07 Novembre 2025
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La SEO del 2018: l’esperienza utente è al centro di tutto

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Ormai si sente parlare di Seo in ogni dove. Sappiamo tutti più o meno cos’è e a cosa serve. Se vogliamo che il nostro sito web esca tra i primi risultati di Google, dobbiamo usare buone tecniche Seo. Ma esattamente come funziona? Cosa veramente è importante per Google, e in base a cosa ci premia o ci penalizza?

È stata svolta una ricerca condotta da Digital-Coach con 161 professionisti del settore, dal titolo “SEO Trend 2018 – fattori di ranking”, che ha lo scopo proprio di evidenziare quali fattori sembra siano stati quelli più tenuti in considerazione da Google nel 2018 in ambito Seo.

Il podio sembra effettivamente confermare le tendenze degli ultimi anni.

Al primo posto troviamo infatti la mobile experience, cioè l’usabilità di un sito web sui dispositivi mobili. Il crescente utilizzo degli smartphone degli ultimi anni ha fatto sì che i siti debbano essere completamente ottimizzati per i telefoni, altrimenti la navigazione dell’utente sarà difficoltosa, e questo porterà alla chiusura della pagina, per andare magari su un altro sito.

Al secondo posto, a pari merito, la user experience e la site speed. L’user experience, cioè l’esperienza di navigazione dell’utente, è appunto strettamente legata anche all’ottimizzazione per il mobile. Anche la velocità del sito influisce sull’UX, perché tempi di attesa troppo lunghi nell’apertura di una pagina possono infastidire l’utente o spingerlo su un sito alternativo.

Al terzo posto troviamo la search intent. Con search intetnt si intende quello che gli utenti vogliono sapere quando cercano qualcosa sul web. Sono le intenzioni di ricerca dell’utente. Dare al nostro utente le risposte a quello che cerca è fondamentale affinché rimanga sul nostro sito, altrimenti chiuderà la pagina e passerà al risultato di ricerca successivo.

Considerando che questi sono solo tre dei fattori che influenzano il posizionamento Seo, le cose da tenere in considerazione sono davvero tante. È possibile ricorrere a strumenti che aiutano nell’individuazione delle migliorie da svolgere sul proprio sito, come Semrush o Seozoom, ma sicuramente la scelta migliore e meno faticosa è quella di affidarsi ad un’agenzia Seo che seguirà l’intero progetto dallo studio, alla creazione fino ad arrivare alla reportistica.

Cuffie Beats Studio 3 Wireless recensione. Un bel miglioramento

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Le nuove Beats Studio 3 Wireless offrono una qualità del suono migliorata, con la cancellazione dei rumori ed una durata della batteria uguale al modello precedente, così come il robusto design.

Il chip W1 di Apple, inoltre, semplifica l’abbinamento con i dispositivi Apple. A ciò si aggiunge un corretto funzionamento anche come semplice auricolare per fare telefonate e non hanno nulla da invidiare ai modelli dei concorrenti dal punto di vista del suono.

Il design delle cuffie è uguale al loro predecessore, mentre la custodia per il trasporto è piuttosto voluminosa.

Cosa dire di questo prodotto? Che è stato migliorato eliminando ancora di più i rumori ed aumentando in modo significativo le prestazioni…vuoi scoprirle?

Beates Studio 3 Wireless: Aggiornamento del 1° giugno 2018

Le cuffie Beats Studio 3 Wireless, che recensiamo in questo articolo, sono state rilasciate a settembre 2017 e rimangono tra le nostre preferite tra le cuffie con cancellazione del rumore wireless.

E vi è da dire anche che negli ultimi mesi il loro prezzo è diminuito, infatti, le si possono acquistare a meno di 225 $ rendendole un prodotto tecnologico di tale categoria ancora più interessante.

Iniziamo col dire che questo modello di punta di Beats, a parte alcune nuove opzioni di colore, sembra praticamente identico al suo predecessore che è uscito 4 anni fa.

Ciò che notiamo di diverso sono alcuni ritocchi nelle cuciture ed i padiglioni leggermente più morbidi, che rendono queste cuffie più confortevoli, ma nulla di più!

Però se andiamo più in profondità, scopriamo tantissimi cambiamenti. Le nuove Beats sono cuffie dalle prestazioni migliori su diversi fronti, tra cui, il suono, la durata della batteria e la cancellazione del rumore.

Cosa cambia nelle nuove Beats Studio 3 Wireless

Praticamente, il “DNA” delle nuove cuffie Beats è stato ridisegnato, non solo inserendo nuovi driver, ma pure nuovi circuiti che includono il chip W1 di Apple, già presente in altri modelli wireless di Beats.

Tale chip semplifica la connessione delle cuffie con i dispositivi Apple e contribuisce a migliorare la durata della batteria.

Pensa che esse sono rimaste in funzione per ben 22 ore in modalità wireless e cancellazione del rumore, una durata doppia rispetto al modello precedente.

Tieni presente, però, che tale risultato può variare a seconda dei livelli del volume, quindi potresti non arrivare ad una durata così lunga. Ma possiamo garantire almeno 20 ore di riproduzione costanti prima di dover ricaricare le cuffie.

Inoltre, se disattivi la cancellazione del rumore, le ore di durata possono arrivare addirittura a 40. Nel frattempo, la funzione Beats Fast Fuel ti offre 3 ore di riproduzione con soli 10 minuti di ricarica.

Beats Studio 3 Wireless funziona con dispositivi audio Bluetooth. Ad esempio, le abbiamo accoppiate ad un Samsung Galaxy S8 Plus, ma la loro speciale funzione di abbinamento è limitata ai dispositivi Apple con iOS 10 o versioni successive, WatchOS 3 o versioni successive e MacOS Sierra o successivo.

Beats Studio 3 Wireless: qualità del suono potenziata e maggiore cancellazione del rumore

A parte la durata della batteria, i due grandi aggiornamenti delle nuove cuffie Beats riguardano la qualità del suono e la cancellazione del rumore.

Le abbiamo confrontate con il modello precedente, riscontrando un suono leggermente più pulito, con una migliore definizione dei bassi e più naturale. Pur trattandosi di una lieve differenza, è certamente evidente.

Inoltre, esse sono relativamente ben bilanciate; ci sono molti bassi, ma non sono opprimenti o rimbombanti.

Pur se le cuffie Sony possono essere considerate le migliori per ascoltare sessioni musicali più lunghe, senza dubbio le Beats Studio 3 Wireless sono perfette per chi ascolta molto EDM ed Hip Hop, oltre che musica pop.

Ponendo queste cuffie a paragone con le Bose, abbiamo notato che con queste ultime il suono degli strumenti si sente più distintamente, mentre con le Beats sembra più dolce. In definitiva, è piacevole ascoltare musica con entrambe, pur se propendiamo leggermente per le Bose, in quanto sono più comode e si piegano in modo tale da adattarsi perfettamente alla propria custodia da trasporto.

Proprio questo è un lato negativo delle nuove cuffie Beats, ossia, l’incapacità di piegarsi in piano per essere trasportate. La custodia in dotazione appare troppo voluminosa e, sicuramente, nel design proprio questo aspetto dovrebbe essere migliorato.

Migliore funzione di cancellazione del rumore

Ma continuiamo la nostra recensione, soffermandoci sull’aggiornamento nella cancellazione del rumore, che appare notevolmente migliorato.

La nuova tecnologia proprietaria di cancellazione del rumore di Beats, denominata Pure Adaptive Noise Cancel o Pure ANC, monitora costantemente l’ambiente in cui ti trovi e calibra il rumore che annulla il suono intorno a te.

Ma non è tutto, perché queste cuffie hanno pure un microfono all’interno di ciascun padiglione, per calibrare l’eliminazione del rumore sull’adattabilità delle stesse, regolando la perdita del suono dovuta alla presenza dei capelli, occhiali, diversa forma delle orecchie e movimenti della testa.

Possiamo senz’altro affermare che la funzione di cancellazione del rumore è significativamente più efficace rispetto al modello precedente. Vale la pena ricordare anche che esse funzionano bene come auricolare per effettuare telefonate.

Specifiche chiave delle Beats Studio 3 Wireless

Riepiloghiamo brevemente le specifiche chiave delle nuove cuffie Beats:

  • Componenti acustici riprogettati ed un processo di produzione aggiornato
  • Chip Apple W1 integrato, che consente la connessione Bluetooth one-step con iPhone tramite l’accoppiamento. Inoltre, i possessori di iPhone possono passare da un dispositivo all’altro essendo registrati con lo stesso account iCloud, per migrare facilmente da una conversazione telefonica alla visione di un film su MacBook
  • La durata della batteria è quasi il doppio rispetto al modello precedente, per un totale di 22 ore di riproduzione wireless con Pure ANC attivo
  • Disattivando Pure ANC si ottengono fino a 40 ore di riproduzione no-stop in modalità basso consumo, senza sacrificare la qualità dell’audio
  • La funzione Fast Fuel offre fino a 3 ore di riproduzione dopo soli 10 minuti di ricarica tramite il cavo Micro-USB in dotazione
  • Il Bluetooth di classe 1 fornisce una connettività ottimale per meno drop-out ed è performante per i dispositivi iOS e Android
  • I controlli ed il microfono integrati consentono di effettuare chiamate, saltare brani, controllare il volume ed attivare Siri
  • Pure ANC utilizza algoritmi avanzati per monitorare continuamente il tuo ambiente di ascolto, in modo che possa bloccare al meglio i rumori esterni
  • Pure Anc regola anche la perdita del suono causata dai capelli, occhiali, forme delle orecchie e movimenti della testa
  • Inoltre, Pure Anc controlla simultaneamente ciò che ascolti, mentre l’eliminazione del rumore viene applicata al contenuto musicale originale per regolare e garantire una fedeltà audio ottimale
  • Le cuffie sono disponibili in quattro colori base: bianco, rosso, blue e nero opaco, oltre che due colori speciali, grigio ombra e rosa porcellana.

