21 Ottobre 2025
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Putin e la linea rossa: “I soldati stranieri in Ucraina saranno bersagli legittimi”

Vladimir Putin ha dichiarato che qualsiasi contingente militare straniero inviato in Ucraina prima della firma di un accordo di pace sarebbe considerato un “bersaglio legittimo” dalle forze russe, una posizione che rilancia la tensione diplomatica e militare tra Mosca e l’Occidente. Queste affermazioni, pronunciate durante il Forum Economico Orientale a Vladivostok, arrivano appena dopo il rinnovato impegno europeo verso un potenziale dispiegamento di forze di “rassicurazione” in Ucraina, non appena i combattimenti terminassero.

Putin ha ribadito con fermezza che la presenza di truppe straniere oggi, nel vivo delle ostilità, le rende un obiettivo dichiarato per l’apparato militare russo. Non si tratta di una minaccia velata, ma di una chiara linea rossa: qualsiasi truppa occidentale schierata sul suolo ucraino, sia in qualità di forza di pace sia come garanzia di sicurezza, vedrebbe la sua incolumità a rischio diretto. Questo scenario si inserisce in una dinamica complessa, in cui Mosca rifiuta categoricamente qualsiasi formula di peacekeeping che preveda soldati di altri Paesi in Ucraina, sia nel periodo bellico che in quello successivo.

Il dibattito si è intensificato dopo l’iniziativa del presidente francese Emmanuel Macron, che ha annunciato che 26 alleati dell’Ucraina hanno dato la propria disponibilità a mandare truppe, navi o equipaggiamenti, nel periodo post-cessate il fuoco, per garantire la sicurezza e la stabilità del Paese aggredito. La coalizione di Parigi, composta da 35 Stati, punta a fornire una presenza internazionale capace di scoraggiare nuove aggressioni russe e di proteggere il fragile equilibrio che si verrebbe a creare dopo una eventuale firma sulla pace. Macron, inoltre, ha sottolineato che questa forza non ha l’obiettivo di combattere contro il Cremlino, ma di tutelare la sicurezza ucraina.

Mosca, tuttavia, ribadisce con forza che tale presenza non solo non garantirebbe la sicurezza dell’Ucraina, ma al contrario metterebbe in gioco la stabilità della regione e costituirebbe una minaccia anche verso la Russia stessa. Il portavoce presidenziale Dmitry Peskov ha sostenuto che le garanzie di sicurezza richieste da Kyiv non possono essere assicurate tramite contingenti militari stranieri, in quanto ciò minerebbe inevitabilmente la sicurezza della Federazione Russa. Tale posizione è rafforzata dalla narrativa russa che identifica la presenza della NATO e di forze occidentali nei Paesi limitrofi come un’escalation e una rottura degli equilibri storici nell’area. Mosca accusa quindi le proposte europee di essere una provocazione.

Parallelamente, Putin ha respinto la possibilità di uno schieramento internazionale anche dopo la pace, sostenendo che non ci sarebbe più nessuna necessità di truppe straniere qualora si raggiungesse un accordo realmente stabile e duraturo. In questo quadro, il leader russo ha dichiarato che la volontà di Mosca è quella di rispettare integralmente ogni trattato firmato, auspicando che entrambi gli Stati coinvolti, Russia e Ucraina, possano vedere riconosciute reciproche garanzie di sicurezza. Il presidente russo ha rilanciato anche l’ipotesi di un incontro con Zelensky, proponendo come sede Mosca stessa e garantendo la protezione totale della delegazione ucraina, un gesto che però Kyiv ha rifiutato poiché non intende negoziare nella capitale russa, preferendo un contesto neutrale.

La questione delle garanzie di sicurezza è centrale nella strategia ucraina: Kyiv teme infatti che senza impegni formali e la presenza internazionale, Mosca possa riorganizzarsi e lanciare nuove offensive, vanificando i risultati di eventuali negoziati di pace. Zelensky si è detto favorevole al coinvolgimento di Washington in un piano di sicurezza, precisando però che la formula di questa partecipazione è ancora in discussione. Gli Stati Uniti hanno affermato di essere disponibili a valutare il proprio coinvolgimento, tramite Macron e altri interlocutori, ma sono al momento lontani dal fornire dettagli operativi o tempistiche concrete.

La posizione russa, negativa e granitica verso qualsiasi presenza occidentale, si inserisce in un contesto di sfida geopolitica più ampia, dove Mosca vede nell’iniziativa europea un rischio militare diretto, ma anche un tentativo di consolidare l’influenza occidentale ai confini russi. L’invasione su larga scala, iniziata il 24 febbraio 2022 e anticipata dall’annessione della Crimea, ha generato anche una reazione sulla governance della sicurezza paneuropea, con oscillazioni tra volontà di deterrenza e timori di escalation. Alcuni osservatori avvertono che un dispiegamento di peacekeepers potrebbe trasformarsi in una trappola strategica per l’Europa, poiché la reazione russa potrebbe estendersi anche al di fuori dell’Ucraina, creando nuovi scenari di pressione.

Gli Stati europei infatti, pur mostrando un fronte apparentemente compatto, sono chiamati a riflettere sulla reale capacità di intervenire a tutela di Kyiv, senza provocare un’escalation oltre il territorio ucraino. Alcuni esperti di relazioni internazionali, però, mettono in guardia: abbandonare l’Ucraina, rinunciando al dispiegamento di forze, significherebbe dare via libera a Mosca per nuove azioni aggressive e indebolire la credibilità occidentale nell’intera regione.

La drammatica escalation verbale registrata negli ultimi giorni non sembra portare a una rapida soluzione negoziale. In assenza di segnali concreti, la discussione sulla presenza di truppe stranieri rimane speculativa, ma la deterrenza esercitata dalla minaccia russa è intesa da Mosca come un elemento fondamentale della sua strategia. La battaglia per le garanzie di sicurezza, tra richieste ucraine e veto russo, è la vera posta in gioco per il futuro del conflitto e della stabilità europea. In questa complessa partita, i margini di manovra delle diplomazie occidentali appaiono stretti, e la concreta applicabilità delle proposte di Parigi, Bruxelles e Washington va ancora misurata alla luce delle reazioni di Mosca.

Putin, dopo oltre tre anni e mezzo di guerra, mantiene un profilo inflessibile e rilancia la sua influenza proprio nelle ore in cui la discussione internazionale prova a trovare nuove soluzioni per la pace. Il concetto di “bersagli legittimi” suona come un avvertimento, ma anche come un chiaro segnale volto ad alimentare preoccupazione nelle cancellerie occidentali, quasi a voler congelare qualsiasi iniziativa multilaterale prima ancora di raggiungere un vero compromesso.

Laura Antonelli
Laura Antonellihttps://www.alground.com
Esperta di diritto sul web e del mondo Microsoft, Antonella fa parte di importanti associazioni internazionali per la sicurezza delle reti e l'hardening dei sistemi.
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