10 Settembre 2025
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Raid israeliano senza precedenti a Doha contro i leader di Hamas

La giornata del 9 settembre 2025 segnerà un nuovo capitolo nella storia del Medio Oriente: un raid israeliano ha colpito i vertici di Hamas a Doha, capitale del Qatar, durante un momento cruciale delle trattative per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. L’attacco, avvenuto a Leqtaifiya, nell’area del West Bay, ha causato esplosioni violente, alte colonne di fumo visibili a grande distanza e danni significativi all’edificio dove si stava tenendo una riunione riservata dei dirigenti di Hamas. Secondo fonti israeliane, il raid era mirato a esponenti di spicco del movimento islamista, tra cui Khalil al-Hayya, coinvolti proprio nelle discussioni su una nuova proposta di tregua patrocinata dagli Stati Uniti.

Le informazioni sull’esito dell’attacco sono frammentarie e oggetto di forti contraddizioni: Israele ha rivendicato il colpo mirato sostenendo di aver neutralizzato “responsabili diretti dell’attacco del 7 ottobre e della guerra contro Israele”, mentre Hamas afferma che i membri del suo comitato direttivo sono rimasti illesi, pur confermando la morte di alcuni collaboratori e la devastazione della sede. Gli Stati Uniti hanno dichiarato di essere stati informati da Tel Aviv solo poco prima della missione. Secondo le prime stime, si registrano almeno sei morti, tra cui cinque membri di Hamas, ma tutti negano il decesso di leader di primo piano.

Il Qatar, ospite e mediatore nelle trattative tra Israele e Hamas, ha reagito con parole durissime: il governo ha accusato Israele di “terrorismo di Stato”, promettendo azioni diplomatiche e legali. “Non tollereremo questo comportamento sconsiderato – si legge nella nota ufficiale – né la manomissione continua della sicurezza regionale. Israele ha violato ogni principio del diritto internazionale e della sovranità territoriale del Qatar.” Il premier Mohammed bin Abdulrahman Al Thani ha ribadito l’intenzione di coinvolgere tutti i paesi della regione in una risposta congiunta, mentre l’esecutivo ha avviato una maxi-inchiesta a tutti i livelli istituzionali per chiarire le responsabilità del raid.

Gli osservatori descrivono il raid come “storico” e senza precedenti nelle relazioni tra Doha e Tel Aviv: è la prima volta, infatti, che l’aviazione israeliana colpisce direttamente il territorio qatariota, paese ospitante gran parte del vertice politico di Hamas e fondamentale crocevia delle mediazioni per la fine della guerra a Gaza. Il quartiere colpito, West Bay Lagoon, è noto anche per ospitare ambasciate, residenze di diplomatici e attività commerciali frequentate da cittadini e stranieri. Il raid ha generato panico tra la popolazione locale, c’è stato un massiccio intervento della polizia e l’area è stata isolata. Numerose testimonianze riportano finestre infrante per il potente spostamento d’aria e decine di residenti in fuga verso quartieri adiacenti.

Il raid arriva in un momento di gravissima crisi regionale, con migliaia di ostaggi ancora detenuti a Gaza e trattative congelate per uno scambio con prigionieri palestinesi. Secondo fonti di Hamas e la tv Al Jazeera, il raid avrebbe compromesso definitivamente il raggiungimento di un accordo globale per la liberazione degli ostaggi israeliani, vanificando mesi di negoziati. Le organizzazioni umanitarie temono che l’attacco possa pregiudicare anche l’arrivo di aiuti nel territorio assediato, già devastato da oltre 64.000 vittime dal 2023 e da una crisi umanitaria senza precedenti.

Dal punto di vista militare, lobiettivo era quello di minimizzare danni collaterali e vittime tra la popolazione civile, considerate le caratteristiche residenziali della zona colpita. I vertici dell’IDF hanno dichiarato che il raid aveva come scopo principale decapitare la leadership di Hamas presente all’estero e dimostrare che, anche fuori dai confini di Gaza, nessuna base è più sicura.

Le reazioni internazionali sono state immediate ed estremamente critiche: l’Unione Europea ha condannato il raid, sottolineando la pericolosità dell’escalation e del coinvolgimento di nazioni terze in una guerra sempre più globale. Gli Stati Uniti hanno ribadito che il raid “non ha avvicinato i negoziati di pace”, e che simili azioni rischiano di allontanare il rilascio degli ostaggi e qualsiasi prospettiva di dialogo futuro. Il Papa Leone XIV, in visita a Castel Gandolfo, ha definito la situazione “gravissima” e ha lanciato un appello al dialogo, invitando tutte le parti a evitare gesti disperati e a mettere fine alla spirale di violenza.

Nella capitale Doha la popolazione è rimasta scioccata: molte famiglie, anche straniere, hanno passato la notte in allerta, temendo nuovi attacchi. I media locali hanno raccontato scene di caos e agenti di sicurezza in assetto da guerra, mentre la diplomazia internazionale si muove per evitare il precipitare della crisi. Oman, Emirati, Arabia Saudita e Iran hanno denunciato con fermezza il raid, evocando il rischio per la stabilità di tutto il Golfo.

Sul fronte palestinese, il raid ha riacceso le tensioni infatti Hamas ha minacciato “vendetta” contro obiettivi israeliani in Medio Oriente e ha intensificato gli appelli alla resistenza. La leadership del movimento islamista, da anni ospite a Doha e Ankara, rappresenta la vera cabina di regia delle trattative e delle operazioni militari fuori dai territori palestinesi: la sua neutralizzazione sarebbe uno spartiacque sia per le sorti del conflitto sia per gli equilibri interni all’organizzazione.

La missione israeliana segna una svolta nelle tattiche del governo Netanyahu, che ha deciso di estendere la guerra anche fuori da Gaza, puntando al cuore delle reti politiche, finanziarie e strategiche di Hamas in diaspora. Secondo fonti politiche, la scelta di prendere di mira direttamente il Qatar è un messaggio alla comunità internazionale, soprattutto ai paesi che, negli anni, hanno garantito ospitalità e sostegno ai capi di Hamas.

In Israele, la notizia del raid ha diviso l’opinione pubblica: molte famiglie degli ostaggi hanno accusato Netanyahu di avere compromesso definitivamente ogni possibilità di accordo e di aver deciso per una dimostrazione di forza pur sapendo i rischi diplomatici. Il premier, dal canto suo, ha rivendicato la legittimità dell’azione definendola “imprescindibile per la sicurezza nazionale”.

L’attacco israeliano in Qatar potrebbe avere conseguenze durature e imprevedibili: la credibilità di Doha come mediatore viene messa a dura prova e i rapporti tra Israele e gli Stati del Golfo si fanno più tesi. Gli equilibri regionali, già fragili per effetto della guerra a Gaza, rischiano di subire nuove pressioni, con la possibilità che altri paesi siano coinvolti in future operazioni di forza.

Le ultime ore vedono la diplomazia globale in fermento, con riunioni d’emergenza della Lega Araba, l’ONU e il Consiglio di Sicurezza pronti a valutare sanzioni e incontri straordinari. La crisi, ormai non più esclusiva di Gaza, si sposta al centro politico del mondo arabo, con effetti che potrebbero ridefinire gli equilibri di potere nel Medio Oriente.

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