Gli attacchi aerei israeliani contro la leadership di Hamas nella capitale qatarina hanno sollevato profonde preoccupazioni ad Ankara sul fatto che la Turchia possa diventare il prossimo obiettivo di Tel Aviv. Le tensioni tra i due paesi, un tempo stretti alleati regionali, hanno raggiunto nuovi minimi storici dal 7 ottobre 2023, con la guerra di Gaza che ha ulteriormente inaspriti i rapporti diplomatici e militari.
Il 9 settembre 2025, le Forze di Difesa Israeliane hanno condotto un attacco aereo senza precedenti nel distretto di Leqtaifiya della capitale qatarina Doha, colpendo un complesso residenziale governativo che ospitava alti dirigenti di Hamas durante una riunione per discutere l’ultima proposta di cessate il fuoco statunitense. L’operazione, che ha coinvolto otto caccia F-15 e quattro F-35 israeliani, ha utilizzato missili balistici lanciati dall’aria sopra il Mar Rosso, evitando gli spazi aerei arabi e volando sopra l’Arabia Saudita prima di colpire Doha. Questo attacco ha segnato la prima operazione militare israeliana nota contro un membro del Consiglio di Cooperazione del Golfo, infrangendo i precedenti tabù diplomatici.
L’operazione ha preso di mira figure di spicco come Khalil al-Hayya, Zaher Jabarin, Muhammad Ismail Darwish e Khaled Mashal, tutti coinvolti nei negoziati per un cessate il fuoco nella guerra di Gaza e uno scambio di prigionieri israeliano-palestinesi. Tuttavia, secondo Hamas e le valutazioni israeliane, nessuno dei leader di alto livello è stato ucciso nell’attacco, sebbene sia morto il figlio di al-Hayya, Humam, insieme ad altri cinque membri del gruppo e un caporale delle forze di sicurezza interne qatarine.
Il portavoce del Ministero della Difesa turco, il retroammiraglio Zeki Akturk, ha avvertito ad Ankara che Israele potrebbe “continuare ad espandere i suoi attacchi sconsiderati, come ha fatto in Qatar, trascinando l’intera regione, incluso il proprio paese, nel disastro”. Queste dichiarazioni riflettono le crescenti ansie turche che vedono negli attacchi israeliani un precedente pericoloso che potrebbe estendersi al territorio turco, dove risiedono regolarmente funzionari di Hamas.
La preoccupazione di Ankara è giustificata dalla presenza significativa di Hamas in Turchia, dove il movimento palestinese ha stabilito uno dei suoi centri operativi più importanti all’estero. Secondo documenti di Hamas sequestrati dalle forze israeliane durante la guerra nella Striscia di Gaza, l’organizzazione utilizza la Turchia per pianificare attacchi terroristici e trasferire fondi per finanziare le attività terroristiche all’interno di Israele, in Giudea, Samaria e nella Striscia di Gaza. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan non ha mai designato Hamas come organizzazione terroristica e ha descritto il movimento come un “gruppo di liberazione” composto da “mujahedeen” che conduce “una battaglia per proteggere le sue terre e il suo popolo”.
Le relazioni israelo-turche, un tempo caratterizzate da una forte partnership strategica, si sono deteriorate drasticamente dalla fine degli anni 2000, raggiungendo il punto più basso con l’attacco guidato da Hamas del 7 ottobre 2023. Durante la guerra di Gaza, Erdogan ha espresso aspre critiche nei confronti di Israele e del primo ministro Benjamin Netanyahu, accusando Israele di commettere genocidio e paragonando Netanyahu ad Adolf Hitler. La Turchia ha interrotto tutto il commercio con Israele e ha sospeso i voli diretti con il paese, pur fermandosi prima di recidere completamente i legami diplomatici.
La capacità di Israele di condurre attacchi con apparente impunità, spesso aggirando le difese aeree regionali e le norme internazionali, stabilisce un precedente che preoccupa profondamente Ankara, ha osservato Serhat Suha Cubukcuoglu, direttore del programma Turchia presso Trends Research and Advisory. La Turchia interpreta queste azioni militari come parte di una “strategia israeliana più ampia per creare una zona cuscinetto frammentata di stati indeboliti o sottomessi che la circondano”.
Tuttavia, la Turchia possiede capacità militari superiori rispetto al Qatar e gode di una protezione più solida come membro della NATO rispetto alla relazione del Qatar con gli Stati Uniti. Come secondo esercito più grande della NATO dopo quello statunitense, la Turchia dispone di un settore della difesa sofisticato che ha recentemente lanciato il sistema di difesa aerea integrato “Steel Dome” e accelerato progetti come il caccia di quinta generazione KAAN.
Il sistema “Cupola d’Acciaio” turco rappresenta una risposta diretta alle crescenti tensioni regionali e alla percezione di minacce israeliane. Sviluppato interamente con piattaforme prodotte internamente e una strategia di progettazione integrata, il sistema impiega operazioni sincronizzate e intelligenza artificiale per supportare i processi decisionali. Il sistema integra componenti di difesa a più livelli includendo i sistemi Siper, Hisar A+ e O+, Korkut e Sungur che operano sotto un’architettura di comando e controllo unificata che integra radar, sensori elettro-ottici, disturbatori di segnale e sistemi laser in una struttura completa.
