Diffamazione online. Cos’è, come funziona, cosa si rischia

La diffamazione online è un tema particolarmente delicato che riguarda tutto il mondo delle informazioni.

Dal punto di vista della giurisprudenza, si tratta di un argomento davvero importante, in quanto è necessario garantire che le persone siano protette da informazioni sbagliate o vere e proprie calunnie nei loro confronti.

Inoltre, molto spesso, le vittime di diffamazione non hanno un accesso ai mezzi di informazione tale da poter segnalare il problema in maniera adeguata ed è estremamente difficile per loro ottenere una rettifica.

Quand’anche si ottenesse la rettifica stessa non è assolutamente certo, anzi quasi mai accade, che vengano cancellati o annullati gli effetti della diffusione di quella informazione.

Il legislatore, quindi, deve assolutamente intervenire in questo senso, tramite delle norme precise. Anche perché un sito o un grande portale che pubblica un’informazione sbagliata è in grado di raggiungere una quantità di persone che recepiscono quel dato e lo considerano come vero enormemente superiore a quanto può fare la vittima, che, non avendo la stessa forza comunicativa, si trova straordinariamente svantaggiata nel diffondere una eventuale smentita.

E’ poi da considerare che molto spesso la diffamazione viene eseguita di proposito. I media che sono palesemente legati ad una parte politica sanno che un’informazione contro il proprio avversario non diminuirà la reputazione nei confronti dei loro lettori, ma al contrario li renderà più fedeli, per cui delle notizie distorte o false che colpiscono gli avversari sono perfettamente accettate e anzi ricercate senza tanti scrupoli.

Esiste quindi, in linea generale, una fortissima asimmetria tra il calunniatore o il diffamatore e il calunniato o diffamato che ha la necessità di difendersi.

Cos’è la diffamazione? definizione

In internet il problema viene percepito in maniera ancora più immediata per cui la legge deve intervenire in maniera abbastanza dura. Ai sensi dell’articolo 595 cp, la diffamazione avviene quando si comunica con più persone e questa informazione lede la reputazione altrui. Un reato che viene punito con la reclusione fino ad un anno o con una multa fino a €1032.

Pene e sanzioni

Se l’offesa è relativa alla attribuzione di un fatto ben determinato, la pena della reclusione arriva fino ai 2 anni e la multa fino a €2065. Nel caso in cui l’offesa fosse recata attraverso il mezzo stampa o con una qualsiasi forma di pubblicità, ovvero ci sia di mezzo un atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni, oppure la multa non è inferiore a €516.

L’articolo 596 bis cp, diffamazione a mezzo stampa, dispone inoltre, che se il reato viene commesso attraverso il mezzo della stampa lo stesso trattamento sanzionatorio, diminuito in misura non eccedente un terzo, viene applicato anche al direttore o vice direttore responsabile, così come anche all’editore e allo stampatore, in quanto questi sono soggetti tenuti ad esercitare un controllo sul contenuto che viene pubblicato e dunque condividono una responsabilità in caso di diffamazione.

Cosa si intende per reputazione?

Il bene giuridico che viene tutelato in questo caso è la reputazione. La Suprema Corte di Cassazione ha precisato che l’oggetto della tutela deve essere la salvaguardia dell’integrità morale della persona indicata anche come stima diffusa nell’ambiente sociale o ambiente professionale.

In altre parole, si tratta dell’opinione che gli altri hanno del suo onore e del suo decoro. Sotto questo aspetto vi sono altre definizioni abbastanza interessanti. La reputazione può essere definita anche come stima che una persona è riuscita a conquistarsi presso le altre persone, ma anche come rispetto sociale minimo di cui ogni persona ha diritto, a prescindere dalla buona o cattiva fama che derivi dalla sua condotta.

Chi è responsabile di diffamazione?

Il soggetto attivo è l’autore dello scritto dal contenuto diffamatorio. Inoltre anche il direttore del periodico è responsabile nel momento in cui, sapendo perfettamente del potenziale offensivo delle parole utilizzate in un articolo, abbia ugualmente autorizzato la pubblicazione ai sensi dell’articolo 57 bis CP.

Le disposizioni si applicano nel caso di stampa non periodica, all’editore, se l’autore della pubblicazione è ignoto o non imputabile, e lo stampatore, se l’editore non è indicato o non è imputabile.

