Come resettare un tablet Asus? Per mille motivi, potresti avere bisogno di formattare il tuo tablet Asus Android, attraverso la procedura di formattazione e ripristino di fabbrica presenti nel dispositivo. In questa guida, vedremo come resettare e formattare un tablet Asus su sistema Android.
Perchè resettare un tablet Asus?
Resettare il tuo tablet Asus è una scelta che si può compiere per molti motivi. Innanzittutto perchè il tuo tablet funziona male, e non riesci a identificare con facilità il motivo. In questo caso, piuttosto che perdere troppo tempo e fatica, una formattazione completa e un ripristino ai dati di fabbrica del tuo tablet Asus sono la soluzione migliore.
La stessa scelta può essere intrapresa quando il tablet funziona regolarmente ma è troppo pieno di dati e di applicazioni. Dal momento che pulirlo impiegherebbe un tempo eccessivo, la formattazione del tablet rappresenta un metodo facile e veloce per riottenere un dispositivo pulito. In altri casi, più gravi, il tablet Asus non si accende o è bloccato, e un ripristino ai dati di fabbrica è l’unico metodo per riottenere il controllo del tablet.
I metodi per resettare il tablet Asus che ti proponiamo, sono stati testati con le due versioni più comuni: Asus ZenPad e Asus FonePad.
Resettare il tablet Asus con la funzione di formattazione classica di Android
Il primo metodo è quello più classico per resettare un tablet Asus. Si tratta di sfruttare la normale procedura di formattazione e ripristino ai dati di fabbrica, per formattare rapidamente il tuo Asus Android. In questo caso le operazioni da compiere sono:
Nella schermata Home raggiungi l’icona con l’ingranaggio e apri le “Impostazioni“.
Tra le varie opzioni troverai “Backup e ripristino“
Clicca su “Ripristino ai dati di fabbrica“
Tieni conto che arrivati a questo punto, avrai la possibilità di scegliere se eseguire un ripristino totale ai dati di fabbrica, e dunque una formattazione di Asus completa, o risparmiare dal reset i tuoi dati personali, in modo da non doverli reinserire. Una volta che hai scelto clicca su “Ripristina Tablet“. Il tablet eseguirà da solo tutta la procedura di reset e ti ritroverai un dispositivo come nuovo, appena comprato. Dovrai quindi reimpostare completamente il tuo tablet Asus come se fossi appena uscito dal negozio.
Come resettare un tablet Asus
Eseguire un Hard Reset del tuo tablet Asus
Nel caso in cui tu non possa interagire normalmente con le impostazioni di Android del tuo tablet Asus, dovremo procedere all’hard reset. E’ una procedura leggermente più complessa che non passa attraverso la classica interfaccia grafica di Android, ma dà il comando di resettare il tuo tablet Asus direttamente al cuore del sistema operativo. In questo caso dovremo
Spegnere il dispositivo con l’apposito tasto
Tenere schiacciati, allo stesso tempo, sia il tasto del Volume che quello di accensione. Ci vogliono circa 10 secondi
Comparirà ora una schermata con poche ed essenziali scritte in verde. Leggerai quattro possibilità:
Reboot System Now
Apply update from ADB
Wipe data/factory reset
Wipe Cache partitition
Per resettare un tablet Asus, ci interessa la terza opzione, dedicata alla formattazione dei dati e al ripristino del tablet alle impostazioni di fabbrica. Attraverso il tasto del volume, in particolare “Su” e “Giù”, potrai navigare fra queste quattro opzioni. Raggiungi la terza e con il tasto che normalmente usi per l’accensione, dai conferma.
Il tuo tablet Asus partirà immediatamente con il lavoro di hard reset. In questo caso non puoi scegliere se salvare i dati: tutto quello che è registrato verrà completamente formattato e il ripristino del tuo tablet Asus sarà completo e irreversibile.
