Punti chiave
La Torre dei Conti, noto baluardo medievale situato nel cuore archeologico di Roma, è tornata prepotentemente al centro dell’attenzione pubblica nelle ultime settimane a seguito del crollo parziale che ne ha compromesso la struttura, generando apprensione, polemiche e un acceso dibattito scientifico intorno alle modalità di restauro e alla destinazione d’uso futura.
Il progetto di messa in sicurezza, delineato grazie a una serie di riunioni tecniche tra la Soprintendenza archeologica del Colosseo, la Sovrintendenza capitolina e ingegneri strutturisti, è quasi pronto: gli interventi dovrebbero iniziare a brevissimo e la priorità assoluta è puntellare urgentemente il monumento prima dell’arrivo delle piogge, adottando soluzioni che garantiscano la salvaguardia sia della struttura che della sicurezza dei lavoratori e dei cittadini.
Gli eventi degli ultimi giorni hanno drammaticamente sottolineato la fragilità dell’edificio: il crollo, avvenuto durante delicate operazioni di restauro finanziate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ha provocato la morte di un operaio e il ferimento di altri quattro lavoratori. Le indagini della magistratura sono state avviate con l’ipotesi di omicidio colposo e disastro colposo e gli atti dell’appalto sono stati acquisiti per chiarire se le modalità di intervento fossero effettivamente compatibili con le esigenze di una struttura tanto complessa.
Area bloccata
Dopo il disastro, l’area è stata rapidamente transennata, evacuati i nuclei familiari degli edifici adiacenti e bloccato il traffico pedonale e veicolare lungo via Cavour e largo Corrado Ricci. Sul luogo sono intervenuti vigili del fuoco, carabinieri e polizia locale, supportati da rilievi tecnici realizzati anche tramite droni.
La storia del monumento, edificato nel XIII secolo dalla potente famiglia Conti di Segni sulle rovine del Tempio della Pace e a difesa del Foro di Cesare, si intreccia con le sorti di Roma e con le numerose calamità naturali che la città ha affrontato nel corso dei secoli.
Una vita travagliata
La Torre dei Conti è stata vittima di devastanti terremoti, in particolare quello del 1349 che ne compromise la stabilità e la rese a lungo inabitabile, fino a una ricostruzione nel 1620 e a ripetuti rinforzi a metà del Seicento, con i contrafforti ancora oggi visibili e fondamentali per la tenuta della struttura.
Dopo essere stata anche sede di uffici pubblici fino al 2006, solo nel 2022 sono stati avviati i lavori di restauro su vasta scala grazie a un finanziamento di 6,9 milioni di euro tramite il PNRR, con l’ambizione di trasformarla in museo e centro servizi archeologico per i Fori Imperiali.
Proprio la destinazione d’uso prevista dal progetto è uno dei punti più controversi, finendo nel mirino sia degli accademici che dei restauratori: la comunità scientifica, con una lettera firmata da 25 studiosi dell’Accademia dei Lincei, ha espresso pubblicamente dubbi sulle tempistiche e sull’opportunità di interventi che prevedano la trasformazione del monumento in una caffetteria panoramica e hub turistico, piuttosto che ristabilirne la vocazione storica e museale.
“È essenziale realizzare subito le puntellature per la sicurezza di persone e strutture antiche”, hanno scritto i firmatari, anticipando anche il rischio di scelte affrettate in nome della rapidità di spesa.
No alla demolizione
Nessun accademico, tuttavia, ha invocato una demolizione: le conoscenze tecniche e i mezzi disponibili sono ritenuti sufficienti per garantire, se subito adottate, la conservazione dell’edificio e la prosecuzione degli interventi, evitando decisioni drastiche che cancellerebbero una testimonianza monumentale di otto secoli di storia romana.
Sul fronte tecnico, la modalità operativa più suggerita tra gli esperti coinvolti ricorda “i lavori in miniera”: operai al sicuro in cestelli sospesi alle gru, installazione di gabbie modulabili a protezione delle maestranze e soprattutto la realizzazione di fasciature esterne in tensione che mantengano compatte le lesioni, isolando il nucleo centrale medievale molto più solido dalle aggiunte novecentesche in muratura leggera – le più vulnerabili ai crolli.
L’ossatura principale, che risale a quasi venti secoli fa, viene descritta come ancora poderosa e in grado di resistere, purché adeguatamente puntellata e isolata dalle nuove infiltrazioni d’acqua e dalle vibrazioni che hanno favorito il cedimento.
Il crollo ha imposto un’immediata riflessione sulla gestione del patrimonio storico, ma anche sulla trasparenza delle procedure e sulla continuità degli interventi di tutela. Molti archeologi e storici del restauro, tra cui Carandini e Volpe, sottolineano come la tragedia sia il risultato di decenni di manutenzione insufficiente, combinata alla pressione turistica e agli effetti ambientali.
Per questi specialisti, “non c’è sicurezza senza restauro e non ci può essere restauro senza sicurezza”: la chiave di volta non è il conflitto tra ingegneri e restauratori, ma un approccio condiviso e multidisciplinare che superi vecchie incomprensioni e ponga la salvaguardia al centro di ogni decisione, senza scorciatoie né semplificazioni. In questo senso, la Torre dei Conti diventa paradigma nazionale di una più vasta crisi nella tutela delle evidenze monumentali italiane, spesso vittime di logiche burocratiche o di interventi troppo aggressivi.
La rivoluzione nel Foro
Non meno importante è il dibattito aperto tra chi auspica una “rivoluzione museale” nell’area dei Fori, integrando la Torre dei Conti in un più ampio circuito pubblico e chi teme che la commistione tra esigenze turistiche e vincoli di conservazione possa snaturare l’identità del monumento. Gli anni recenti hanno visto il monumento al centro di progetti che alternavano periodi di abbandono ad aperture straordinarie, lasciando in eredità alla città un simbolo stratificato – rivestito di travertino proveniente dal Foro di Augusto, di Cesare e dall’area del Templum Pacis, liberato dalle costruzioni nei grandi cantieri fascisti del XX secolo e reso protagonista di crociate culturali per la sua salvaguardia. La sua parabola, tra restauri, scempi edilizi e successive recuperi, riflette perfettamente la complessità delle dinamiche urbanistiche romane.
Ad oggi, la Torre è ancora inaccessibile, circondata da barriere e pannelli che isolano il cantiere. La comunità scientifica chiede che si proceda senza ulteriori esitazioni con le puntellature e un monitoraggio costante delle condizioni statiche. Nel frattempo, le indagini della procura continuano, con la consulenza di ingegneri strutturisti chiamati a valutare la congruità degli interventi e la sicurezza degli edifici circostanti.
La pressione è alta: ogni passo è osservato, ogni scelta è sotto il fuoco incrociato di istituzioni, cittadini, studiosi e mondo mediatico. E la Torre dei Conti, ancora una volta, sfida il tempo e la storia, reclamando il suo posto nel paesaggio di una Roma che si interroga sul valore della memoria, dell’identità e della tutela culturale.
Il futuro della Torre dei Conti non può essere sacrificato sull’altare della rapidità d’esecuzione o della spettacolarizzazione turistica, ma deve fondarsi sulla solidità della ricerca storica, sull’innovazione tecnica e sulla responsabilità pubblica. Superare l’emergenza oggi significa garantire l’integrità di questo monumento per domani, restituendo ai cittadini romani e al mondo intero uno dei testimoni più suggestivi della lunga storia della Città Eterna.