Conclusioni

Un pò di delusione per il mancato aggiornamento del design esterno c’è, ma rimaniamo comunque soddisfatti dell’acustica e dell’ergonomia delle cuffie Beats Studio 3 Wireless, che sono state potenziate con nuovi componenti.

A parte l’impossibilità di piegarle, esse sono confortevoli e durature, piacevoli per l’ascolto e molto funzionali, grazie alle straordinarie prestazioni Bluetooth.

Potrebbero anche non risultare migliori delle concorrenti Bose e Sony, ma a noi sono piaciute molto e sarebbe un prodotto ancora più piacevole se costassero di meno.

La comunicazione nel 2018 è videotelling: farsi vedere per raccontare

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Quanto sta cambiando la comunicazione anno dopo anno? E cosa stanno facendo le aziende e i brand per
adeguarsi, in modo tale da attirare sempre più clienti?

Il continuo fermento di internet, web e social mette a dura prova le aziende e l’agenzia di comunicazione
che sta dietro ciascuna di loro.

L’attenzione degli utenti cala sempre di più, e per catturarla è necessario trovare i mezzi adeguati e
contenuti accattivanti.

Prima di essere potenziali clienti infatti, gli utenti sono persone, che devono essere coinvolte per fare in
modo che il messaggio rimanga loro più impresso. Gli studi dimostrano che elaboriamo le immagini 60.000
volte più velocemente rispetto ai testi, e ricordiamo solo il 20% di ciò che leggiamo rispetto all’80% di ciò
che vediamo.

Per questo la comunicazione sta virando sempre di più non solo su immagini, ma soprattutto sui video. È il
cosiddetto videotelling.

Raccontare la propria mission e i propri punti di forza tramite un video rende la comunicazione molto più efficace, tanto che questo strumento viene usato sempre di più non solo come
mezzo di content marketing ma anche come mezzo pubblicitario, ad esempio sui social o su Youtube.

Oltre a virare la comunicazione verso il video, anche il formato stesso del video sta cambiando. Dato che gli
utenti navigano sempre più tempo da smatphone, il formato più richiesto e più coinvolgente sta
diventando quello verticale, anziché il classico orizzontale.

La comunicazione è cambiata moltissimo in questo anno, e le aziende si sono impegnate al massimo per
stare al passo con i tempi e trovare modi sempre nuovi e alternativi per stupire e coinvolgere gli utenti. Il
pubblico infatti spesso cerca in un acquisto l’esperienza che solo quel determinato brand può farci vivere,
personalizzando il messaggio o trovando un modo unico di trasmetterci i propri valori.

E chissà cosa ci riserverà il 2019…

Lenovo Yoga BooK recensione. Molto bello, ma cade sulle performance

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La caratteristica che colpisce subito del Lenovo Yoga Book C930 è senza dubbio il display E-ink, che sostituisce la classica tastiera, seguita da un corpo straordinariamente sottile.

Ma nonostante ciò, questo tablet/pc appare zoppicante per le sue prestazioni di elaborazione, alquanto lente, cosa che dispiace molto visto che questo modello è notevolmente migliorato ed anche più costoso rispetto allo Yoga Book originale.

Ciò non vuol dire che non valga la pena scoprire altre interessanti prestazioni che, magari, a te potrebbero piacere.

Lenovo Yoga Book C930: il processore

Iniziamo col dire che il nuovo modello di casa Lenovo offre una CPU Intel Core i5 serie Y. Si tratta di uno dei chip con minor potenza Intel, ma molto più potente di Atom, che invece montava lo Yoga Book precedente.

Ciò dovrebbe garantire un’esperienza Windows molto più accattivante, soprattutto per quanto riguarda i passaggi da un’applicazione all’altra e la navigazione sul web. Ma in pratica, lo Yoga Book è ancora carente in tal senso, rispetto ai suoi concorrenti con un costo simile.

Inoltre, pur prevedendo l’opzione per essere configurato con Android, lo Yoga Book C930 funziona solo con Windows, il che è non è affatto un male, considerando che ormai l’utilizzo di Android come sistema operativo per tablet sembra essere superato.

Tuttavia, questo nuovo prodotto di Lenovo trova il suo punto di forza nella sua forma ridotta, non a caso si tratta dell’unico laptop ibrido convertibile da noi utilizzato, in grado di adattarsi comodamente in una mano.

Nulla da eccepire anche per il suo display e-ink che funziona come tastiera, come block notes, per fare schizzi e tanto altro ancora.

Sarai contento di sapere che il Lenovo Yoga C930 misura 0,39 x 10,25 x 7,1 pollici (HWD) e pesa soltanto 1,71 Kg. È incredibilmente sottile e leggero per essere un laptop Windows, pur se resta leggermente più pesante rispetto allo Yoga Book precedente, che ha un peso di 1,52 Kg.

Display

Pur montando un display quad HD 2560 x 1600 pixel molto vivido, esso non si distingue per questa caratteristica, bensì, per il suo secondo display posto nell’altra metà del portatile, dove ci aspetteremmo di trovare la tastiera di un laptop tradizionale.

Quest’ultimo ha le stesse dimensioni della schermata originale, ma utilizza e-ink invece dei convenzionali LCD o LED. Il risultato è un display monocromatico con una frequenza di aggiornamento piuttosto lenta, ma che consuma pochissima energia e non viene influenzato dalla luce dell’ambiente.

Bisogna pure aggiungere che il display e-ink di Yoga Book C930 offre tre modalità. Di default è una tastiera, ma hai la possibilità di toccare una fila di icone poste nell’angolo in alto a destra per trasformarla in una lavagna digitale simile al Wacom Bamboo Folio oppure un ereader somigliante all’Amazon Kindle.

Inoltre, il tempo di risposta del display e-link sembra essere notevolmente migliorato rispetto al modello precedente, infatti, non vi sono problemi di lentezza che prima erano evidenti.

Touchpad

Sul nuovo laptop Lenovo puoi anche attivare il feedback vibratorio ed attivare o disattivare i suoni di risposta, semplicemente toccando il menù delle impostazioni nell’angolo in alto a destra. Proprio qui troverai anche le opzioni per personalizzare l’esclusiva soluzione touchpad.

Per impostazione predefinita, esso è nascosto ed appare solo quando si tocca l’area posta sotto la barra spaziatrice, che offre più spazio alla tastiera. Ma non è tutto, perché puoi scegliere pure di ridurre la tastiera per lasciare spazio ad un touchpad permanente.

Sconsigliamo, comunque, questo tipo di operazione, in quanto l’attivazione del touchpad risulta molto più semplice ogni qualvolta ne hai bisogno, rispetto alla digitazione su chiavi complicate.

Penna Wacom

Il Lenovo Yoga Book 930C include anche una penna Wacom, che offre 4096 livelli di sensibilità alla pressione, si collega tramite bluetooth ed utilizza batterie AAA monouso. Si attacca al retro del coperchio del display per mezzo di un potente magnete quando non viene utilizzata ed è molto più precisa di uno stilo capacitativo economico.

Puoi usare la penna sia per disegnare che navigare su Windows 10 sul display principale oppure utilizzarla sul display e-ink in modalità Note.

Altro punto di forza di questo laptop risiede nella possibilità di capovolgere la cerniera di 360 gradi, spegnere il display principale e prendere appunti o disegnare consumando pochissima energia.

Una volta terminato, puoi addirittura disegnare un cerchio intorno alle tue parole o alle immagini e copiarle negli Appunti. Da qui, poi, puoi incollarle in un’applicazione Windows di tua scelta, compresa un’app di riconoscimento ottico dei caratteri (OCR).

Si tratta sicuramente di un’esperienza geniale ed originale, pur se abbiamo notato nei nostri test che il disegno e la scrittura sul display e-ink non sono stati più semplici dell’uso della penna sul display principale, soprattutto a causa della lentezza della frequenza di aggiornamento.

Funzionalità

Altrettanto nuova è la possibilità di utilizzare il display e-ink come ereader. In effetti, il Lenovo Yoga Book C930 ha tutte le carte in regola per sostituire il tuo laptop, il tuo tablet ed il tuo Kindle.

Tuttavia, non esiste attualmente alcun supporto per i formati di file di ebook, il che limita la visualizzazione di file PDF e di immagini. Però, il processo per trasferire questi file sul display e-ink è semplice.

Per il prossimo anno Lenovo prevede di aggiungere il supporto peri formati di ebook, ePub e Mobi, ma finchè ciò non avviene, la parte del lettore di questo laptop è principalmente un espediente.

Un’altra sua caratteristica che non può passare inosservata riguarda la soluzione escogitata dalla casa madre per aprire il coperchio dello schermo. Noterai come le due metà del portatile si allineano perfettamente, rendendo quasi impossibile tenerle aperte con la punta delle dita.

Pensa che grazie ad un ingegnoso uso di magneti e rilevazione del movimento, puoi battere due volte sulla parte esterna del coperchio per aprirlo. Se non riesci a farlo aprire in questo modo, puoi anche premere due volte il pulsante di accensione laterale.

Le due metà del Lenovo Yoga Book C930 si collegano utilizzando l’iconico cardine Lenovo in stile cinturino. È interessante notare che questo stile di cerniera sta scomparendo dal laptop convertibile di punta di Lenovo, a favore di un altro design a cerniera unico e con altoparlante incorporato.

Quando si parla dello Yoga C930, sarà molto facile per la nomenclatura confondere gli acquirenti. Si tratta di un portatile convertibile da 14 pollici più grande, con un processore Intel Core i5 o Core i7 più potente della serie U e una tastiera convenzionale.

Ma la versione Book che stiamo recensendo qui, è un modello completamente diverso con lo schermo da 10 pollici e la metà inferiore e-ink.

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Connettività e memoria

Per concludere, aggiungiamo che questo portatile oggetto della nostra recensione, ha 4 GB di memoria e un SSD da 128 GB, che impediscono di utilizzarlo per le sessioni di navigazioni marathon con numerose schede aperte o come archivio per la raccolta di filmati 4K.

