08 Dicembre 2025
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L’Ucraina attacca in territorio russo. Morti e feriti tra i civili

Il fumo acre dei detriti bruciati avvolge ancora l’aria, mentre i riflettori dei soccorritori illuminano a intermittenza la scena di un disastro annunciato. Nella notte tra sabato e domenica, due ponti sono esplosi in altrettante regioni russe al confine con l’Ucraina, trascinando nella morte almeno sette persone e ferendone decine. Mentre il governo di Mosca accusa Kiev di “terrorismo”, e i media di Stato parlano di un attacco coordinato, il conflitto entra in una nuova fase: quella dello scontro asimmetrico, lontano dalle trincee del Donbas, ma vicino alle case di civili inermi.

La strage del treno passeggeri: “Ho visto i vagoni sollevarsi in aria”

Tutto è iniziato alle 22:50 di sabato, quando il ponte stradale sulla ferrovia Bryansk-Klimov è crollato esattamente nel momento in cui un treno passeggeri, diretto a Mosca, transitava. L’esplosione, descritta dai sopravvissuti come “un boato che ha spento la luce delle stelle”, ha scagliato tonnellate di calcestruzzo sui vagoni, deragliandone sette su dodici. “Eravamo seduti vicino al finestrino quando il soffitto si è piegato su di noi”, racconta Irina Sokolova, 34 anni, ricoverata con una frattura al bacino. “La gente urlava, i bambini piangevano. Ho visto il vagone davanti al nostro sollevarsi in aria come un fiammifero”.

Il bilancio è crudele: sette morti, tra cui il macchinista Sergey Volkov, 58 anni, padre di tre figli, e sessantanove feriti, tre dei quali bambini. Uno di loro, un ragazzino di nove anni, lotta tra la vita e la morte nel reparto di terapia intensiva dell’ospedale regionale. Le operazioni di soccorso, coordinate da 180 uomini tra vigili del fuoco e volontari, sono continuate fino all’alba, con i cani da ricerca che guaivano tra le lamiere contorte. Il governatore Alexander Bogomaz, in una conferenza stampa convocata alle 3:17 di notte, ha parlato senza mezzi termini di “atto criminale”, promettendo “una risposta adeguata”.

Kursk, l’incubo si ripete: “Sembrava il fronte, ma eravamo a casa”

Mentre Bryansk piangeva i suoi morti, un secondo boato ha squarciato l’alba nella regione di Kursk, 250 chilometri più a est. Qui, alle 5:30 di domenica mattina, un ponte ferroviario strategico, lo stesso già colpito da un’incursione ucraina nell’agosto 2024, è crollato sotto il peso di un’esplosione che ha investito un treno merci. La locomotiva, carica di materiale edile, ha urtato i detriti della struttura, prendendo fuoco e costringendo l’equipaggio a un’evacuazione disperata. “Le fiamme salivano alte venti metri”, testimonia un ferroviere anonimo, ancora sotto shock. “Sembrava di essere al fronte, invece eravamo a casa nostra”.

Le autorità, pur evitando di confermare ulteriori vittime, hanno classificato l’episodio come “sabotaggio deliberato”. Svetlana Petrenko, portavoce del Comitato Investigativo russo, ha dichiarato a Reuters che “entrambi gli attentati presentano firme tecniche simili”, lasciando intendere un’unica regia. Intanto, canali Telegram vicini all’FSB, come Baza e SHOT, hanno iniziato a diffondere video di presunti “sabotatori ucraini” catturati nelle foreste di Bryansk, sebbene nessuna prova ufficiale sia stata fornita.

Il retroscena geopolitico: infrastrutture nel mirino, diplomazia in stallo

I due attentati arrivano in un momento delicatissimo per gli equilibri del conflitto. Le regioni di Bryansk, Kursk e Belgorod, da mesi nel mirino di droni e artiglieria ucraina, sono diventate il simbolo della vulnerabilità russa lontano dal fronte. Solo la scorsa settimana, un attacco a un deposito di carburante a Sudzha aveva causato un blackout energetico in tre distretti, mentre il Cremlino accusava la NATO di fornire “istruzioni per colpire il cuore della Russia”.