Eseguire un Hard Reset del tuo tablet Asus (immagine di archivio)
Formattare il tablet con i permessi di Root
In alcuni casi, potresti avere i permessi di Root. Questo significa che sei l’amministratore del dispositivo, e oltre ad utilizzarne tutte le funzioni, puoi anche toccare direttamente il cuore del sistema operativo e modificarne alcune parti. Se questo è il tuo caso, esiste un’altra soluzione che prevede di avere già installato precedentemente direttamente dal Google Play Store, una app per il ripristino che si chiama TWRP. (Se non l’hai ancora fatto, puoi installare TWRP specifico per il tuo modello Asus). Procedi così:
Spegni il dispositivo con l’apposito tasto
Tieni schiacciati, allo stesso tempo, sia il tasto del Volume che quello di accensione. Ci vogliono circa 10 secondi
Ti apparirà il logo di TWRP e potrai selezionare l’opzione “Wipe“, per procedere a formattare il tuo tablet Asus. In realtà hai due opzioni: nel primo caso potrai eseguire una formattazione completa con la conseguente perdita di tutti i dati e le impostazioni che hai registrato. Nel secondo, scegliendo “Advanced Wipe“, potrai invece selezionare uno per uno gli elementi da cancellare. Hai la possibilità di eseguire una cernita ragionata di quello che vuoi formattare, con la sola eccezione dello stesso sistema operativo Android, senza il quale il tuo tablet Asus sarebbe inutilizzabile.
Una volta che hai scelto, ti basta passare con il dito da sinistra a destra dello schermo per avviare la procedura di formattazione del tablet Asus e il completo ripristino dei dati di fabbrica.
Resettare e formattare a distanza con la Gestione dei dispositivi Android
Può capitare che il proprio tablet Asus venga perso o rubato o che un amico ci chieda di dargli una mano. Nel caso in cui non abbiamo fisicamente sotto mano il nostro tablet Asus, è comunque possibile resettare un tablet Asus ed eseguire l’operazione da remoto, tramite la Gestione dei dispositivi di Android.
Questo metodo implica che sul tablet Asus sia stata installata l’app “Find my device” per Android, che sul tablet sia registrato il tuo account Google e che il dispositivo sia collegato ad internet per poter ricevere a distanza il comando di formattazione. Nel caso in cui sia tutto predisposto, procedi così:
Raggiungi il sito per la Gestione dei dispositivi Android se sei sul PC o apri l’App se sei da smartphone
Loggati con il tuo account Google
Una volta entrato, a sinistra, troverai una barra con tutti i dispositivi collegati a cui potrai dare ordini da remoto
Facebook è un social network gigantesco, con centinaia di milioni di iscritti e non tutte le esperienze sono sempre positive. Capita quindi di trovare delle persone spiacevoli, per le quali l’unica alternativa è ricorrere al blocco, in modo da ignorarle completamente e impedire definitivamente di interagire con noi. In questa guida vedremo come bloccare una persona su Facebook in ogni variante.
Perché bloccare una persona su Facebook?
I motivi che possono portare al blocco di una persona su Facebook possono essere svariati. Il primo più importante ed elementare è il caso di una persona violenta, che posta dei contenuti inaccettabili, che ci insulta gratuitamente, ovvero il classico troll con cui non vogliamo avere più nulla a che fare. Un altro caso è un account di hacker o di spam che ci manda della pubblicità indesiderata, che non aggiunge nulla alla nostra esperienza su Facebook e va bloccato senza tanti complimenti.
Facebook, comunque, aiuta a sviluppare delle relazioni interpersonali digitali. Purtroppo queste non vanno sempre a buon fine, e può capitare che per litigi, diversità di vedute, o qualsiasi altra dinamica, non abbiamo più nulla a che spartire con una persona, e siamo costretti a bloccarla per non compromettere la nostra serenità personale e digitale. Un altro motivo è semplicemente quello di problemi nella nostra vita personale, una fidanzata che ci lascia o una moglie dalla quale divorziamo, che si riflettono nel mondo digitale. Il blocco dell’account serve quindi ad evitare degli imbarazzi o dei litigi cronici.
Cosa può vedere di noi una persona che è stata bloccata?
In teoria, ovviamente, non dovrebbe vedere nulla. Altrimenti il blocco stesso non avrebbe senso, e in linea generale è esattamente così. Una persona che è stata bloccata non può trovare il nostro profilo nelle ricerche interne a Facebook, non può visualizzare la nostra bacheca, post o la nostra timeline, e non ci può contattare né con dei poke né con dei messaggi diretti su Messenger. Non potrà vedere i nostri aggiornamenti, non potrà commentare sui post dei nostri amici e nemmeno se ci si trova nello stesso gruppo Facebook.