Sono presenti due porte USB Type-C attraverso le quali caricare il Lenovo Yoga Book C930, sostituendo le porte USB e micro HDMI sulla versione originale, il che significa che il collegamento a display esterni necessita di un dongle.

A destra è presente uno slot sul lato sinistro che accetta sia le schede micro SD per aumentare lo spazio di archiviazione, sia una scheda Sim per fornire connettività. Altre opzioni presenti sono il Bluetooth 4.2 e 802.11 ac e Wi-fi.

Dobbiamo evidenziare che il processore presente al suo interno rivela prestazioni deludenti rispetto ad altri portatili appartenenti alla stessa fascia di prezzo.

La Y presente nel nome del processore indica che questa CPU è sufficientemente efficiente da non richiedere ventole di raffreddamento. Ciò significa che ci troviamo di fronte ad un portatile quasi silenzioso sotto qualsiasi carico di lavoro, anche se diventa piuttosto caldo al tatto.

Yoga Book test

Ma ciò vuol dire pure che esso è un esecutore decisamente peggiore in attività specializzate come l’editing multimediale. Da un test di codifica video Handbrake ed in quello di rendering 3D Cinebench effettuato su un gruppo di cinque portatili convertibili, il nuovo modello Lenovo è risultato il piu lento.

Pure sul Benchmark PCMark 8, che simula attività di elaborazione comuni (elaborazione testi, navigazione sul web, etc.). Il punteggio ottenuto dal Lenovo Yoga Book C930 è risultato di gran lunga inferiore al minimo previsto (3000).

In più di un caso questo laptop ha mostrato segni di lentezza, dal ridimensionamento delle finestre delle applicazioni alla navigazione veloce avanti e indietro tra le pagine del web e le schede Microsoft Edge.

Per gli amanti dei giochi impegnativi, inoltre, esso non è l’ideale pur trattandosi di una carenza che condivide con il resto dei suoi concorrenti.

L’unico punto positivo, quando si tratta di prestazioni, è la durata della batteria. Parliamo di circa 10 ore, che dovrebbero permetterti di affrontare un’intera giornata di utilizzo in plug-in.

Un ultimo lato negativo del Lenovo Yoga Book C930 riguarda il suo prezzo, un po’ troppo caro per ciò che in definitiva offre. Costa 949 dollari, circa 400 dollari in più rispetto al modello precedente.

Il fatto di avere un display e-ink ed altre nuove funzionalità, certamente non giustifica questo prezzo così alto.

Quale MacBook acquistare? Confronto tra MacBook, Air e Pro

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Ti stai chiedendo quale MacBook acquistare? Andiamo insieme alla scoperta dei nuovi prodotti Apple, per capire meglio come e dove orientare la tua scelta.

L’Azienda del compianto Steve Jobs ha appena annunciato il suo nuovo MacBook Air con display retina, il cui prezzo parte da 1000 euro ca. ed offre uno schermo più nitido, cornici più strette ed una potenza Intel Core di ottava generazione.

Questa guida ti sarà molto utile per aiutarti a scegliere il miglior laptop Apple, quindi mettiti comodo e continua la lettura…

Si parte dal nuovo MacBook Air da 13 pollici e da quello a 12 pollici superleggero, per continuare con i MacBook Pro da 13 e 15 pollici con la Touch bar.

Visto che ampia possibilità di scelta hai? La linea di computer portatili Apple non hai mai avuto più varietà! Eppure non è così semplice decidere quale notebook acquistare.

Ma niente paura, perché il nostro obiettivo è proprio quello di darti una mano a capire su quale di questi prodotti puntare, confrontando prezzi, caratteristiche, prestazioni, durata della batteria e tanto altro ancora.

Sei pronto a scoprire i pro e i contro di ognuno?

Quale MacBook acquistare? Ecco il nuovo MacBook Air da 1000 euro ca

Iniziamo subito con il nuovo MacBook Air, un computer che offre praticamente tutto ciò che si può desiderare da un laptop targato Apple. Prima di tutto è più leggero e sottile rispetto al suo predecessore MacBook Air e non ci sono più quelle cornici spesse.

Lo schermo è molto più nitido, con una risoluzione di 2560 x 1600 pixel, contro solo 1440 x 900 del modello precedente.

Un’altra interessante funzionalità che è stata introdotta è Touch ID, che rende semplice sbloccare il sistema, effettuare pagamenti sicuri e sostituire le password.

Inoltre, il nuovo MacBook Air è alimentato da un processore Core i5 di ottava generazione, ha 8 GB di RAM e 128 GB di spazio di archiviazione.

Le sole specifiche di base di questo entusiasmante laptop dovrebbero fornire sufficiente potenza per le attività di elaborazione quotidiane.

Apple promette anche 12 ore di durata della batteria durante la navigazione, che noi stessi metteremo alla prova. Ci sono pure due porte Thunderbolt 3.

Tutto fantastico finora, vero? Ma prima di capire quale MacBook acquistare, considera anche il prezzo di partenza del nuovo modello Air è abbastanza alto…parliamo di 1000 euro! 150 in più rispetto al prodotto precedente.

A questo prezzo vorremmo avere almeno 256 GB di spazio di archiviazione, anziché 128 GB. Inoltre, seppur la tastiera a farfalla piatta offre una digitazione veloce e soddisfacente, molti utenti potrebbero desiderare qualcosa di più.

Quale MacBook acquistare? L’originale MacBook Air da 800 euro ca

Se sei orientato a spendere qualcosa in meno, certamente il primo MacBook Air è una scelta da tenere in considerazione, visto che si tratta del notebook più economico della gamma Apple.

Questo prodotto è in grado di regalarti performance di tutto rispetto, come una durata della batteria di circa 10,5 ore, che ne fa uno degli ultraportatili a lunga durata.

Sia questa caratteristica che il prezzo, lo rendono sicuramente una buona opzione per gli studenti, pur se l’ultima versione offre un processore Core i5 leggermente più veloce.

Da apprezzare sono pure la dotazione di porte USB di dimensioni standard ed una slot per schede SD, che permettono di semplificare il trasferimento delle foto dalla fotocamera.

Inoltre, l’originale MacBook Air offre una tastiera tradizionale molto performante che in tanti potrebbero preferire a quella piatta montata sugli ultimi modelli.

Prima di procedere con l’acquisto, però, considera che questo prodotto non stupisce più come una volta, a causa della cornice piuttosto spessa intorno allo schermo.

A ciò si aggiunge anche lo schermo con una risoluzione piuttosto bassa di 1440 x 900 pixel, rispetto alla maggior parte di laptop Windows compresi in questa fascia di prezzo e con schermi Full HD.

Pure il chip Intel di quinta generazione non è il massimo, nonostante Apple abbia aumentato la velocità di clock a 1,8 GHz.

La nuova barra dei MacBook

Quale MacBook acquistare? Il MacBook Pro da 12 pollici è ancora “più portatile”

Andiamo a scoprire anche il nuovo MacBook Pro da 12 pollici, una versione molto sottile e leggera e con un peso di circa 2 Kg.

Sentirai a malapena il peso di questo notebook nel tuo zaino e ti piacerà sapere che ha un display Retina nitido e colorato, con una durata della batteria piuttosto elevata, circa 9,5 ore.

L’ultima versione offre un chip Kaby Lake più veloce, che dona a questo mini computer più energia rispetto al suo predecessore, oltre ad una tastiera migliorata per garantire un maggiore comfort nella battitura.

E adesso esaminiamo gli svantaggi del MacBook Pro, affinchè tu possa valutare quale MacBook acquistare in tutta tranquillità.

Questo laptop ha soltanto una singola porta USB-C, il che significa che non è possibile caricarlo e collegarlo ad un altro dispositivo senza utilizzare un dongle, con un’ulteriore spesa. Inoltre, la porta non supporta Thunderbolt 3 per un trasferimento più veloce e per consentire la connessione di più display 4 K.

La webcam 480p è a bassa risoluzione, pur se va bene per le chat video. Vogliamo parlare del prezzo? Per avere MacBook Pro devi spendere ben 1000 euro, ossia, 80 euro in più rispetto al nuovo Air.

Un costo abbastanza elevato per un notebook con una porta in meno ed un processore più debole, non credi? Ma se la tua priorità è quella di poter viaggiare leggero, allora questo è il prodotto che vale la pena valutare con attenzione.

Uno sguardo al MacBook Pro da 13 pollici e MacBook Pro con Touch Bar

Proseguiamo la carrellata dei nuovi prodotti Apple, dando uno sguardo alle caratteristiche del MacBook Pro da 13 pollici e del MacBook Pro con Touch Bar.

Il primo modello che ti stiamo presentando, racchiude tutta la sua potenza in una struttura sottile e leggera, infatti, pesa solo 3 Kg.

Questo portatile ha lo stesso peso del MacBook Air, ma con un processore Core i5 di settima generazione, molto più veloce e con grafica Intel Iris.

A tutto ciò si aggiunge un display luminoso ed altoparlanti potenti, oltre a due porte Thunderbolt 3 per un trasferimento superveloce. La tastiera a farfalla piatta, inoltre, è scattante durante la digitazione.

Se vogliamo trovare un lato negativo, bisogna dire che su questo modello non è presente la nuova Touch Bar. Il costo è di 1100 euro ca.

MacBook Pro da 13 pollici con Touch Bar

Il nuovo MacBook Pro da 13 pollici con Touch Bar rappresenta il meglio dei multitasker che attualmente si possono trovare sul mercato.

Se sei disposto a spendere 1600 euro ca, ti assicuri un notebook due volte più veloce rispetto al suo predecessore, che possiede una CPU Core i5 di ottava generazione, è quad-core, ha 8 GB di RAM e 256 GB di spazio di archiviazione.

È il massimo che attualmente si possa desiderare nel vasto panorama dei laptop. Pensa che abbiamo effettuato dei test, constatando che è di gran lunga superiore ai modelli Windows sia sul benchmark Geenkbench 4, sia sul benchmark SSD.

Ma non è finita, perché esso offre pure un display True Tone, che regola il colore in base all’illuminazione dell’ambiente ed una tastiera più silenziosa oltre che molto resistente, grazie alla presenza di una membrana sottile posta sotto i copritasti.