Nel reato di diffamazione, anche online, non è necessario dimostrare, come si dice, l’Animus diffamandi. Ovvero non è necessario che si dimostri che la persona aveva la specifica intenzione di diffamare un’altra. Basta semplicemente il fatto, che parla da solo.

La diffamazione avviene solo se cito nome e cognome esplicito?

Quanto al soggetto della diffamazione esso, di norma, deve essere indicato chiaramente. Ma non solo. Molto spesso gli autori delle diffamazioni cercavano di difendersi asserendo che le informazioni non erano indicate contro una persona specifica, nome cognome, ma solamente in maniera generica.

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In realtà la giurisprudenza ha smentito questa forma di difesa. Il soggetto, nel momento in cui ci sono dei riferimenti inequivoci a fatti e circostanze che possono essere a lui attribuiti in maniera precisa, è comunque considerata direttamente offesa, anche se non è stata indicata nominalmente con precisione. Ovvero, se la sua individuazione è agevole e certa, la diffamazione c’è comunque.

La diffamazione riguarda solo le persone fisiche?

Il reato può anche riguardare persone defunte e in questo caso gli eredi sono legittimati a procedere. La diffamazione invece non vale se viene pronunciata o scritta nei confronti di una categoria di persone, anche se limitata dallo scarso numero. Ad esempio offendere la categoria dei macellai non può portare ad una denuncia cumulativa da parte dei macellai della propria città.

Inoltre possono essere considerate vittime non solamente le persone fisiche ma anche quelle giuridiche, quindi le società, le assicurazioni e le fondazioni.

La diffamazione è un reato cosiddetto istantaneo, che avviene quindi immediatamente nel momento in cui c’è una comunicazione con più persone che lede la reputazione di una persona non presente.

La distanza è irrilevante. Se l’informazione viene scambiata con persone a grande distanza ma questi ne vengono completamente a conoscenza, la diffamazione si verifica ugualmente. La Suprema Corte di Cassazione ha infatti confermato che il reato di diffamazione si consuma nel momento in cui viene ricevuto il messaggio diffamatorio da parte di terzi, in quanto non è un reato fisico ma avviene sul piano psicologico.

Quando vi è diritto di cronaca e quando diffamazione?

Ovviamente una parte importante nel giudicare la diffamazione online è l’esercizio del diritto di cronaca, che è sancito dalla costituzione e che protegge coloro che diffondono le informazioni.

Secondo la Cassazione il diritto di cronaca viene esercitato in maniera legittima nel momento in cui vengano rispettate alcune condizioni precise.

Innanzitutto la verità delle notizie. Se una notizia è vera in maniera oggettiva, o in maniera putativa, in quanto viene ad esempio da un organismo statale che per definizione dovrebbe dire la verità, la diffamazione non sussiste.

Il secondo requisito è la cosiddetta “continenza“, ovvero la mancanza di termini palesemente irritanti e offensivi e un tono generalmente irrispettoso.

Il terzo, molto importante, è la sussistenza di un interesse pubblico all’informazione. In questa sede il giornalista ha un’importanza fondamentale in quanto ha il compito di verificare che le fonti siano attendibili e che le notizie che comunica siano corrispondenti a una verità sostanziale dei fatti narrati.

Anche quando i fatti vengono dichiarati da altri e questi vengono riportati testualmente, e queste dichiarazioni hanno un contenuto che lede la reputazione altrui, il problema sussiste lo stesso. Mentre invece se il giornalista, svolgendo un lavoro di osservatore imparziale, riporta delle dichiarazioni di carattere offensivo pronunciate dal proprio intervistato nei confronti di altri ma questo presenti i profili di interesse pubblico che prevalgono sulla posizione soggettiva del singolo intervistato, questo giustifica il diritto di cronaca.

Quando parliamo di verità oggettiva della notizia infatti vi sono due accezioni. Possiamo considerarlo come la verità di un fatto che viene raccontato da una notizia, ma anche come informazione che viene riportata che abbia un interesse pubblico.

Un esempio pratico: se un politico ruba dei soldi, la notizia ha tutto il diritto di essere diffusa. Se un suo avversario lo accusa di avere rubato dei soldi, questo, indipendentemente se corrisponda a verità, è comunque un fatto di interesse pubblico. E dunque ha diritto ad essere pubblicato, e il presunto ladro potrà citare in giudizio il suo avversario politico, non il giornalista che ha riportato la sua posizione.

Per diffamazione si intende solo pubblicare notizie false?

