, qualche malumore è emerso dall’ala più legata alle origini autonomiste: il governatore veneto Luca Zaia ha ribadito che la Lega resta «geneticamente» ancorata alla rappresentanza delle «identità territoriali».

Vannacci non ha usato mezzi termini nel delineare la rotta: «Siamo l’unico vero partito sovranista, non ci pieghiamo agli inciuci». Un’affermazione che suona come una sfida a Fratelli d’Italia, mentre la Lega punta a radunare il suo elettorato con il prossimo raduno di Pontida, fissato per il 21 settembre.

Nel frattempo, il partito conferma l’impegno sulla pace fiscale, definita «obiettivo irrinunciabile» dal ministro Giorgetti durante il Consiglio federale. L’obiettivo dichiarato è tutelare i contribuenti in buona fede, mantenendo però «zero tolleranza per i grandi evasori».