Lo schermo muti-touch del MacBook Pro da 13 pollici con Touch Bar fornisce tutti i tipi di pulsanti e controlli e ti offre la possibilità di vedere i pulsanti di modifica nell’App Foto, i pulsanti per le schede aperte in Safari e molto altro ancora.

Questa versione presenta altre due porte Thunderbolt rispetto al modello da 1100 euro ed una grafica Intel Iris più veloce.

Certo è un notebook molto costoso e per questo prezzo ci aspetteremmo almeno di avere 512 GB di spazio di archiviazione, anzichè 256 GB ed una RAM maggiore di 8 GB.

La durata della batteria è accettabile, circa 8 ore e 31 minuti, ma esistono altri ultraportatili che durano più a lungo con una sola carica.

MacBook Pro da 15 pollici per utenti esperti

Ed ecco l’ultimo gioiello di casa Apple, il MacBook Pro da 15 pollici che farà impazzire gli utenti più esperti. Lo si potrebbe definire una vera e propria “bestia” tecnologica per le grandi caratteristiche che lo contraddistinguono.

Questo notebook offre prestazioni fino al 70% più veloci rispetto al suo predecessore, grazie ai nuovi processori Intel a 5 Core di ottava generazione, fino 32 GB di RAM e fino a 4 TB di spazio di archiviazione.

Pensa che su Geekbench 4, questo incredibile MacBook Pro ha ottenuto un punteggio di 23138, battendo Dell XPS 15, HP Spectre x360 e persino una workstation Dell Precision 3530.

Inoltre, la configurazione standard include la potente grafica Radeon Pro 555X e sono presenti quattro porte Thunderbolt 3 per collegare periferiche.

Pure la risoluzione è molto nitida su questa laptop, con 2800 x 1800 pixel ed il display True Tone offre colori realistici in qualsiasi condizione di illuminazione. Tra gli altri vantaggi sono da annoverare un trackpad Force Touch molto grande ed altoparlanti stereo ad alto volume.

La durata della batteria è di 10 ore e 20 minuti, come rilevato da test effettuati con la batteria del Laptop Mag.

Il nuovo MacBook Pro da 15 pollici non è certo esente da qualche pecca, come la mancanza di una slot per inserire una scheda SD. Bisognerà utilizzare un lettore di schede e collegarlo ad una delle quattro porte Thunderbolt 3.

Aggiungiamo che le prestazioni grafiche di AMD Radeon Pro 560X sono veloci, ma non certo le migliori per chi ama fare giochi con questo laptop.

Ultimo lato negativo è il prezzo. Per averlo devi sborsare ben 2100 euro, una cifra un po’ esagerata per avere un notebook con soli 256 GB di spazio di archiviazione e dovendo aggiungere altri 170 euro per arrivare a 512 GB.

Speriamo di averti fornito tante utili informazioni per poter decidere quale MacBook acquistare tra tutti i modelli disponibili.

Google. reCAPTCHA v3 il nuovo modo di fermare i bot

Nell’ultimo decennio, reCAPTCHA ha continuamente evoluto la sua tecnologia. In reCAPTCHA v1, a ogni utente è stato chiesto di superare una sfida leggendo il testo distorto e digitandolo in una casella. Per migliorare sia l’esperienza che la sicurezza degli utenti, Google ha introdotto reCAPTCHA v2 e ha iniziato a utilizzare molti altri segnali per determinare se una richiesta provenisse da un essere umano o da un bot. Ciò ha permesso a reCAPTCHA di passare da un ruolo dominante a un ruolo secondario nel rilevamento degli abusi, lasciando che circa la metà degli utenti passasse con un solo clic. Ora con reCAPTCHA v3, sta cambiando radicalmente il modo in cui i siti possono testare le attività umane o bot restituendo un punteggio per dire quanto sia sospetta un’interazione ed eliminando la necessità di interrompere gli utenti con le sfide.

Rilevamento dei Bot più accurato con “Azioni”

In reCAPTCHA v3, è stato introdotto un nuovo concetto chiamato “Azione”, un tag che è possibile utilizzare per definire i passaggi chiave del percorso dell’utente e consentire a reCAPTCHA di eseguire la propria analisi dei rischi nel contesto. Poiché reCAPTCHA v3 non interrompe gli utenti, è consigliabile aggiungere reCAPTCHA v3 a più pagine. In questo modo, il motore di analisi del rischio adattativo reCAPTCHA può identificare il modello degli aggressori in modo più accurato esaminando le attività su diverse pagine del sito web. Nella console di amministrazione di reCAPTCHA, puoi ottenere una panoramica completa della distribuzione dei punteggi di reCAPTCHA e una suddivisione per le statistiche delle 10 azioni principali sul tuo sito, per aiutarti a identificare quali pagine sono state prese di mira dai bot e in che modo il traffico è sospetto quelle pagine.

Combattere i robot a modo tuo

Un altro grande vantaggio che si ottiene da reCAPTCHA v3 è la flessibilità per prevenire spam e abusi nel modo che meglio si adatta al tuo sito web. In precedenza, il sistema reCAPTCHA ha deciso per lo più quando e quali CAPTCHA devono essere offerti agli utenti, lasciandoti con un’influenza limitata sull’esperienza utente del tuo sito web. Ora, reCAPTCHA v3 ti fornirà un punteggio che ti dice quanto sia sospetta un’interazione. Esistono tre modi potenziali per utilizzare il punteggio. Innanzitutto, è possibile impostare una soglia che determina quando un utente viene lasciato passare o quando è necessario eseguire ulteriori verifiche, ad esempio utilizzando l’autenticazione a due fattori e la verifica telefonica. In secondo luogo, puoi combinare il punteggio con i tuoi segnali a cui reCAPTCHA non può accedere, come i profili utente o le cronologie delle transazioni. Terzo, puoi utilizzare il punteggio reCAPTCHA come uno dei segnali per addestrare il tuo modello di apprendimento automatico per combattere gli abusi. Fornendoti questi nuovi modi per personalizzare le azioni che si verificano per diversi tipi di traffico, questa nuova versione ti consente di proteggere il tuo sito dai bot e migliorare la tua esperienza utente in base alle esigenze specifiche del tuo sito web.
In breve, reCAPTCHA v3 aiuta a proteggere i tuoi siti senza blocco dell’utente e ti dà più potere di decidere cosa fare in situazioni rischiose.

TeckNet PRO Mouse 2.4G recensione. Un piccolo campione

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Il fantastico mouse wireless TeckNet PRO 2.4G è uno dei prodotti migliori in circolazione quando si cerca un mouse piccolo, leggero e potente. Mettendo insieme un bel design, una ottima qualità di costruzione e molte funzioni, il prodotto si piazza davvero bene sul mercato ed è attualmente uno dei mouse più venduti su Amazon.

TeckNet PRO Mouse 2.4G: installazione e compatibilità

Il mouse TeckNet PRO 2.4G è facile da configurare: basta inserire una batteria AA, estrarre il ricevitore che è inserito sul retro in uno slot dedicato, e collegarlo ad una porta USB per iniziare ad utilizzarlo. Il computer potrebbe richiedere alcuni secondi per rilevare il mouse la prima volta che si collega, dopodichè tutto fila liscio.

Tutti questi comandi girano perfettamente su un sistema Microsoft, specialmente su Windows 10, e anche su Linux, mentre i pulsanti extra posizionati sul lato sinistro non funzionano sui dispositivi Mac. Forse è questo l’unico grande difetto del prodotto, e per ovviare al problema è necessario aggiungere un paio di driver appositi da scaricare da internet.

TeckNet ha inoltre fornito al mouse molte nuove tecnologie. Ha la tecnologia TeckNet Tru Wave che fornisce un controllo accurato e intelligente del cursore su diversi tipi di superfici per essere sicuri di avere un controllo fluido e senza lag con il prodotto. Con la sua tecnologia Co-Link TeckNet, è possibile invece associare facilmente il dispositivo ad un altro senza ristabilire la connessione dopo lo spegnimento. TeckNet PRO 2.4G dimostra di funzionare benissimo con tutti i tipi di Notebook, Chromebook, PC, laptop e computer.

Design

TeckNet PRO 2.4G ha un bell’aspetto: il fronte molto lucido, la gomma ai lati e i pulsanti laterali neri o arancioni. Il tutto in una dimensione davvero comoda per le mani, il che rende piacevole l’uso durante la navigazione in Internet, ed è leggerissimo. Sebbene non sia tecnicamente classificato come mouse per videogamer, possiamo dire che ha un aspetto e un design che ricorda subito quello di un mouse da gioco. M0lto accattivante.

Il rumore del “click” è mediamente rumoroso: non dà fastidio ma non è il più silenzioso del mercato. La rotella dello scroll funziona da terzo tasto ed è perfettamente equilibrata, non troppo dura ma nemmeno troppo molle.

I pulsanti e le funzionalità aggiuntive del mouse sono posizionate in modo uniforme e gradevole: oltre alla rotellina, abbiamo un altro pulsante immediatamente sotto, e sul lato sinistro altri due pulsanti pronti all’uso. Di default, il primo pulsante sulla sinistra serve per tornare alla pagina precedente. La reattività è eccellente, e il rischio di schiacciarli per sbaglio è estremamente ridotta, tanto sono ben posizionati.

Performance

Lo abbiamo subito testato per le due cose più importanti: i videogiochi e i movimenti di precisione.

Abbiamo provato a giocare con titoli piuttosto comuni nel mondo dei videogame e abbiamo scoperto che, per il prezzo, questo è davvero un buon mouse sia per i giochi che per l’uso personale. Potremmo comodamente usare il TeckNet PRO 2.4G per tutto il giorno senza stancarci. La velocità è regolabile su tre livelli, a seconda delle nostre esigenze, 2400, 1600 o 1000 DPI, e il controllo è in generale davvero molto buono.