Ci sono però alcuni casi specifici in cui la persona bloccata potrebbe comunque intuire la nostra presenza. Se la persona bloccata pubblica la foto di un amico in comune taggandolo, se entrambi vengono invitati allo stesso evento o se la persona bloccata partecipa ad una chat di gruppo impostata da un altro utente su Messenger. Infine la persona bloccata potrebbe di nuovo vederci se si partecipa a giochi comuni o si utilizzano applicazioni esterne.
Bloccare una persona su Facebook dal PC
Vediamo ora le operazioni per bloccare una persona su Facebook da PC. Semplicemente apriamo il nostro web browser, raggiungiamo il profilo della persona che vogliamo bloccare e visualizziamo i tre puntini che sono sul bordo destro della sua immagine in evidenza.
Abbiamo diverse opzioni tra cui “toglierlo dagli amici”, “inviare un poke”, “segnalare l’utente” e bloccarlo. Clicchiamo su “Blocca”. Facebook ci chiederà se siamo sicuri e ci presenterà una lista di azioni che non saranno più possibili da parte dell’utente. Cliccando su “Conferma“, il blocco diventerà definitivo. Ricordiamo che in questo modo l’utente sarà automaticamente defollowato e gli verrà tolta l’amicizia. Per cui se dovessimo sbloccarlo successivamente dovremmo riottenere da lui l’amicizia.
Bloccare una persona su Facebook da smartphone o tablet
Per bloccare un utente da smartphone o da tablet l’operazione è abbastanza simile. Raggiungiamo sempre il profilo della persona sul nostro smartphone, clicchiamo sui tre puntini immediatamente sotto la foto del profilo e clicchiamo su “Blocca“, e di nuovo su “Conferma”.
Come sbloccare una persona su Facebook
Nel caso in cui ci fossimo pentiti della nostra scelta e volessimo sbloccare la persona possiamo farlo. In questo caso sia da desktop che da mobile: dobbiamo andare in “Impostazioni” del nostro profilo, selezionare la scheda “Privacy“, e l’opzione “Blocco“. Avremo un elenco di tutti gli utenti bloccati e a destra del nome di ognuno di loro avremo il tasto “Sblocca“. Anche qui ci verrà chiesta la conferma: se vogliamo realmente sbloccare la persona, dovremo cliccare su “Conferma”. Nel caso in cui volessimo nuovamente bloccarla avremo però da aspettare 48 ore.
Come bloccare un utente su Facebook
Metodi alternativi al blocco: smettere di seguire
Al posto di un blocco totale, esistono anche dei metodi alternativi per visualizzare meno contenuti relativi ad una persona, senza troncare definitivamente i rapporti. La prima cosa che possiamo fare e smettere di seguire un utente. Significa che si rimarrà amici, e volendo sarà possibile visualizzare reciprocamente il profilo e i messaggi, ma quello che viene postato nella bacheca non comparirà nelle rispettive timeline.
Per farlo abbiamo due possibilità. Nel primo caso individuiamo il post di una persona, clicchiamo sui tre puntini che sono posizionati in alto a destra e selezioniamo l’opzione “Non seguire più“. Da quel momento si rimarrà amici, ma ciò che viene postato non comparirà nella nostra bacheca.
Oppure possiamo raggiungere direttamente il gruppo, la pagina o il profilo di nostro interesse, posizionare il cursore attualmente impostato su “Segui”, e cliccare su “Iscritto/iscritta”. Accanto all’immagine di copertina clicchiamo su “Non seguire più”. In entrambe queste modalità rimarremo amici ma non verremo sostanzialmente più informati sui contenuti che vengono postati dalla persona.
Prendersi una “pausa” da una persona
Un altro metodo alternativo, è quello di prendersi letteralmente una “pausa” da una specifica persona. Possiamo sostanzialmente scegliere di interrompere per 30 giorni la visualizzazione dei post di quella persona, pur rimanendone amici e potendone visualizzare il profilo a piacimento. Anche in questo caso abbiamo due modalità.
Se clicchiamo con i tre puntini in alto a destra sul post di una persona, tra le opzioni avremmo esattamente quella di sospendere momentaneamente i post di quella persona. Clicchiamo su “Conferma” e il gioco sarà fatto. Oppure possiamo raggiungere sia da mobile che da PC lo specifico profilo della persona, cliccare sui tre puntini con su scritto “Altro” e scegliere l’opzione “Prenditi una pausa”.