Il presidente Erdogan ha sottolineato il carattere competitivo del progetto “Cupola d’Acciaio” turco nei confronti della “Cupola di Ferro” israeliana, evidenziando la rivalità tecnologica tra i due paesi. Il sistema di difesa aerea turco è progettato per gestire una gamma più ampia di minacce rispetto ai sistemi ottimizzati per intercettare tipi specifici di minacce, includendo droni, missili cruise, aeromobili e altri bersagli aerei.
Parallelamente, la Turchia sta accelerando lo sviluppo del caccia stealth KAAN di quinta generazione, che complicherà ulteriormente le dinamiche della NATO, poiché la Grecia, rivale tradizionale della Turchia, continua a perseguire l’F-35. Il KAAN sarà equipaggiato con l’ecosistema missilistico indigeno turco, inclusi il missile oltre la portata visiva Gökdoğan, il missile a corto raggio Bozdoğan e il missile cruise stand-off SOM-J ottimizzato per il trasporto interno in configurazione stealth. Questo programma rappresenta la spinta della Turchia verso l’indipendenza militare, riducendo la dipendenza dai fornitori NATO e dando ad Ankara la libertà di esportare tecnologie all’avanguardia senza restrizioni occidentali.
Le tensioni potrebbero intensificarsi ulteriormente in Siria, dove Israele e la Turchia sono descritti come “su una rotta di collisione”. Dopo che i ribelli siriani hanno rovesciato Assad nel dicembre 2024, l’attrito crescente tra Turchia e Israele è diventato evidente in Siria, con Ankara che sostiene il governo ad interim e mira ad estendere la sua influenza, anche militarmente. Israele rimane diffidente nei confronti del nuovo governo e ha preso il controllo di una zona cuscinetto monitorata dall’ONU nella Siria meridionale, eseguendo numerosi attacchi aerei su siti militari siriani mentre si posiziona come guardiano della minoranza drusa contro la leadership prevalentemente sunnita a Damasco.
La rivalità turco-israeliana in Siria riflette obiettivi divergenti: la Turchia cerca una Siria stabile e centralizzata, dando priorità al successo del progetto politico attuale, mentre Israele mira a indebolire e dividere la Siria. La distribuzione di basi militari turche nella Siria centrale mina direttamente l’influenza israeliana consentendo ad Ankara di espandere la sua profondità strategica all’interno del territorio siriano mentre nega agli aerei israeliani la libertà di movimento su un’area vasta.
Nonostante le tensioni crescenti, un attacco diretto israeliano a un membro della NATO rimane “altamente improbabile”, secondo Özgür Ünlühisarcıklı, direttore del German Marshall Fund ad Ankara. Tuttavia, esiste un rischio tangibile di attacchi su piccola scala con bombe o armi da fuoco su potenziali installazioni di Hamas in Turchia da parte di agenti israeliani. L’assalto al Qatar potrebbe consolidare l’impegno di Ankara verso Hamas, poiché l’amministrazione turca crede che ritirare il supporto a Hamas ora diminuirebbe la sua influenza regionale, mentre rimanere ferma rafforza il suo ruolo di difensore dei diritti palestinesi contro l’aggressione israeliana.
Le implicazioni geopolitiche di questa escalation si estendono oltre i confini turco-israeliani, influenzando l’equilibrio di potere regionale e le dinamiche della NATO. La posizione della Turchia come membro della NATO che sostiene attivamente Hamas crea tensioni all’interno dell’alleanza, specialmente considerando che gli Stati Uniti e la maggior parte dei paesi occidentali designano Hamas come organizzazione terroristica. La determinazione di Erdogan di schierarsi apertamente con Hamas mentre mostra aperta ostilità verso Israele diminuisce le possibilità della Turchia di essere un attore attivo in qualsiasi negoziazione futura.
L’attacco israeliano in Qatar ha anche implicazioni per i negoziati di cessate il fuoco in corso, con i mediatori che temono che un accordo di cessate il fuoco a Gaza sia a rischio. Il primo ministro qatarino Mohammed bin Abdulrahman al-Thani ha condannato l’assalto israeliano come “terrorismo di stato”, sostenendo che Netanyahu dovrebbe affrontare la giustizia per l’attacco che ha “distrutto ogni speranza” per gli ostaggi.
La situazione attuale rappresenta un momento critico per le relazioni regionali del Medio Oriente, con la Turchia che si trova a dover bilanciare il suo sostegno a Hamas con le preoccupazioni di sicurezza nazionale, mentre Israele continua la sua campagna per eliminare la leadership di Hamas ovunque si trovi. Il precedente stabilito dall’attacco in Qatar potrebbe segnare l’inizio di una nuova fase di escalation regionale, con la Turchia che rafforza le sue difese e considera le proprie opzioni strategiche di fronte a quella che percepisce come una minaccia crescente alla sua sovranità territoriale.