Come su ogni mouse, i pulsanti di questo TeckNet 2.4G possono essere modificati, anche se non abbiamo tutta la gamma dei pulsanti come nei normali mouse da gioco. Ma per esperienza possiamo dire che tre pulsanti sono sufficienti per gestire la maggior parte dei giochi. Naturalmente, non può arrivare alla qualità e alla specializzazione dei mouse Razer: ha un minor numero di opzioni di personalizzazione e la sua precisione non è del tutto all’altezza del Razer. D’altro canto, costa anche l’80% in meno.

Se invece devi lavorare con software grafici, tipo Photoshop, è chiaro che hai bisogno di precisione. E possiamo dire che TeckNet 2.4G è un mouse abbastanza buono per il fotoritocco, non è mai saltato e non si è mai incastrato durante i test. La sensibilità è piuttosto buona, e l’editing delle foto, se non arriviamo a livello ultra professionali, si può considerare soddisfacente.

Compatibilità e qualche difetto

Il TeckNet 2.4G ha infine delle buone sorprese: innanzitutto la versatilità, perchè può essere usato anche su un tablet Android o su una Smart TV. E inoltre ha un ottimo raggio d’azione, in quanto riesce a funzionare fino a poco più di due metri di distanza. Terzo, una durata della batteria incredibile: molti utenti hanno testimoniato su internet di aver usato questo mouse per circa sette mesi e hanno avuto bisogno di cambiare la batteria una sola volta.

Alcuni difetti però, li abbiamo trovati. Oltre alla non compatibilità con il Mac, potrebbe non piacere il coperchio della batteria che è un po’ difficile da aprire mentre per chi ha la mano grossa, il prodotto potrebbe non essere del tutto soddisfacente. Inoltre, ma questo è comprensibile, è un giocattolino delicato: una botta seria o un paio di cadute dalla scrivania e dovrete buttarlo, per cui attenzione, perchè non ci troviamo di fronte ad un carrarmato.

Verdetto finale

TeckNet Pro è un ottimo mouse per chiunque voglia investire in un prodotto ergonomico. È molto indicato per le persone che soffrono costantemente di tensioni al polso e vogliono rimediare. Il mouse è ben costruito e ben congegniato. Nonostante il suo incredibile set di funzionalità, TeckNet Pro non ti costerà quanto gli altri marchi, è confortevole e rende il tuo computer più cool.

Se stai cercando un sostituto per il tuo vecchio mouse, non esitare a fidarti di TeckNet Pro. È un ottimo mouse che puoi usare per giocare o progettare. Può funzionare su quasi tutti i software e dispone di una vasta gamma di specifiche. Potrebbe essere un po’ più piccolo rispetto alla maggior parte dei mouse, ma funziona meglio della maggior parte di loro.

Scheda tecnica

  • Dimensioni del prodotto: 4,1 x 2,6 x 1,6 pollici
  • Peso dell’articolo: 85 grammi
  • Pulsanti: 5
  • Sensore: ottico
  • Tecnologia Tru-Wave
  • TeckNet Tecnologia Co-Link
  • Compatibile con Windows XP, Vista, 7, 8, 8.1, 10, Mac e Linux.
  • Modalità auto-sleep intelligente
  • Lunga durata della batteria fino a 24 mesi
  • Include un indicatore di durata della batteria
  • Include un pulsante Indietro e Avanti
  • Disponibile in diversi colori
  • Include una documentazione per l’utente
  • Funziona con 2 batterie AAA non incluse

Fotocamera Nikon D3400 recensione. Un ottimo punto di partenza

La Nikon D3400 è la migliore reflex digitale entry-level che puoi acquistare in questo momento. Non è perfetta, ma quello che fa, lo fa molto bene. Dotata di un corpo magnificamente compatto, un solido sistema Autofocus, un’enorme durata della batteria e un’ottima qualità dell’immagine, la D3400 è anche incredibilmente facile da usare per i principianti.

La D3400 è l’ultima di una linea di reflex digitali entry-level che aderisce ad un modello senza fronzoli, che privilegia le dimensioni ridotte, il peso leggero e un design semplice, pur mantenendo i vantaggi di un sistema di lenti intercambiabili.

Nikon è riuscita a perdere un po’ di peso rispetto al predecessore D3300, ma ha anche aumentato la durata della batteria e migliorato molte funzioni per renderla una proposta ancora più potente per l’utente inesperto. Ha anche montato la fotocamera insieme ad un obiettivo ridisegnato e un design più snello che posiziona meglio gli interruttori di messa a fuoco e contribuisce alla riduzione delle vibrazioni della mano.

Ma, con una serie di ottimi concorrenti sia nelle categorie DSLR che in quelle mirrorless, la D3400 ha abbastanza forza per farsi amare da un principiante?

Recensione Nikon D3400: le funzioni

La Nikon D3400 sfoggia un sensore di dimensioni di tipo APS-C – come nel caso di tutte le DSLR entry-level, con un numero di pixel di 24,2 MP di tutto rispetto. Non è il massimo ma certamente non ci aspettiamo più di tanto a questo livello, e dobbiamo segnalare anche la mancanza di un filtro ottico low-pass, che potrebbe aiutare la Nikon D3400 a catturare i dettagli più piccoli.

Comunque il sistema funziona su un intervallo di sensibilità ragionevolmente ampio da ISO100 a 25.600, che rappresenta un’espansione importante rispetto alla gamma nativa ISO12,800 del suo predecessore D3300. Ancora una volta troviamo il motore di elaborazione Expeed 4 di Nikon, che consente scatti a raffica a 5 fps e registrazioni video Full HD fino a un impressionante 60p. Anche i comuni Picture Control di Nikon sono a portata di mano, sebbene le immagini possano essere ulteriormente migliorate attivando il Super Vivid, Illustration e la Toy Camera, tutte accessibili tramite il quadrante delle modalità di scatto.

Il sistema Autofocus (AF) a 11 punti della fotocamera presenta un singolo punto a croce nel centro dell’array, con una sensibilità massima fino a -1 EV. È possibile impostare il sistema per mettere a fuoco in modo continuo un soggetto, inclusa la tecnologia di tracciamento 3D di Nikon, e la fotocamera può anche continuare a mettere a fuoco automaticamente in live view e durante la registrazione di video. È possibile appoggiarsi anche alla messa a fuoco manuale, selezionabile tramite il menu e che funziona grazie ad un anello nella parte anteriore dell’obiettivo.

Non che non ci siano proposte migliori, ma le specifiche del mirino e dello schermo LCD sono in linea con ciò che ci aspettiamo a questo livello. Il mirino è basato su una struttura a pentametro e inquadra circa il 95% della scena, mentre il display LCD misura 3 pollici e ha una rispettabile risoluzione di 921.000 punti.

Il Wi-Fi non è stato incluso all’interno del corpo macchina, sebbene la trasmissione di immagini senza fili sia ancora possibile tramite la funzione SnapBridge. Incorporata per la prima volta nella D500, anche la Nikon D3400 utilizza il  Bluetooth Low Energy per trasmettere immagini direttamente ai dispositivi intelligenti, sia durante la cattura che in seguito. Non è possibile in alcun modo controllare le impostazioni di ripresa della videocamera da remoto: un difettuccio, ma perdonabile su un modello di questo livello.

Per aiutare i neofiti a comprendere meglio la propria fotocamera, Nikon ha implementato la sua funzione Modalità guida, che fornisce un’alternativa ai menu principali e consente all’utente di acquisire rapidamente tipi specifici di immagini. C’è anche il familiare pulsante ‘?’  che può essere premuto per avere una spiegazione delle funzioni della fotocamera.

Nikon ha però apportato alcuni “tagli” rispetto alla D3300. Niente porta del microfono sul lato della videocamera, il che significa che sei limitato ai microfoni monoauricolari incorporati, anche se questa non è una perdita così importante se si considera che è rivolta agli utenti principianti. Anche il flash si è indebolito, perchè è passato da GN 12m a 100 ISO a soli 7 metri.

Anche la tecnologia di pulizia dei sensori integrata è più debole: il che significa che devi eseguire un processo più noioso del solito, che richiede di scattare una foto di riferimento, prima di elaborarla con il software Capture NX D incluso e pulire fisicamente l’obiettivo con un tampone o un soffiatore.

Le specifiche principali, in particolare il sensore, il sistema AF e le specifiche video, reggono bene di fronte alla rivale principale della fotocamera, la Canon EOS 1300D, sebbene. Alcuni potrebbero lamentare la mancanza del Wi-Fi integrato e di un touchscreen.

Corpo macchina

La D3400 è progettata per essere piccola e leggera, ma Nikon ha assicurato che c’è abbastanza presa per afferrare bene la fotocamera e sufficiente spazio sul retro per riposare il pollice senza perdere controllo. Con soli 650 g con la batteria, la scheda di memoria e l’obiettivo kit in posizione, D3400 è una delle combinazioni DSLR più leggere, circa 40 g più leggera della Canon EOS 1300D e il suo obiettivo kit 18-55 mm, e circa 200 g più leggera della Pentax K-50 e obiettivo.

Naturalmente, un corpo così piccolo e leggero ha i suoi lati negativi. Ad esempio, montare gli obiettivi più grossi crea una distribuzione del peso sbilanciata, ed è facile sbattere il naso nel selettore del menu sul retro il che può rendere difficile la regolazione del punto di messa a fuoco. La fotocamera manca anche della qualità di costruzione dei suoi fratelli, tipo la D5600.

Tuttavia, ci sono molti aspetti positivi da segnalare. Una morbida gomma attorno all’impugnatura migliora la sensibilità del modello, sensazione amplificata dalla stessa finitura sul poggiapolsi. La ghiera per la selezione delle modalità, è facile da impugnare e ruotare, e i pulsanti sono piuttosto piatti e stabili. Inoltre, è piacevole trovare un pulsante dedicato alla modalità guidata, che sarà senza dubbio utile se si tende a utilizzare le opzioni di scatto a raffica e autoscatto con qualsiasi frequenza.