Il giornalista rischia non solo nel momento in cui diffonde una notizia falsa o non verificata nella sua interezza, ma anche quando vi è una parziale e colpevole negligenza. Una “mezza verità“, ovvero un racconto incompleto che distorca il risultato finale, viene equiparato alla scrittura di una notizia falsa.

Il giornalista inoltre non può ricorrere a metodi di comunicazione che facciano capire significati fra le righe. Ad esempio virgolettare delle parole per far comprendere che il loro senso è diverso da quello puramente letterale.

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Altresì vietato realizzare degli “accostamenti suggestionanti”, ovvero accostare dei concetti che mettono in cattiva luce una determinata persona.

Non è nemmeno possibile fare insinuazioni attraverso delle frasi specifiche come ad esempio: “Non si può escludere che…” in assenza di seri indizi e non ci si può appellare al fatto di avere utilizzato esclusivamente periodi ipotetici.

Anche i toni enormemente scandalizzati, specie nella titolazione, vengono registrati come atteggiamento diffamatorio.

La diffamazione online è diversa da quella cartacea?

Il legislatore, nonostante l’evidente diffusione di servizi telematici ed informatici e la loro preponderanza nella società moderna, non ha ritenuto di modificare o integrare la normativa dei reati contro l’onore.

Infatti sia la dottrina che la giurisprudenza sono ormai pienamente in accordo che il concetto di stampa include ogni tipo di prodotto e di piattaforma idonea. Alla diffusione delle informazioni inoltre, con la dicitura “altri mezzi di pubblicità” vengono inclusi tutti i mezzi divulgativi e quindi evidentemente anche internet.

Il reato di diffamazione online si consuma anche se la comunicazione di un dato falso e la percezione da parte di altre persone non sono contemporanee e contestuali ma asincrone nel tempo. Per cui l’utilizzo di internet rientra perfettamente nell’articolo 595 comma 3 del Codice Penale, quello di “offesa recata con qualsiasi altro mezzo di pubblicità”.

I direttori di giornali online e blog hanno qualche responsabilità?

In internet un problema di primaria importanza è quello relativo alla individuazione dei soggetti responsabili di una diffamazione e dell’illecito. Storicamente il principio costituzionale è che la responsabilità penale è ovviamente personale, per cui il primo responsabile, è colui che ha svolto in prima persona la diffamazione.

Tuttavia esistono delle figure intermedie che avrebbero dovuto vigilare e che potrebbero essere state negligenti. Si parla di “Culpa in vigilando“, che viene di solito riferita ai gestori dei siti internet sui quali vengono perpetrate le violazioni. Con gli articoli 57 e 57 bis del codice penale, ad esempio, i gestori di un sito internet sono stati equiparati ai responsabili editoriali di un classico mezzo stampa, per cui anche questi hanno l’obbligo di verificare la legittimità di tutto il materiale che viene pubblicato sul proprio server, compreso quello che è stato scritto da terzi.

Secondo questo tipo di approccio, nel momento in cui viene svolto un illecito per diffamazione on line, il gestore del sito sarebbe corresponsabile per aver mancato nella vigilanza.

Tuttavia questa teoria è stata notevolmente contestata, in quanto il mezzo di comunicazione telematico è decisamente peculiare. Internet non può essere equiparato al 100% alla stampa tradizionale, per cui questo aspetto della diffamazione online è stato mano mano cambiato e la responsabilità penale dei gestori di siti internet, al giorno d’oggi, tende ad essere diminuita.

In particolare non vengono più considerati come “corresponsabili” nell’aver commesso l’illecito, ma al massimo possono essere considerati come “concorrenti” nel reato ex articolo 110 del Codice Penale. Il codice penale, al giorno d’oggi, parla infatti preferibilmente di “omesso impedimento” dell’evento.

Un caso concreto di omesso impedimento di un reato commesso da altri, è quello della sentenza del tribunale di Aosta del maggio del 2006, in cui il gestore di un blog venne equiparato come responsabilità a quella del direttore responsabile di un prodotto cartaceo.

Se la diffamazione è avvenuta all’estero?

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Le informazioni e le immagini che vengono pubblicate su internet sono potenzialmente raggiungibili da qualsiasi parte del mondo e dunque l’individuazione del luogo dove è stato consumato il reato è piuttosto problematica.

È chiaro che se il delitto viene consumato su un server situati in Italia, è relativamente facile individuare la territorialità del reato e dunque la giurisdizione. Anche se il server viene situato all’estero ma l’agente che perpetra il reato opera in Italia, la situazione è sostanzialmente invariata.