Bloccare una persona su Messenger
Un altro metodo per limitare una persona senza bloccarla è quello di bloccare le sue conversazioni su Messenger. Una cosa è il portale di Facebook con le bacheche e i messaggi, e un altro è il sistema di messaggistica personale diretta di Messenger. Possiamo continuare a vedere una persona su Facebook, ma bloccarla su Messenger per evitare che ci possa inviare una sequela di messaggi diretti e fastidiosi.
In questo caso apriamo semplicemente da desktop o da smartphone la conversazione con la persona che desideriamo bloccare.Clicchiamo il suo nome nella barra in alto, scorriamo verso il basso e tocchiamo sull’opzione “Blocca”. Ci verrà chiesto di bloccare i messaggi e clicchiamo su “Conferma”.
In questa guida ti indicheremo come pulire lo smartphone in poche semplici mosse. Portandocelo dietro tutto il giorno è normale che il nostro smartphone si sporchi, ma pulire lo smartphone è un’operazione solo apparentemente semplice. Ecco una guida approfondita per un risultato perfetto e con poco sforzo. Tutti i nostri metodi, inoltre, sono testati per non rovinare nè lo schermo nè le componenti interne.
Come pulire lo smartphone: il panno in microfibra
Il modo più semplice per pulire lo schermo del tuo smartphone è un panno in microfibra asciutto. A differenza degli asciugamani a base di carta, i panni in microfibra puliscono delicatamente il vetro ultrasensibile dello smartphone e del tablet senza correre il rischio di graffiarlo. La microfibra inoltre attira elettrostaticamente la polvere e sporco e ditate, mentre altre soluzioni possono limitarsi a spargere lo sporco.
Per pulire il display con il panno in microfibra spegni lo schermo, perché consente di vedere meglio sporco e ditate. Muovi ripetutamente il panno in direzione orizzontale o verticale, e non circolare. Una volta terminata l’area del display, passa al retro del dispositivo e continua a pulire fino a quando, anche in controluce, non vedi più alcuna ditata.
Panno in microfibra per pulire gli smartphone
Se lo smartphone è particolarmente sporco, possiamo prendere in considerazione l’utilizzo del panno in microfibra con un po’ di acqua. Innanzitutto spegni lo smartphone e rimuovi la batteria, se possibile. Quindi bagna un angolo del panno con l’acqua, senza aggiungere alcun tipo di sapone e pulisci la superficie dello schermo in modo simile al metodo descritto precedentemente. Una volta che hai fatto, utilizza la parte asciutta del panno per rimuovere l’acqua in eccesso. In alternativa puoi anche lasciare asciugare lo schermo.
Anche lo stesso panno microfibra deve rimanere pulito. Per farlo, basta immergerlo in una miscela di acqua calda e sapone, risciacquare completamente e aspettare che si asciughi prima di riutilizzarlo.
Pulire lo smartphone con il nastro adesivo
Se il panno microfibra non dà i risultati sperati, puoi utilizzare il nastro adesivo. Basta attaccare il nastro alla superficie dello schermo e a tutte le altre zone dello smartphone per rimuovere lo sporco e le ditate indesiderate. Puoi ripetere il passaggio tutte le volte che vuoi, fino a che il risultato finale non ti soddisfa.
I set professionali
Se i panni in microfibra e il nastro adesivo non ti hanno dato completa soddisfazione, puoi anche comprare un set apposito. Si tratta di kit di pulizia all-in-one, dotati di tutto il necessario per mantenere lo smartphone pulito sia a casa che in viaggio. Di norma sono dotati di un panno in microfibra specializzato per telefonini, 2 spray per la pulizia di diverse dimensioni (1 per la casa e 1 per il viaggio) è un set di una ventina di salviette per una pulizia particolarmente approfondita. Verifica che la soluzione detergente inclusa nel kit, sia completamente priva di alcool e ammoniaca e che i panni in microfibra siano sempre morbidi.