Autofocus

In linea con molti altri concorrenti, il sistema Multi CAM 1000 AF a 11 punti della fotocamera copre una buona parte del telaio, con i punti disposti in una formazione simile a un diamante. Questa impostazione è sostanzialmente invariata rispetto ai modelli precedenti, sebbene il nuovo obiettivo kit AF-P 18-55mm f / 3.5-5.6G VR sia stato progettato per fornire una messa a fuoco veloce e silenziosa.

È davvero molto silenziosa, con una leggera sbavatura di suono mentre funziona, ma è facilmente mascherata dalla maggior parte dei rumori ambientali. Anche la velocità generale è molto buona, con il sistema che mette a fuoco i soggetti con una prontezza soddisfacente quando si riprende in buona luce. Naturalmente il meccanismo rallenta in condizioni di scarsa luce, sebbene la luce di assistenza AF sia relativamente luminosa e pronta all’uso.

Sebbene solo il punto di autofocus centrale sia di tipo incrociato per avere una maggiore sensibilità, anche i punti immediatamente sopra e sotto risultano più sensibili rispetto agli altri punti circostanti.  Quando è impostata per tracciare un soggetto in movimento, Nikon D3400 è in grado di tenere il passo del soggetto mentre si muove sulla scena, anche se i punti sono posizionati molto più distanti tra loro rispetto alle telecamere con una matrice più densa.

C’è un leggero rallentamento della messa a fuoco in live view, sebbene un confronto con un obiettivo Nikkor di dimensioni simili con un motore SWM mostri che la nuova versione AF-P sia più veloce e più silenziosa. In buona luce riesce comunque a trovare il soggetto senza troppe esitazioni, anche se ci sono occasioni in condizioni di luce scarsa in cui il sistema non riusciva a trovare la messa a fuoco. Tuttavia, con un po’ di pratica e l’uso di un treppiede, si risolve tutto.

Prestazioni

Siamo stati contenti di vedere che la Nikon D3400 tende a non sovraesporre di fronte a un soggetto prevalentemente scuro, anche se, come nel caso di molte reflex digitali, sembra andare leggermente in sottoesposizione di fronte alle aree più luminose. Tuttavia, il pulsante di compensazione dell’esposizione dedicato in combinazione con la ghiera di comando posteriore, migliora all’istante il risultato.

Le prestazioni del bilanciamento del bianco della fotocamera sono altrettanto buone, solo qualche errore qua e la. Nikon D3400 ha fatto meglio del previsto con l’illuminazione artificiale, perdendo solamente un pochino di tono sui colori caldi, anche se le prestazioni in condizioni miste / naturali miste, tradizionalmente difficili, sono state encomiabili.

La D3400, tuttavia, non brilla certo per la fotografia in movimento, dato che è capace di scattare con un modesto 5fps. È probabile che questa performance sia adeguata nella maggior parte delle situazioni di ripresa, ma chi desidera catturare movimenti prolungati può trovare qualche difficoltà.

Il mirino della fotocamera ha una resa della scena piacevolmente chiara, accurata dal punto di vista cromatico e abbastanza luminosa, mentre il display LCD sottostante è fisso e non sensibile al tatto. Non sono caratteristiche che possiamo aspettarci come standard su una DSLR entry-level (anche se qualche rivale le offre), ma la cosa fondamentale è che Nikon D3400 può riprodurre fedelmente la scena e mostrare chiaramente i dettagli, e con 921.000 punti fa un buon lavoro sia in condizioni bilanciate che in interni.

Il trasferimento delle immagini wireless avviene tramite il sistema SnapBridge, tramite il Bluetooth della fotocamera, per il quale è necessaria l’omonima app dedicata di Nikon. Questa novità non è stata molto gradita quando è stata introdotta all’inizio dell’anno, e la connessione non funziona ad esempio con un iPhone 6, nonostante entrambi i dispositivi si riconoscessero l’un l’altro.

La fotocamera non regge la registrazione di video 4K, e si limita invece al Full HD, sebbene siano possibili buoni risultati. Il controllo manuale sull’esposizione può essere abilitato tramite un piccolo avvolgibile, ma non si fa in tempo a regolarlo se si riprendono soggetti veloci.

Una caratteristica che merita elogi è la durata della batteria. Con una carica completa, la fotocamera aveva ancora tre barre complete dopo due giorni di test. La durata è un problema per molte fotocamere compatte, le cui piccole batterie devono spesso alimentare sia lo schermo LCD che i mirini elettronici. La batteria della D3400 è molto più potente della maggior parte delle altre batterie DSLR (sicuramente in questa classe). Questo dà alla D3400  un enorme vantaggio rispetto ad altri modelli.

Un piccolo difetto è che quando tentiamo di utilizzare una modalità impossibile da attivare date le impostazioni, esce fuori un messaggio: “Questa opzione non è disponibile con le impostazioni correnti o nello stato attuale della fotocamera’: il problema è che l’errore non spiega esattamente il motivo per cui non si può procedere, e questo può costringere il neofita a doversi scartabellare il libretto di istruzioni.

Qualità dell’immagine

Anche senza il filtro low-pass di fronte al sensore, è possibile registrare un livello di dettaglio molto buono nelle immagini, in particolare se si utilizza un obiettivo principale di alta qualità, una macro ottica o uno degli zoom di Nikon. Una cosa che riduce la qualità dell’immagine è lo standard dell’obiettivo per kit VR da 18-55 mm, in particolare per i grandangolari e i teleobiettivi.

A diaframmi più ampi, le immagini sono alquanto morbide, in particolare negli angoli e ai bordi del fotogramma, anche se, se utilizzate in una lunghezza focale intermedia, è possibile ottenere una buona nitidezza al centro dell’inquadratura. Come con molti kit di obiettivi simili, l’aberrazione cromatica laterale e la distorsione curvilinea escono fuori nei file Raw, ma entrambi sono corretti e automaticamente gestiti in JPEG.

Una cosa di cui beneficiano molto le immagini durante l’elaborazione è la gamma dinamica della fotocamera. Alcune immagini sottoesposte fino a circa 3-3.5 EV si riescono comunque ad aggiustare (a seconda della ISO) senza che l’immagini si disturbi. La leggera tendenza della fotocamera alla sottoesposizione quando si ha a che fare con aree luminose porta a perdere un po’ di dettagli, sebbene molte aree possano essere aggiustate in fase di post-produzione.

Ad alte ISO, le immagini catturate fino a circa 800 sono ancora ben colorate e senza rumore, sebbene diventino più difficile da elaborare oltre questa soglia. E’ un peccato che non ci sia alcun controllo sulla riduzione del rumore ad alta sensibilità oltre l’on-off, in quanto alcuni potrebbero preferire regolarlo a mano. Fortunatamente, l’efficace sistema VR all’interno dell’obiettivo non ci obbliga a fare ricorso a opzioni più alte quando i livelli di luce diminuiscono.

Le opzioni di controllo immagine di Nikon offrono una gamma ragionevole di opzioni di colore, ed è bello vedere l’opzione Flat ora notevolmente migliorata. E’ una funzione che può essere usata durante la registrazione di video: si parte da una immagine iniziale per poter migliorare le regolazioni e poi si comincia a registrare.

In caso contrario, la modalità Standard è adatta per le riprese di tutti i giorni, senza saturare i colori in modo innaturale e con una buona brillantezza. La modalità Vivid è una scelta perfetta per i fiori e il fogliame e dà ai colori il giusto effetto, e tutti i livelli possono essere regolati in modo abbastanza completo per quanto riguarda il contrasto, la saturazione, la luminosità e così via.

Giudizio finale

La Nikon D3400 è un ottimo prodotto e una fotocamera più che sufficiente per la maggior parte delle persone che si avventura nel settore DSLR. Il suo corpo macchina è piccolo e leggero e le sue specifiche, benché simili a quelle del suo predecessore, sono assolutamente decenti per un modello della sua classe. Anche la qualità di immagini e video è più che soddisfacente e, con l’ulteriore vantaggio dell’elaborazione raw in-camera, è possibile anche “lucidare” le tue creazioni in modo rapido e semplice per l’uso immediato.

Come da tradizione per le Nikon DSLR, la qualità degli obiettivi Nikkor è un altro grande vantaggio. Inoltre, il sensore ottico consente di sfruttare al meglio tutta la strumentazione.

Da non trascurare anche il vantaggio della durata della batteria (soprattutto se confrontata con i rivali) che porta il prodotto ad essere perfetto ad esempio in vacanza, dove è difficile trovare un alimentatore quando serve. Assolutamente geniale per una reflex digitale entry-level, la modalità Guida integrata e i controlli davvero semplici che rendono la D3400 incredibilmente facile da usare.

Anche se inizialmente la macchina era costosa, i prezzi sono diminuiti sensibilmente per rendere la D3400 una proposta molto più allettante. Se stai cercando una DSLR facile da usare con un enorme gamma di obiettivi e accessori a tua disposizione, la Nikon D3400 è un ottimo punto di partenza.

Canon EOS 4000D recensione. Una reflex troppo al risparmio

La Canon EOS 4000D è l’ultima DSLR entry level di Canon, e anche se la sigla potrebbe suggerire diversamente, si colloca al di sotto della nuovissima EOS 2000D della gamma Canon.

Canon spera che il prezzo aggressivo della EOS 4000D piaccia ai nuovi utenti che si sono appassionati alla fotografia tramite i loro smartphone e ora sono pronti a fare il passo successivo. Tuttavia, questi nuovi amanti delle foto si sono abituati a schermi touchscreen grandi e intuitivi, strumenti che Canon non ha ritenuto opportuno includere nella EOS 4000D: e questi utenti si sentiranno di aver fatto un passo indietro piuttosto che in avanti?

Canon EOS 4000D recensione: Funzioni

Canon EOS 4000D monta un sensore da 18 MP le cui origini risalgono alla EOS 550D, rilasciata nel 2010. Per cui l’ultimo ritrovato tecnologico certamente non è.

Storia simile con il processore di immagine DIGIC 4+ utilizzato nella EOS 4000D e EOS 2000D. Siamo di fronte all’ottava volta che Canon monta un processore DIGIC, anche se le reflex digitali EOS più recenti utilizzano i chip DIGIC 7. La sensibilità nativa rimane la stessa a ISO100-6,400, espandibile fino a 12,800.

