Fake News. Perchè ci crediamo?

Le fake news sono un formidabile strumento dell’internet di oggi. Le notizie false vengono create ad arte, si diffondono sfruttando le convinzioni alle quali non vogliamo rinunciare, ci fanno incazzare, e fanno guadagnare chi le crea. E’ un vero business multimilionario, usato addirittura per destabilizzare i Governi e influenzare l’opinione pubblica gettandola in una isteria collettiva senza precedenti.

Nel nostro report, scopriremo come si fabbricano le fake news, i meccanismi psicologici per cui ci crediamo e come fanno a guadagnarci sopra, distruggendo la credibilità dei media tradizionali e facendo incattivire le persone.

Le fake news non sono assolutamente un fenomeno moderno. Al termine della Repubblica Romana, Ottaviano (il futuro imperatore Augusto) diffuse una serie di false notizie sul suo rivale Marco Antonio, dicendo che aveva sposato Cleopatra, che aveva avuto un figlio da lei e che era pronto a staccare le provincie orientali per creare un impero tutto suo. Ovviamente ad Augusto non serviva convincere tutta la popolazione, ma solamente la classe dirigente. E riuscì a farsi assegnare dal Senato il compito di sconfiggere il nemico.

Il meccanismo è molto simile, ma il mondo digitale e l’era di internet ha fatto schizzare la velocità e la potenza con cui le fake news si possono diffondere e conseguentemente gli effetti che possono avere.

Come funzionano e come si fabbricano le fake news

Tutto parte da una situazione reale. Una contrapposizione politica, una polemica su cui si discute da qualche tempo, un caso di cronaca: il punto di inizio è quasi sempre un argomento assolutamente vero e sentito, con vari pareri discordi. Per creare la fake news è necessario prendere uno dei personaggi o un elemento preciso e semplicemente esagerare o inventare.

Facciamo un paio di esempi validi nel momento in cui scriviamo: Roberto Saviano, l’autore del best seller “Gomorra”, che racconta gli affari della mafia, giudica in maniera estremamente negativa le politiche del governo Conte e in particolare del Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, sull’immigrazione. In questo caso si prende la partecipazione di Saviano ad un programma televisivo, e si esagera la sua affermazione arrivando a dire:

Sinceramente preferisco salvare i rifugiati e i miei fratelli clandestini, che aiutare qualche terremotato italiano piagnucolone e viziato“.

Anche se la posizione di Saviano è smaccatamente pro-immigrati, lo scrittore non si è mai sognato di affermare una cosa del genere. Ma la fake news ha funzionato alla perfezione.

Un’altro esempio è invece di pura invenzione. Laura Boldrini, presidente della Camera durante il Governo Renzi, è un’altra combattente per i diritti degli immigrati e per l’integrazione. Tende ad essere vista dalla stragrande maggioranza del mondo del web come una saccentona e ipocrita. In questo secondo caso è stata inventata una sorella, Luciana Boldrini, a capo di 340 cooperative che gestiscono gli immigrati. Anche in questo caso, ci hanno creduto in tantissimi.

E non solo: le tecnologie si sviluppano sempre più. Siamo ormai all’alba delle Deep Fake News, dove alcuni software dotati di intelligenza artificiale sono in grado di modificare dei video, e sostituire i volti dei personaggi con quelli da prendere in giro o su cui imbastire la notizia falsa. Insomma, una tecnica recente e ultrasofisticata in grado di ingannare con estrema efficacia.

In altre parole, basta identificare qualcosa che farebbe terribilmente arrabbiare, indignare le persone che sono già contro qualcuno, creare una storia anche solo vagamente credibile e il gioco è fatto. Così facendo, la fake news è confezionata.

Fake news. Perchè ci crediamo? ecco quali meccanismi scattano nella nostra mente

Ma come è possibile che la gente creda alle fake news senza sognarsi minimamente di verificarle?

