La fine di un’epoca: il PCUS cede il potere

Nel febbraio del 1990, il Comitato Centrale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica accettò di rinunciare al suo monopolio politico, aprendo la strada alla dissoluzione dell’URSS.

Nel 1990, l’Unione Sovietica era in piena crisi. La riforma economica e politica avviata da Michail Gorbačëv, chiamata perestrojka, introdotta nel 1985, mirava a riformare l’economia sovietica attraverso la liberalizzazione e l’introduzione di elementi di economia di mercato, oltre a tentare di modernizzare le strutture politiche. Tuttavia, queste riforme non avevano portato i risultati sperati, ma anzi avevano aggravato i problemi di scarsità, inflazione, corruzione e burocrazia, creando malcontento tra la popolazione e all’interno del partito.

Parallelamente, la riforma della libertà di espressione e informazione, chiamata glasnost’, aveva scatenato le proteste e le rivendicazioni di molte repubbliche sovietiche, che chiedevano maggiore autonomia o addirittura l’indipendenza dal controllo centrale di Mosca. La glasnost’ aveva anche portato alla luce i crimini e gli errori del regime sovietico, minando ulteriormente la legittimità del PCUS.

Il sistema politico sovietico, basato sul ruolo egemone del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS), era sempre più contestato e delegittimato. La crisi economica, insieme alla guerra in Afghanistan e alle pressioni internazionali, in particolare dagli Stati Uniti durante la presidenza di Ronald Reagan, contribuì a esacerbare la situazione, mettendo in dubbio la sostenibilità del modello sovietico.

Il 7 febbraio 1990, il Comitato Centrale del PCUS, l’organo supremo del partito, si riunì per discutere della situazione e delle possibili soluzioni. Dopo un lungo e acceso dibattito, il Comitato Centrale approvò una storica risoluzione, in cui accettava di cedere il suo monopolio del potere, cioè la sua esclusiva capacità di decidere le politiche e le leggi dello Stato.

La risoluzione prevedeva anche la separazione tra il partito e lo Stato, la creazione di un sistema multipartitico, la garanzia dei diritti umani e civili, e il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione delle repubbliche. Questa decisione fu una concessione alle richieste di democratizzazione e di maggiore autonomia delle repubbliche, ma fu anche un segno della debolezza e della crisi del partito e del sistema sovietico.

La risoluzione del Comitato Centrale del PCUS fu accolta con favore da molti cittadini sovietici, che speravano in una maggiore libertà e prosperità, ma anche con preoccupazione da altri, che temevano il caos e la disgregazione. Infatti, nei mesi successivi, la situazione si fece sempre più instabile e conflittuale. Molte repubbliche dichiararono la loro indipendenza dall’URSS, e alcune entrarono in guerra tra loro o con le forze federali. Il colpo di stato di agosto 1991, tentato da alcuni membri dell’establishment sovietico per ripristinare l’ordine, fallì ma accelerò ulteriormente il processo di dissoluzione.

Nel dicembre 1991, l’Unione Sovietica cessò di esistere, sostituita dalla Comunità degli Stati Indipendenti (CSI), una confederazione di ex repubbliche sovietiche. Il PCUS si sciolse, e Gorbačëv si dimise dalla carica di presidente dell’URSS il 25 dicembre 1991, segnando ufficialmente la fine dell’Unione Sovietica.

La fine del monopolio del PCUS e il collasso dell’URSS furono eventi che cambiarono radicalmente la storia e la geografia politica del mondo, ponendo fine alla Guerra Fredda e inaugurando un’era di nuove sfide e opportunità internazionali.

Cos’è stata la perestrojka

La perestrojka, che in russo significa “ristrutturazione”, fu un programma di riforme economiche e sociali avviato in Unione Sovietica dal Segretario Generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica (PCUS), Michail Gorbačëv, a partire dal 1985. Queste riforme miravano a superare la stagnazione economica del paese e a modernizzare la sua struttura sociale e politica, nel contesto di una crescente crisi interna e di tensioni nel blocco sovietico. La perestrojka rappresentò un tentativo radicale di trasformare il sistema economico centralizzato, basato sulla pianificazione statale, verso un modello più flessibile e aperto, che includesse elementi di mercato e di autonomia per le imprese.

Obiettivi della Perestrojka

Gorbačëv perseguì diversi obiettivi principali con la perestrojka:

  1. Riforma Economica: L’obiettivo era trasformare l’economia sovietica da un sistema completamente pianificato e centralizzato a uno più orientato al mercato, con maggiore spazio per l’iniziativa privata e la concorrenza. Ciò includeva la legalizzazione di piccole imprese private, la riduzione del controllo statale sull’economia, e l’introduzione di meccanismi di mercato all’interno del settore statale.
  2. Efficienza e Innovazione: Stimolare l’efficienza produttiva e l’innovazione tecnologica attraverso la decentralizzazione e l’autogestione delle imprese, al fine di migliorare la qualità e la competitività dei prodotti sovietici sul mercato mondiale.
  3. Trasparenza e Apertura (Glasnost’): Accanto alla perestrojka, Gorbačëv introdusse la politica della glasnost’, che significa “trasparenza” o “apertura”. Questa politica mirava a incrementare la libertà di espressione e l’accesso alle informazioni, riducendo la censura e permettendo una maggiore critica del governo e del PCUS. La glasnost’ e la perestrojka erano interconnesse, con l’obiettivo di creare un clima di apertura per supportare le riforme economiche e politiche.
  4. Riforma Politica: Modernizzare il sistema politico sovietico, aumentando la democrazia interna all’interno del PCUS e lo stato, e creando nuove forme di partecipazione politica per i cittadini. Ciò includeva l’introduzione di elezioni competitive per alcune cariche pubbliche e la riduzione del ruolo del partito nella gestione diretta dello stato.

Consequenze della Perestrojka

Le riforme della perestrojka ebbero impatti profondi e spesso non intenzionali sull’Unione Sovietica:

  • Crisi Economica: Le riforme economiche non portarono immediatamente ai miglioramenti sperati. Al contrario, causarono spesso disordini e difficoltà, come inflazione, disoccupazione, e una drastica riduzione del livello di vita per molti cittadini sovietici.
  • Crescita del Nazionalismo e Richieste di Autonomia: La maggiore apertura politica e la riduzione del controllo centrale stimolarono il nazionalismo e le richieste di maggiore autonomia o indipendenza da parte di varie repubbliche sovietiche.
  • Fine dell’URSS: Le tensioni accumulate e l’incapacità di gestire efficacemente la transizione economica e politica contribuirono alla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991. La perestrojka, pur essendo stata avviata con l’intento di salvare l’URSS, finì per accelerarne la fine.

La perestrojka fu un tentativo coraggioso ma controverso di riformare l’Unione Sovietica dall’interno. Sebbene mirasse a rinvigorire l’economia e a liberalizzare la società, le sue conseguenze furono complesse e ambivalenti, portando infine al collasso del sistema sovietico che aveva cercato di salvare.