Anche il sistema di messa a fuoco automatica è piuttosto datato: è il modesto sistema a 9 punti che è presente nell’arsenale di Canon dal 2009. E mentre ogni DSLR negli ultimi cinque anni aveva un display posteriore da 3,0 pollici, Canon ha ridotto il display LCD su EOS 4000D fino a 2,7 pollici, e anche la risoluzione è minore, fino a 230k punti. E non osiamo pensare nemmeno al controllo del touchscreen.

Il mirino ottico offre una copertura del 95%, che è piuttosto tipica su una reflex digitale entry-level,  quindi vale la pena prestare particolare attenzione ai bordi del frame quando scattiamo le immagini, in quanto c’è la possibilità che tu possa trovare elementi indesiderati che si insinuano. C’è la connettività Wi-Fi, ma nessuna opzione NFC o Bluetooth, mentre il video è limitato in Full HD (1920 x 1080), con frame rate da 30, 25 e 24 fps.

Corpo macchina

EOS 4000D sembra molto simile alla EOS 2000D, ma ad un esame più attento ci sono alcune differenze.

C’è un rivestimento ruvido sull’impugnatura anteriore, ma Canon ha eliminato il poggia-pollice posteriore, e il supporto dell’obiettivo è in plastica, piuttosto che in metallo più resistente di EOS 2000D; se non cambierai spesso le lenti potrebbe non essere un problema, ma se modifichi regolarmente l’ottica devi tenerne conto, in quanto la plastica è più suscettibile di usura.

Queste scelte progettuali apportano un leggero risparmio di peso rispetto a EOS 2000D, e rendono EOS 4000D molto comoda.

Inoltre, EOS 4000D ha tolto l’interruttore on / off dedicato:  ora è presente un’impostazione “off” fra le opzioni presenti nella parte superiore della fotocamera. Parlando delle modalità di scatto, la “Scene Intelligent Auto”, che prima era etichettata in verde è ora dello stesso colore di tutte le altre impostazioni, consentendo a Canon di ridurre ulteriormente i costi. Sulla stessa linea, le icone per i controlli sono direttamente stampate sul corpo macchina, anziché su singoli pulsanti separati.

Detto questo, la configurazione dei pulsanti è di facile comprensione ed è perfetta per il principiante, mentre il pulsante ‘Q’ (abbreviazione per Menu rapido) consente di accedere rapidamente e regolare le impostazioni utilizzate più di frequente. Così come ci siamo lamentati con la EOS 2000D, anche nella 4000D l’assenza dell’interfaccia grafica di Canon, è deludente.

Tutto sommato non è quello che ci aspettiamo da una reflex digitale nel 2018. La riduzione delle dimensioni dello schermo fino a 2,7 pollici, insieme alla riduzione della risoluzione, ti fa sembrare di tornare indietro nel tempo di circa cinque anni.

Autofocus

Canon EOS 4000D utilizza un sistema AF che ha circa 10 anni, e sicuramente il sistema a 9 punti è  davvero datato. La copertura è fondamentalmente limitata al centro del fotogramma, con i punti di focus distribuiti a diamante, quindi preparatevi a rifocalizzare il soggetto se si sposta dal centro.

Per quanto riguarda le prestazioni, con un singolo (e più sensibile) sensore a croce al centro, il sistema andrà bene per le riprese generiche con soggetti statici, ma potrebbe avere difficoltà quando i livelli di luce diminuiscono o quando i soggetti si muovono.

La brillante tecnologia Canon CMOS Dual Pixel ha sempre impressionato, consentendo velocità di messa a fuoco elevate in modalità Live View (utilizzando lo schermo posteriore anziché il mirino); questo è un problema con cui molte DSLR rivali hanno difficoltà, quindi è deludente non vederlo sulla EOS 4000D.

Prestazioni

Le reflex digitali entry-level potrebbero non essere rinomate per le loro velocità di scatto ripetuto, ma pur tenendo conto di questo, il 3fps della Canon EOS 4000D la rende una delle fotocamere più lente, insieme ad EOS 2000D.

La misurazione delle profondità della EOS 4000D è gestita da un sensore a doppio strato a 63 zone, collegato a tutti i punti AF, che abbiamo trovato abbastanza coerente per la maggior parte delle situazioni, anche se tendeva a sovraesporre la scena in presenza di illuminazione con forte contrasto.

Un’altra perplessità riguardo al display posteriore da 2,7 pollici è il rapporto a 4:3, in contrasto con il formato del sensore 3:2 della fotocamera, per cui si formeranno delle barre nere lungo la parte superiore e inferiore del fotogramma quando utilizzi il dispositivo dal vivo per visualizzare o rivedere le immagini.

La EOS 4000D presenta uno schermo più piccolo e un sensore con una risoluzione più bassa rispetto alla 2000D, che ci aspettiamo significhi un consumo energetico ridotto, EOS 4000D ha infatti una durata della batteria a 500 scatti. Non è niente di straordinario, ma si comporta ancora bene rispetto alle fotocamere dai prezzi simili, che in alcuni casi possono faticare a raggiungere anche la metà di questo risultato.

Qualità dell’immagine

Il sensore da 18MP dimostra la sua età, ma coloro che cercano di fare il salto di qualità da uno smartphone o una fotocamera compatta verso una vera reflex, saranno ricompensati con immagini decenti che mostrano una buona quantità di dettagli. L’EOS 4000D non è certamente la migliore della sua categoria, ma è comunque un prodotto soddisfacente.

Le immagini JPEG mostrano un buon livello di calore e saturazione verificabili direttamente nel display della fotocamera, mentre gli Stili immagine di Canon sono disponibili anche se desideri modificare i toni; i ritratti, ad esempio, trarranno beneficio dai toni più attenuati del preset disponibile.

Il disturbo delle immagini viene gestito abbastanza bene, anche se in questo caso Canon EOS 4000D non può gareggiare con i modelli più recenti. Detto questo, le immagini sembrano essere abbastanza pulite da ISO100 a 1600, anche se in JPEG noterai un leggero ammorbidimento dei dettagli a impostazioni più alte, dato che la fotocamera tenta di eliminare il disturbo. I file raw sono un po’ migliori, con il disturbo di luminosità (granulosità) e di colore (dominanza di un tono) che vengono tenuti efficacemente sotto controllo a ISO6400.

Per la gamma dinamica, possiamo usare i filtri per  recuperare i dettagli persi, ma le modifiche non possono essere esagerate, pena una rapida diminuzione della qualità dell’immagine.

Giudizio finale

La Canon EOS 4000D sembra davvero una fotocamera progettata e costruita secondo un budget piuttosto limitato.

Dato che la maggior parte della fotocamera è composta da componenti di scarto delle Canon DSLRS, non possiamo raccomandare a gran voce il prodotto, a parte forse il prezzo.

Con l’obiettivo EF-S 18-55mm, Canon EOS 4000D è una delle reflex digitali più economiche che puoi acquistare in questo momento. Tuttavia, dato che questo prezzo basso è progettato per tentare i nuovi utenti, la nostra preoccupazione è che il set di funzionalità limitate e lo schermo debole li vedranno tornare rapidamente allo smartphone. Insomma, risparmia qualche mese, ma se vuoi una reflex entry level, ti conviene spendere un po’ di più e puntare a qualcosa come una Canon EOS 2000D o una Nikon D3400.

Google WiFi recensione. Router Mesh facilissimo, potente quanto basta

Google WiFi è il futuro. Nel 2018, i router wireless tradizionali e gli estensori di segnale si stanno estinguendo, grazie a dispositivi come Samsung Connect Home ed Eero Home Wifi. I router wireless mesh sono ormai il futuro del networking. Non dovrebbe quindi sorprendere il fatto che Google voglia entrare in azione, creando il proprio router mesh wireless con Google Wifi.

Gli sforzi di Google sono stati ripagati e Google Wifi non è solo il miglior router wireless mesh, ma potrebbe essere il miglior router wireless sull’intero mercato. Con Google Wifi, il colosso tecnologico ha creato un sistema mesh che non solo ha più unità rispetto alla concorrenza, ma costa meno di dispositivi come Netgear Orbi. Il tutto viene completato con una semplice configurazione e gestione della rete tramite un’app per smartphone.

Google Wifi recensione: Design e installazione super semplice

Google non ha solo un vantaggio in termini di prezzo, ma ha anche le migliori unità Wifi e la configurazione più semplice di qualsiasi prodotto. Ogni unità Google Wifi è un piccolo cilindro senza pretese con una semplice striscia LED al centro.

Ciò significa che ognuna delle tre unità Google Wifi può funzionare come il “router” principale del sistema, mentre le altre possono diffondere Internet via cavo (che viene trasmesso all’unità in modalità wireless) con le porte Ethernet incluse e Internet wireless . Tutte e tre le unità sono alimentate tramite USB-C.

L’installazione è semplice utilizzando un’applicazione iOS o Android gratuita per supervisionare il processo. L’app Google Wifi configura la tua rete Wi-Fi eseguendo prima la scansione del codice QR sui punti Wifi collegati per verificare il tuo modem e l’alimentazione. In seguito, l’app ti invita a nominare la tua rete e impostare una password, quindi abbina i punti Wifi e li etichetta nell’app come riferimento. Ancora una volta, il “router” impiega alcuni secondi per riconoscere i punti Wifi e per iniziare la trasmissione.

Non avrai la stessa personalizzazione e controllo di Netgear Orbi ma Google Wifi gestisce automaticamente ogni operazione in background.

Tuttavia, l’app offre molte altre utili funzioni, come il monitoraggio costante della tua rete, la localizzazione dei suoi punti e i dispositivi collegati. L’app include un test di velocità internet simile a quello di Ookla, un test che misura lo stato delle connessioni dei tuoi nodi e un test Wi-Fi che misura la forza della tua connessione all’interno della rete.