Ma quando chi commette diffamazione online opera all’estero assieme al suo server, la situazione si complica. Secondo una prima interpretazione di una parte della giurisprudenza, quando la diffusione della diffamazione è avvenuta all’estero anche la consumazione della stessa deve essere avvenuta all’estero, o perlomeno si deve ritenere tale.

Per cui ad esempio un messaggio che viene diffuso su un sito internet dall’estero, anche se è leggibile in Italia, è da considerarsi come un delitto avvenuto fuori dai confini nazionali.

Ma la Cassazione, già nel 2000, ha smentito questa interpretazione. Si tratta infatti non di un evento puramente fisico, ma soprattutto psicologico, perché va a toccare la percezione della reputazione di un terzo. E in questo caso il reato non si consuma nel momento in cui viene diffuso il messaggio offensivo ma specificatamente nel momento in cui viene percepito da terzi, escludendo il diffamatore e il diffamato.

E specie in internet, questo è ancora più comprensibile e vero. In un primo momento avviene l’inserimento sul web di scritti o contenuti denigratori da parte del diffamatore, ma solo successivamente, anche se a distanza di pochi minuti, avviene la fruizione da parte di altri utenti.

Per cui il reato si considera commesso nel territorio italiano quando anche solo una parte dell’azione e della percezione diffamatoria sia avvenuta nel nostro paese. Si tratta della cosiddetta “teoria dell’ubiquità”, per cui una diffamazione iniziata all’estero, ma che si conclude con la percezione nel nostro paese, viene punita secondo le leggi dello Stato italiano.

Come raccolgo prove legalmente valide di una diffamazione online?

Un altro elemento molto importante nella diffamazione on line è quello di capire come possono essere raccolte le prove con valore processuale di uno scritto o immagine o filmato diffamatorio.

Dal momento che la pagina web incriminata potrebbe essere stata benissimo cancellata il problema sussiste. Le informazioni sul web, per loro natura, sono particolarmente volatili e anche se vengono cancellate il danno prodotto rimane.

Bisogna quindi fornire un contenuto e una data di pubblicazione certa. Per questo motivo le prove legalmente valide sono quelle che creano una copia della pagina web, per bloccarne il contenuto in un preciso momento temporale

Il documento informatico è considerato valido nel momento in cui viene raccolto in conformità con delle tecniche precise. Anzitutto la copia conforme della pagina web può essere eseguita da un notaio o da un consigliere o segretario comunale che possa registrare la pagina web e nominare la copia autentica.

In particolare il notaio dovrà eseguire una copia precisa di tutte le informazioni che sono state visualizzate, indicare quale browser è stato utilizzato, quale ora è stata registrata ed eventuali certificati di sicurezza che sono attivi sull’indirizzo URL della pagina.

Tutti i file devono avere una firma digitale, in modo da essere associati in maniera univoca, e il materiale nella sua complessità deve essere raccolto, ad esempio tramite formato zip, con una ultima firma digitale complessiva.

Ovviamente nel caso della copia cartacea potrà essere registrato solo il contenuto statico: in questo caso bisognerà precisare il sito internet, il browser utilizzato e la data e l’ora in cui la copia viene prodotta.

Nel caso in cui la diffamazione non venga registrata con delle modalità richieste dalla giurisprudenza, la copia potrà avere un valore indicativo ma la sua efficacia di prova in un eventuale processo sarà minima.

Come devono essere pubblicate smentite e correzioni?

Un testo particolarmente completo per disciplinare la diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di diffusione, quindi internet, risale al lontano 2004. Questo testo cercava di stabilire delle nuove soluzioni per equilibrare la manifestazione libera del pensiero e del diritto di cronaca con la difesa della reputazione e delle identità della singola persona.

In questo documento, tutte le disposizioni sulla stampa cartacea vengono allargate anche ai siti internet. Inoltre vengono stabilite delle regole con cui eseguire delle smentite o delle correzioni. Ad esempio tutte le trasmissioni radiofoniche o televisive devono annunciare una smentita o una rettifica nella stessa fascia oraria in cui è stata diffusa la prima notizia, mentre i siti informatici devono utilizzare delle caratteristiche grafiche simili entro 48 ore dalla richiesta.

Inoltre il giornale deve pubblicare la rettifica senza aggiungere commenti della redazione, ma tal quale proveniente dalla parte lesa.