Un primo elemento è la natura stessa dei social network. I social sono veloci, velocissimi nel dare informazioni, per cui il tempo di ragionare e di verificare è davvero pochissimo. Sotto queste fake news ci sono spesso decine di commenti, e gli utenti sono portati ad intervenire senza verificare. Inoltre, i social tendono a capire le preferenze dell’utente e a personalizzare il feed, il che significa che verranno proposti e riproposti dei contenuti in linea con quello che l’utente crede già, senza quel pluralismo dell’informazione che permette di sentire tutte le campane.

Il secondo motivo è puramente psicologico: Le persone che si lasciano ingannare da una fake news sono già predisposte e portate a credervi. Giulio Cesare diceva bene: “Gli uomini credono facilmente quello in cui vogliono credere” ed è esattamente quello che accade. In questo caso si innesta un errore logico conosciuto come “Argomentazione dell’ignorante“.

Ovvero: una cosa è vera non perchè ci sono prove che confermano che sia vera, ma perchè non ci sono smentite che quella cosa sia falsa.  Usiamo di nuovo un esempio per comprendere il meccanismo: Adam Berinsky, del MIT, ha eseguito una ricerca e ha diffuso la fake news che l’ex presidente degli USA Barack Obama in realtà è un musulmano.

Quando ha spiegato a chi ci aveva creduto che Obama non è musulmano, gli utenti non gli credevano. Ha tentato di mostrare prove evidenti che è un cristiano, come alcune foto che lo ritraggono mentre si reca in chiesa, ma non ha funzionato. A queste persone non interessava nulla, perchè anche se avvallavano la tesi che fosse cristiano, allo stesso tempo non smentivano al 100% che fosse musulmano. Forse lo era di nascosto. “Ci sono dichiarazioni in cui Obama dice che non è musulmano?” “No” “Allora è musulmano!”, gli hanno risposto.

Obama musulmano. La fake news creata dal MIT per verificare come e perchè finiamo con il credere alle bufale

A questo si unisce una terza dinamica: andare alla ricerca sul web delle specifiche informazioni, dichiarazioni o fonti che confermano quello che noi già pensiamo. Gli utenti hanno cercato e trovato un discorso in cui Obama esprime solidarietà e fratellanza con i musulmani di tutto il mondo. “Ecco, visto? è musulmano!”.

Una volta attivato questo meccanismo, avviene la ricondivisione della fake news presso tutti i propri contatti. Questo è il vero “laccio” psicologico.

Nel mondo dei social, ricondividere qualcosa significa averla letta, giudicata, ritenuta opportuna per i propri amici e messa a loro disposizione. Ricondividere significa approvare il contenuto. E nella mente umana il concetto di coerenza è uno dei più forti, anche se controproducente. Se hai condiviso qualcosa devi difenderla in ogni modo, perchè è in gioco la tua credibilità di fronte ai tuoi contatti.

Pochissimi riescono ad ammettere l’errore, cancellare il contenuto o addirittura avvisare gli altri di essere caduti in errore. Significa non essere credibili davanti ai propri amici. Per cui si diventa non solo diffusori ma anche difensori, della fake news.

Chi guadagna dalle fake news? come funziona il business

La prima via è quella più classica. Un giornale riesce, tramite una fake news, a ottenere un numero di lettori che non avrebbe mai avuto. Il traffico su un sito porta click alle pubblicità e l’incasso viene di conseguenza. I numeri sono decisamente elevati: una fake news ben fatta si attesta sulle 750mila visualizzazioni, e con €2 di incasso ogni 1000 visite fa un totale di €1500 in pochi giorni.

Ma non solo, una fake news può servire anche per far rapidamente capire di che orientamento è un giornale. Per creare una propria identità editoriale basta lanciare news false a favore o contro qualche fazione, e si attira subito il target prescelto.

Un esempio su tutti è lercio.it, sito nato con le fake news e poi riconvertito in portale satirico.

Un’altro modo di guadagnare è quello di ottenere da stati e Governi dei soldi sottobanco per lanciare fake news contro gli avversari. Possono essere dei nemici politici, oppure dei contestatori o dei dissidenti. In questo caso gli alti dirigenti sono ben contenti di foraggiare di denaro i creatori di fake news più bravi. Al momento attuale, nella tabella qui sotto, i paesi che finanziano in maniera dimostrata i creatori di false notizie.