Aria compressa
Un’altra soluzione per pulire il tuo smartphone, piuttosto avveniristica e dagli ottimi risultati, è quella di usare dei piccoli erogatori di aria compressa. Sono semplici da utilizzare, rapidi da acquistare e immediatamente pronti all’utilizzo. Il vantaggio di questo sistema è che l’aria compressa riesce a pulire dei punti che con dei panni in microfibra o con qualsiasi altro elemento non sono normalmente raggiungibili. Questi strumenti, comunque, non sforzano le componenti del dispositivo e dunque possono essere utilizzati in assoluta tranquillità.
Come pulire lo smartphone con lo spruzzino
I raggi UV
Finora ti abbiamo dato dei consigli per pulire lo smartphone ad un livello abbastanza amatoriale, ma se hai il terrore dei germi o vuoi fare un lavoro scientifico, puoi prendere in considerazione l’utilizzo della luce a ultravioletti. Se detergenti a base di alcool possono danneggiare il telefono, e magari hai appena acquistato un top di gamma da oltre un migliaio di euro, l’utilizzo di ultravioletti può pulire il telefono in maniera scientifica e ultra professionale.
Si tratta di dispositivi dove inserire il proprio smartphone, e attivare la luce ultravioletta con un semplice tocco. Di norma sono composti da due lampade UV-C, che producono una lunghezza d’onda specifica della luce, che penetra nelle pareti del cellulare alla ricerca di batteri e virus, permettendoti di distruggerli completamente. Questi prodotti consentono una completa disinfezione in circa 10 minuti.
Come pulire lo smartphone: cosa non fare
Una buona guida per pulire lo smartphone deve citare anche le cose da non fare assolutamente. Indipendentemente da quanto la pubblicità cerca di convincerci, non utilizzare mai detergenti a base di alcool per lo schermo e le altre componenti di smartphone o tablet. Questi detergenti rovinano il rivestimento protettivo della maggior parte dei dispositivi.
Come pulire smartphone cose da non fare
Un’altra cosa da evitare è semplicemente quella di farsi abbindolare da prodotti detergenti che vengono venduti come soluzioni miracolose ma che in realtà non sono niente di più di acqua mistata a sapone ad una certa concentrazione. Di norma i detergenti per la pulizia di uno smartphone possono essere benissimo realizzati da soli e a casa per cui, a meno che non faccia parte di un kit professionale, l’acquisto di qualche detergente specifico non fa particolarmente la differenza.
Evita di pulire il tuo smartphone con salviette di carta, fazzoletti per il naso, o panni ruvidi, perché hanno un altissimo rischio di graffiare la superficie e non rimuovere adeguatamente la polvere e le ditate. Questi graffi possono accumularsi nel tempo e ad un certo punto arrivano a rendere il touch screen non reattivo e nemmeno bello esteticamente.
I due più grandi nomi della fotografia, Canon e Nikon, sono stati momentaneamente messi in disparte e hanno osservato Sony diventare il produttore più in voga in tutto il mondo mirrorless full frame. Ma entrambe le società hanno deciso di rilanciare. La Canon EOS R non è un prodotto destinato a rivoluzionare il mercato, ma offre un grande vantaggio per gli utenti Canon: funziona con gli accessori SLR già esistenti e con gli obiettivi precedenti, tramite un adattatore abbastanza economico. A livello tecnico, tuttavia, non rappresenta una minaccia per la Sony A7 III.
Recensione Canon EOS R: Design
La silhouette della EOS R è in linea con la strategia Canon: presenta delle linee morbide e inclinate che siamo abituati a vedere, in contrasto con l’aspetto più angolato della Nikon Z6. Per quanto riguarda le dimensioni possiamo dire che è simile ad una reflex entry level, mentre sul versante della resistenza Canon afferma che è protetta dalla polvere e dagli schizzi d’acqua.
L’impugnatura è molto comoda ed è certamente un grande vantaggio, anche se questo comfort non si ritrova in tutte le parti del dispositivo. Molti produttori posizionano l’interruttore di alimentazione vicino al pulsante di scatto, mentre Canon non lo fa. L’azienda ha scelto di posizionare l’accensione nella parte superiore dell’impugnatura, una scelta progettuale insolita, per rendere la presa più comoda possibile.
L’interruttore di accensione della EOS R si trova sulla piastra superiore e occupa una buona quantità di spazio: forse avrebbero potuto utilizzare questa opzione per qualche altro comando, magari un quadrante programmabile. Mancano i pulsanti di controllo frontale che possono rivelarsi utili, così come i pulsanti programmabili doppi che abbiamo trovato nella Nikon Z6.