Puoi anche assegnare priorità alla larghezza di banda ad un dispositivo per un certo periodo di tempo, controllare i dispositivi di casa intelligente e mettere in pausa l’accesso a Internet a determinati dispositivi in un ambiente familiare, tutto da questa app.

E ora Google ha ampliato la funzionalità Network Check di Google Wi-Fi per testare più dispositivi, in modo da poter individuare potenziali colli di bottiglia nella rete e riorganizzare i punti di accesso di Google Wifi al fine di ottimizzare le prestazioni.

Di gran lunga, questa è la suite di controllo più completa ed elegante che abbiamo visto finora in un sistema mesh Wi-Fi.

Google Wifi: Prestazioni di tutto rispetto

In termini di funzionalità wireless, Google Wifi non sembra tanto impressionante quanto i suoi principali concorrenti. Nei casi in cui le unità Wi-Fi  sono router tri-band e 4×4 stream, offrono una velocità di connessione fino a 1.733 Mbit / sec su ogni rete a 5GHz, e i dispositivi di Google sono unità dual stream 2×2 dual-band, in grado di connettersi fino a 1.200 Mbit / sec su una singola banda da 5 GHz.

Ciascun nodo Google Wifi presenta anche una coppia di porte Gigabit Ethernet integrate in una cavità nella base per il collegamento alla rete esistente o il collegamento di dispositivi cablati, una soluzione certamente migliore che avere una singola porta. L’alimentazione è garantita da un adattatore di alimentazione USB Type-C e ogni unità è dotata di un LED che può essere attivato o disattivato.

Google Wifi scaricherà gli aggiornamenti del firmware e li installerà automaticamente. Inoltre, non è necessario continuare a controllare l’ambiente di rete circostante, dal momento che Google Wifi è progettato per adattarsi automaticamente. Lo fa utilizzando una “radio di rilevamento” dedicata per scansionare l’ambiente wireless circostante, individuare quali canali sono meno congestionati e saltare da uno all’altro per mantenere un segnale costantemente forte.

Google Wifi utilizza anche l’apprendimento automatico nel cloud per migliorare le prestazioni nel tempo. Inviando ai server di Google informazioni criptate sui vari segnali wireless, congestione e interferenze nell’area locale, viene calcolata una gestione dei segnali che viene inviata al sistema. In questo modo, Google Wifi è in grado di cambiare in modo proattivo i canali in base all’ora del giorno e al giorno della settimana.

È abbastanza intelligente, ma Google Wifi è anche un sistema di rete mesh e utilizza una serie di altri trucchi all’interno della casa per garantire che i tuoi dispositivi mantengano un forte segnale di rete. Ad esempio, viene integrata una tecnologia per far passare i dispositivi dalle reti a 5 GHz a 2,4 GHz senza interruzioni, a seconda della potenza del segnale.

Forse la caratteristica più importante, però, è ciò che Google chiama “client steering“. Questa tecnologia viene utilizzata per garantire che ciascun dispositivo sia connesso al nodo con il segnale più forte. In effetti, lo steering consente a Google Wifi di “disconnettere” delicatamente un dispositivo da un nodo per portarlo a riconnettersi ad un altro con un segnale più forte.

Normalmente, i dispositivi tendono a mantenere il segnale finché non diventa così debole da doverlo disconnettere, e a volte è lo stesso utente che lo fa spegnendo e riaccendendo il Wi-Fi, cosa che ora viene fatta da Google in maniera indolore. E’ una caratteristica davvero importante, ed è quella che sembra funzionare meglio. Ogni volta che ci si sposta da un’area all’altra dove c’è una grande differenza nella potenza del segnale tra i nodi, Google Wifi si collega sempre al nodo più vicino.

Google Wifi: il test per metterlo alla prova

Di solito le prestazioni non sono un problema con i dispositivi di rete mesh. Finché hai abbastanza nodi per coprire la tua casa, dovresti essere in grado di ottenere un segnale sufficientemente forte da fornire streaming 4K ovunque e per “nutrire” tutti i tuoi dispositivi.

Non tutti i sistemi mesh sono uguali, tuttavia, e la forza di ogni singolo dispositivo determina quanti nodi sono necessari per coprire una data area.

Abbiamo testato una serie di alternative negli ultimi mesi, e Google Wifi è in grado di fornire wireless solido in una casa di tre piani e in ogni stanza. È abbastanza forte da consentire l’accesso alla connessione Sky Broadband a 38 Mb / sec nello studio, in tutte le camere da letto, nel salotto e nella cucina.

Non è il sistema mesh più veloce che abbiamo provato, ma non è niente male. Testato a distanza ravvicinata, la migliore velocità di download che Google Wifi può fornire dal nostro server iperf 3 era 73MB / sec. Il che è più veloce di quello che eravamo in grado di raggiungere con il Linksys Velop, ma più lento del BT Wi-Fi di tutta la casa, che forniva 89MB / sec.

Abbiamo spostato il nostro portatile di prova – un MacBook Pro da 15 pollici dotato di un adattatore Broadcom 3×3 – fino al punto più difficile della casa, ovvero la cucina, con in mezzo una parete esterna e un frigorifero piuttosto grande. Qui, Google Wifi ha generato velocità elevate e stabili.

 

 

Inizialmente, il portatile voleva connettersi a 2.4GHz a 10MB / sec ma una volta disconnesso e ricollegato, è stato collegato tramite 5 GHz e la velocità del download è salita a 27 MB / sec. Un risultato abbastanza buono dato che i suoi due principali rivali sono entrambi dispositivi triband, che sulla carta hanno un vantaggio significativo.

Abbiamo provato un singolo nodo Google Wifi a lungo raggio e sebbene fornisse un segnale utilizzabile in cucina – qualcosa che alcuni router non riescono a fare – raggiungeva una velocità di download di soli 5 MB / sec. E questa prestazione non è paragonabile a BT Smart Hub (14 MB / sec) e Sky Q Hub (13 MB / sec).

Google WiFi supporta anche la una consueta configurazione Sky Q, che consente di scaricare fino a 16 MB / sec.

Google Wifi: è l’app la chiave della semplicità

A differenza della maggior parte dei router e dei sistemi wireless, non c’è modo di amministrare Google WiFi tramite un browser; devi farlo usando l’app. Fortunatamente, è abbastanza buona e ti offre molte funzioni utili e accessibili, oltre a un sacco di possibilità più avanzate per gli esperti.

La prima cosa che segnaliamo è il controllo genitori, soprannominato Family Wi-Fi, che è stato recentemente aggiornato. E’ magnifico. Oltre a consentire all’utente di bloccare manualmente i singoli dispositivi, è anche possibile applicare un blocco pianificato a ciascuno o persino a gruppi di dispositivi (una tecnica che Google chiama “etichettatura”). Questo rende molto più facile applicare orari diversi per ciascuno dei figli.

L’app contiene una serie di strumenti per il monitoraggio della rete, in modo da poter tenere d’occhio il modo in cui il sistema sta funzionando. Il tutto è diviso in tre sezioni, con test di velocità per la tua connessione internet, il mesh tra i nodi e le connessioni del dispositivo.

Scavando più in profondità troveremo funzionalità più avanzate. È possibile impostare una rete ospite, ad esempio, con restrizioni maggiori, garantendo inoltre l’accesso a determinati dispositivi, come il Chromecast e gli altoparlanti wireless. In poche parole, l’app Google Wifi è geniale. Ecco come dovrebbe essere il Wi-Fi: facile da trovare e accedere, ma potente allo stesso tempo.

Cosa ci è piaciuto e cosa no

Google Wifi è incredibilmente facile da configurare e gestire giorno per giorno nonostante la mancanza di un controllo più preciso. Il fatto che il sistema includa tre unità ad un prezzo minore di alcuni concorrenti che di norma ne vendono due è un enorme vantaggio. Infine, queste unità hanno un aspetto migliore in termini di design rispetto a sistemi come Netgear Orbi e sono molto più facili da integrare nell’arredamento.

Anche se non c’è molto da lamentarsi riguardo a Google Wifi, alcuni potrebbero preferire un controllo più preciso sulle impostazioni Wi-Fi, come controllare quali bande sono trasmesse e quando. Inoltre, poiché utilizza la tecnologia AC1200, Google Wifi non è in grado di eseguire AC3000 e nemmeno AC2200 che invece Netgear Orbi e Linksys Velop fanno comodamente, per cui questi ultimi due sono più adatti se desideri connessioni ultraveloci.

Verdetto finale

Google Wifi non è progettato per essere utilizzato come router autonomo; è stato progettato prima di tutto come sistema a maglie, ed è davvero ottimo. È incredibilmente facile da gestire e configurare. La sua app è brillante, fornendo la giusta quantità di equilibrio tra facilità d’uso e controllo sulle funzionalità avanzate.

E sebbene non sia il sistema Wi-Fi mesh più veloce che abbiamo testato, o particolarmente economico rispetto ai router standalone, Google Wifi ha un prezzo competitivo nel suo particolare settore. È molto più economico rispetto al Linksys Velop, che costa di più per un pacchetto doppio; meno costoso del sistema Orbi di Netgear, per un sistema con due nodi.

Se hai problemi con il Wi-Fi a casa, vale la pena dare a Google Wifi una possibilità. Ha molto più senso che spendere su un unico router potente, ed è più elegante, più veloce e più facile da amministrare che aggiungere ripetitori alla tua rete.

In poche parole, Google Wifi rende la connessione wireless ad alte prestazioni facile e accessibile.

Scheda tecnica

Connettività Wireless: IEEE 802.11a/b/g/n/ac, AC1200 2×2 Wave 2 Wi-Fi (Mesh espandibile; dual-band 2.4GHz e 5GHz, TX beamforming); Bluetooth Smart

Processore: Quad-core ARM CPU (ogni core arriva a 710MHz)

Memoria: 512MB RAM

Storage: 4GB eMMC flash

Beamforming: Implicito ed Esplicito per bande da 2.4 & 5GHz

Porte: 2 porte Gigabit Ethernet  per nodo Wifi (1 WAN e 1 LAN)

Dimensioni: 106.1 x 68.7mm ciascuno

Peso: 340g ciascuno