Il risultato di questa attività è piuttosto devastante per l’opinione pubblica. La prima cosa che si nota è l’aumento rapido della contrapposizione, della ferocia verbale  e degli scontri sui social. Le fake news gettano semplicemente benzina sul fuoco, e rendono le community quantomai aggressive ed isteriche. In realtà però, generano anche una forte confusione su quale sia la verità.

Secondo l’agenzia di indagini Edelman, in generale accade uno spostamento della fiducia degli utenti nei confronti dei media. I social diventano sempre meno credibili ma allo stesso tempo si tende a guardare con diffidenza ogni fonte di informazione che derivi da un potere economico. Per cui i grandi mass media, i quotidiani cartacei, i talk show in TV o tutti i più noti professionisti del settore subiscono un pesante calo di fiducia.

Fiducia che invece viene riposta o nei media che in qualche modo confermano i nostri pregiudizi, o nelle personali ricerche su internet o ancora nei siti di informazione che sono esclusivamente online, che non hanno grossi gruppi editoriali alle spalle e a cui si riconosce in maniera abbastanza istintiva una maggiore indipendenza e controllo delle fonti.

La lotta alle fake news: i siti antibufale e i consigli per riconoscerle

Il contrasto alle Fake News si è imposto all’attenzione del pubblico negli ultimi anni. I primi a combattere questo tipo di attività sono innanzitutto i social network, dove le notizie false proliferano. Il primo della lista è certamente Facebook, che ha promesso per bocca del suo fondatore Zuckerberg di tagliare i proventi pubblicitari ai siti che creano informazioni false e tendenziose. Twitter subisce invece l’invasione dei bot, che creano migliaia di tweet con notizie false, e che si è impegnato a contrastare questo tipo di attività. In coda YouTube, di proprietà Google, che ha promesso ed eseguito alcuni aggiornamenti dei suoi algoritmi per mostrare video sempre più attendibili e con alcuni requisiti minimi di affidabilità.

Un’altra arma è rappresentata, come fossero gli anticorpi in presenza di una malattia, dai siti antibufala che si occupano del cosiddetto Debunking, ovvero del controllo delle fonti e dello “smontare” le fake news. Di solito funzionano cercando notizie false, andando a verificare le fonti e spiegando per filo e per segno l’inconsistenza della notizia, e ripubblicando la fake news stavolta disinnescata, per cercare di contrastare il fenomeno. Uno dei più noti siti è certamente Butac “Bufale un tanto al chilo”.

Ma in realtà la vera soluzione è come sempre l’utente, che deve imparare a riconoscere perlomeno i tratti più salienti di una fake news. Ecco le regole base

  • Sii scettico sui titoli
    I titoli di notizie false sono spesso accattivanti e contengono molte lettere maiuscole e punti esclamativi
  • Guarda attentamente l’URL.
    Molte storie di notizie false imitano autentiche fonti di notizie apportando piccole modifiche all’URL. Puoi andare sul sito per confrontare l’URL con le fonti stabilite.
  • Controlla la fonte.
    Assicurati che la storia provenga da una fonte con una reputazione di affidabilità. Se la storia proviene da un sito di cui non hai sentito parlare, non credergli.
  • Sospetta in caso di formattazione insolita.
    Molte notizie false contengono spesso errori di ortografia e grammatica.
  • Controlla le foto.
    Le notizie false contengono spesso immagini o video manipolati. A volte la foto può essere autentica, ma presa fuori dal contesto. Puoi fare una ricerca su internet dell’immagine per scoprire da dove proviene.
  • Controlla le date.
    Le notizie false possono contenere scadenze che non hanno senso o date di eventi errate o alterate.
  • La storia è uno scherzo?
    A volte le notizie false possono essere difficili da distinguere dagli articoli umoristici. Controlla se la fonte è nota per fare satira e se i dettagli e il tono della storia suggeriscono che potrebbe essere solo ironia.
  • Ricondividi con giudizio.
    Rifletti sulle storie che leggi e condividi solo gli articoli che sai essere credibili