Abbiamo molto gradito l’abitudine di mettere display informativi sulla parte superiore del prodotto: è qualcosa che ci si aspetta da una reflex, ma spesso omessa dai progetti mirrorless. Il pannello della EOS R è monocromatico, con una retroilluminazione opzionale, e mostra la modalità di scatto corrente, le impostazioni di esposizione e la durata della batteria.
A destra del pannello un gruppo di pulsanti. Il più vicino è quello che gestisce la retroilluminazione su richiesta, seguito dal pulsante “registra” e più in avanti il pulsante “blocca”. È possibile impostare la quantità di controlli che devono essere bloccati di default quando si accende la macchina.
L’impostazione predefinita Canon impedirà le modifiche indesiderate al quadrante posteriore e alla ghiera per il controllo dell’obiettivo. Ma possiamo aggiungere anche il blocco al touch screen e alla lista dei controlli. Tra tutti questi non troviamo il flash incorporato, una caratteristica assente da quasi tutte le moderne fotocamere Full Frame.
In realtà è la ghiera per il controllo posteriore che troviamo meno comoda. Non è facilissima da raggiungere, nonostante lo sforzo dei produttore di posizionarla in modo da poterla toccare e girare senza particolari sforzi.
La modalità di ripresa viene regolata tramite un pulsante situato al centro del quadrante posteriore. È una scelta strana da parte di Canon, che ha utilizzato i quadranti per la gestione delle modalità in tutti i suoi prodotti, tranne per le fotocamere sportive di fascia alta.
Il pulsante del menu si trova sul retro, nell’angolo in alto a sinistra nello spazio sopra all’LCD. A destra troveremo invece una piccola barra regolatrice che risponde ai tocchi del dito e può essere utilizzata per regolare varie impostazioni: l’abbiamo settata per regolare l’area di messa a fuoco, ma può essere anche usata per modificare altre impostazioni tra cui ISO, bilanciamento del bianco e sensibilità dell’obiettivo.
Questa piccola barra può essere gestita in due modalità. O registra i comandi al primo colpo di dito, o chiede una conferma. Ognuna di queste due varianti presenta alcuni problemi. Nel primo caso potresti cambiare le impostazioni per sbaglio, nel secondo caso è frustrante dover ripetere due volte lo stesso comando prima che venga eseguito. Se indossiamo i guanti, i tocchi tendono a non essere recepiti, per cui teniamone conto.
Non abbiamo un Joystick dedicato per la regolazione della messa a fuoco che è invece incluso nei due concorrenti più vicini alla EOS R, la Nikon Z6 e la Sony A7 III. Il punto di messa a fuoco può essere regolato attraverso il pad posteriore, ma è un lavoro abbastanza lento.
Il display da 3,2 pollici della EOS è piuttosto nitido: 2,1 milioni di punti offrono molti dettagli e consentono di ingrandire il fotogramma per consumare la messa a fuoco. E’ anche sensibile al tatto e possiamo navigare nei menù, scorrere le immagini durante la revisione e toccare per impostare un punto di messa a fuoco.
Il mirino è molto buono, anche se non è il migliore che abbiamo visto in questa fascia di prezzo. Sotto questo aspetto preferiamo la Nikon Z6.
Canon EOS R ha le dimensioni di una entry level ed è studiata per una ampia compatibilità con gli obiettivi precedenti della Canon
Gran parte delle regolazioni sono affidate ad una ghiera esterna dedicata, abbastanza facile da raggiungere
Buono il display. E’ possibile utilizzarlo anche per selezionare il punto di messa a fuoco
L’organizzazione delle informazioni e dei comandi è abbastanza buona, anche se lo spazio si poteva ottimizzare un po’ meglio
Il pulsante di accensione, in posizione un po’ insolita.
Il vero problema sono i video in 4K che accumulano file di dimensioni enormi ma soprattutto non godono di alcuna stabilizzazione interna al corpo macchina
Canon EOS R è un buon prodotto, specie per chi ha investito in obiettivi Canon, ma è ancora dietro alla concorrenza, specie quella di Sony
Connettività e adattatori
La connettività della Canon EOS R include il wireless integrato: una caratteristica irrinunciabile al giorno d’oggi. Con l’app Canon Camera Connect, disponibile tramite download gratuito da Android e iOS, avremo a disposizione una guida per la connessione passo passo, ma possiamo anche utilizzare un codice QR per accelerare la configurazione iniziale.