Kiev, dal canto suo, non ha rivendicato gli attacchi, ma ha denunciato un raid aereo russo su Kyiv avvenuto poche ore dopo i crolli. “Sono due facce della stessa medaglia: la guerra si sta spostando sulle città, sulle linee ferroviarie, sui ponti”, spiega Mikhail Troitskiy, analista del Carnegie Center raggiunto telefonicamente. “È una strategia della tensione che mira a logorare il morale della popolazione e a destabilizzare le reti logistiche”.

Non a caso, il ponte di Bryansk faceva parte della M13, arteria cruciale per i rifornimenti militari verso il fronte di Luhansk. La sua distruzione ha creato un cratere di quindici metri, rendendo impossibile il transito per almeno sei mesi, secondo le stime degli ingegneri inviati sul posto.

Soccorritori tra le macerie: “Abbiamo lavorato con le barelle nel fango”

A Bryansk, i sopravvissuti sono stati trasportati in ospedali sovraffollati, mentre la scuola di Vygonichi si è trasformata in un rifugio temporaneo per famiglie sfollate. “Abbiamo utilizzato le aule come dormitori”, racconta Olga Ivanova, direttrice dell’istituto. “I bambini disegnavano sui banchi per calmarsi, mentre fuori continuavano a passare le ambulanze”.

Nikolai Zaitsev, capo delle operazioni di soccorso, descrive una notte di incubo: “Il terreno era instabile, pioveva, e dovevamo muoverci con cautela per non innescare ulteriori crolli. Abbiamo estratto un uomo da sotto un masso usando le mani, perché le macchine non potevano avvicinarsi”. A Kursk, intanto, i danni hanno avuto ripercussioni immediate sul traffico merci, già paralizzato da mesi di blocchi e controlli militari.

Reazioni internazionali: Trump minaccia sanzioni, il Cremlino invoca trattative

La comunità internazionale ha reagito con apprensione. Il presidente statunitense Donald Trump, in una dichiarazione rilasciata da Mar-a-Lago, ha esortato Mosca e Kiev a “sedersi al tavolo prima che sia troppo tardi”, minacciando sanzioni “senza precedenti” contro la Russia in caso di escalation. La Casa Bianca, tuttavia, non ha fornito dettagli sulle possibili misure, alimentando scetticismo tra gli osservatori.

Il Cremlino, dal canto suo, ha proposto un nuovo round di colloqui a Istanbul per lunedì 3 giugno, ma l’Ucraina ha posto condizioni preliminari, tra cui la presenza di mediatori neutrali e garanzie sulla trasparenza delle trattative. “Siamo pronti a dialogare, ma non a costo di cedimenti territoriali”, ha ribadito il portavoce presidenziale ucraino, Serhiy Nykyforov.

Mentre il sole del primo giugno illumina le macerie dei ponti, la domanda che attanaglia i residenti di Bryansk e Kursk è semplice: quanto ancora durerà questo incubo? Per Alexander, un insegnante in pensione che abita a trecento metri dal ponte crollato, la risposta è amara: “Nel 2022 pensavamo sarebbe finita in due mesi. Oggi non sappiamo più cosa aspettarci. La guerra è entrata nelle nostre case, e nessuno sembra in grado di fermarla”.

Con le trattative in stallo, le infrastrutture nel mirino e il costo umano che continua a salire, il conflitto russo-ucraino sembra aver trovato una nuova, tragica normalità: quella di una guerra senza fronti, senza vincitori, e senza fine all’orizzonte.

Alex Trizio
Alex Triziohttps://www.alground.com
Alessandro Trizio è un professionista con una solida expertise multidisciplinare, che abbraccia tecnologia avanzata, analisi politica e strategia geopolitica. Ora è Amministratore e Direttore Strategico del Gruppo Trizio, dirigendo il dipartimento di sicurezza informatica. La sua competenza si estende all'applicazione di soluzioni innovative per la sicurezza cibernetica e la risoluzione di criticità complesse.
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