Una volta associata, è possibile trasferire immagini e video dal telefono e controllare la videocamera da remoto. Abbiamo pieno accesso alle impostazioni di esposizione manuale così come le impostazioni di messa a fuoco automatica e le modalità video.
Non manca una porta da 3,5 mm per le cuffie e il microfono, un mini HDMI, un telecomando e tre porte USB-C, tutte situate sul lato sinistro del dispositivo. Invece, lo slot della scheda di memoria si trova sulla destra: la EOS R supporta una singola scheda di memoria.
Dal punto di vista della batteria, Canon ha scelto di utilizzare la classica strumentazione in dotazione alle SLR attuali: la pila resiste allo scatto di 370 immagini attraverso il display LCD o 350 con l’EVS. Quanto a durata è simile alla Nikon Z6 ma è dietro alla Sony A7 III.
Gli adattatori sono molto importanti: consentono di utilizzare la linea di obiettivi Canon con questa EOS R senza penalizzare in alcun modo la qualità ottica o la velocità della messa a fuoco automatica. E’ possibile utilizzare non solamente ottiche Canon ma anche obiettivi di terze parti come Sigma e Tamron, che hanno funzionato senza alcun problema.
La qualità e il prezzo degli adattatori, piuttosto abbordabili, rendono il sistema attraente per i fotografi che hanno investito molto negli obiettivi della Canon. E’ inoltre possibile utilizzare obiettivi Canon tramite un adattatore con il sistema Mirrorless di Sony, anche se non si ottiene sempre lo stesso livello di prestazioni di messa a fuoco automatica degli obiettivi nativi.
Messa a fuoco
La EOS R punta molto sul sistema Dual pixel AF che troviamo nelle recenti Reflex Canon. Invece di utilizzare una serie di pixel classici, come nel caso della maggior parte delle fotocamere mirrorless, Dual Pixel AF divide ogni pixel a metà, in modo che ciascuno dei due possa fungere da sensore di rilevamento: questo significa che uno qualsiasi dei 30 milioni di pixel della fotocamera può controllare la messa a fuoco.
In realtà non tutti sono attivi, perchè il carico per il processore della fotocamera sarebbe insostenibile. Comunque, abbiamo 5666 pixel funzionanti per la messa a fuoco, che coprono tutto lo schermo fino quasi ai bordi del sensore.
Oltre alla messa a fuoco automatica, Dual pixel AF ha il supporto per il formato di file Dual pixel raw. Non è una funzionalità molto utile: ti dà la possibilità di regolare il punto di messa a fuoco, ma non di molto e costa in termini di dimensioni finali del file. Il sistema Dual pixel AF è abbastanza veloce. In condizioni di scarsa illuminazione EOS R diventa un pochino più lenta impiegando 0,4 secondi, rispetto gli 0,1 delle condizioni di luce normale.
Sono disponibili diverse modalità dell’area di messa a fuoco. L’impostazione predefinita si concentra sui volti. Su questo fa un buon lavoro, anche se non arriva ai livelli della Sony A7 iii. Se il soggetto gira la testa, EOS R può essere facilmente ingannata e se il viso è di tre quarti, il dispositivo non individua alcune faccia, anche se si guarda verso l’obiettivo. E’ disponibile anche il rilevamento degli occhi ma anche questa funzionalità è decisamente indietro rispetto alle prestazioni della Sony A7 III.
Le altre opzioni dell’area di messa a fuoco sono piuttosto standard: è possibile utilizzare uno spot flessibile, ovvero una modalità in cui è necessario impostare manualmente la posizione del punto di messa a fuoco, tramite il touch screen o il pad direzionale posteriore.
Prestazioni
In termini di velocità EOS R si accende, mette a fuoco e cattura un’immagine in circa 1,4 secondi. E’ un livello abbastanza tipico in una fotocamera mirrorless e questo scaccia la paura che l’otturatore di EOS R, disegnato per una alta compatibilità, rallenti il processo. La maggior parte delle fotocamere mirrorless lasciano scoperti i sensori quando vengono spenti, il che conferisce loro un leggero vantaggio in termini di velocità di accensione. EOS R invece li copre: solo il tempo ci dirà se questo riduce il depositarsi della polvere sul sensore della fotocamera. Ma crediamo che non farà un’enorme differenza.
Siamo stati in grado di scattare fino ad 8 FPS con la messa a fuoco bloccata. Il buffer è ampio, ma il numero di scatti che è possibile eseguire prima che la fotocamera rallenti cambia in base al formato del file. Abbiamo testato Compressed Raw e JPG (60 scatti), Raw non compresso e JPG (45 scatti), Compressed Raw (99 scatti), Raw non compresso (52 scatti) e JPG (99 scatti). Se stai scattando in Raw JPG o JPG, aspettati circa 12 secondi tra il riempimento del buffer e la registrazione degli scatti su una scheda di memoria, o circa 10 secondi se stai girando in formato Raw.
Abilitando la modalità di intelligenza artificiale, che tiene traccia dei soggetti mentre si muovono, la frequenza di burst si abbassa: siamo ai 5,3 FPS con una precisione molto buona. Anche quando il target si sta muovendo verso o lontano l’obiettivo. Ma se consideri che la Sony a7iii fa la stessa cosa a 10 FPS, la differenza si sente.
La EOS R utilizza un sensore di immagini molto simile a quello che troviamo nella 5D Mark IV: la risoluzione e le dimensioni sono le stesse, sebbene questa combinazione abbia un processore di immagini più recente, il Digic 8.
Se stai scattando in formato JPG, ti godrai le immagini senza troppo disturbo (1,4%) tramite ISO 12800, ma c’è una perdita di qualità dell’immagine quando spingi la fotocamera a questi livelli. Otterrai gli scatti migliori in assoluto con l’impostazione più bassa, ISO 100, e potrai spingere fino a 1600 ISO senza notare alcun reale danno alla chiarezza.
C’è un leggero ammorbidimento alla ISO 3200, anche se non è male. I dettagli sono meno nitidi a partire da ISO 6400 e mantengono un livello di qualità molto simile fino ad ISO 25600. Spingere la sensibilità verso l’impostazione ISO 40000 introduce una sfocatura più significativa, che prosegue attraverso ISO 51200. La sfocatura è notevolmente peggiore a ISO 102400, il limite più lontano verso cui è possibile spingere il sensore della EOS R.
La ripresa in formato Raw cattura le immagini con più grana visibile a impostazioni più elevate e richiede di elaborare le immagini con il software prima di condividerle o stamparle. Suggeriamo Adobe Lightroom Classic CC come convertitore Raw standard.
Video 4K
Se finora possiamo dare un giudizio positivo sulla qualità dell’immagine, dobbiamo essere leggermente più severi quando si tratta della ripresa dei video; il video 4K è molto nitido e mostra colori eccellenti, e il video 1080p è abbastanza buono, dati i limiti di risoluzione: ogni frame di 1080p è 2MP, rispetto a circa 8MP per 4K. L’autofocus video è molto forte e l’EOS R fa un ottimo lavoro mantenendo l’attenzione sui soggetti in movimento.
Se si sceglie di utilizzare la massima qualità del video, le dimensioni del file diventano però enormi: circa 3 gigabyte al minuto per il 4K e 2 gigabyte al minuto x 1080pixel, quindi assicuratevi di avere a disposizione una grande quantità di memoria sulla schedina. Possiamo anche diminuire i livelli di compressione ma perdendo un pochino in termini di qualità.
La fotocamera offre alcune funzionalità che verranno utilizzate dai professionisti incluso un ingresso per microfono. Tuttavia, la EOS R non ha la stabilizzazione all’interno della fotocamera, il che significa che otterrete un video tremolante se l’obiettivo non ha una stabilizzazione. Possiamo avvalerci di una stabilizzazione digitale aggiuntiva, nonostante questo ammorbidisca leggermente i dettagli.
Una volta provato tutto il comparto della videocamera, possiamo dire che Canon EOS R non dovrebbe essere in cima alla lista dei desideri se vuoi riprendere dei video 4K. Sotto questo aspetto, la Sony A7 III si comporta decisamente meglio in questa fascia di prezzo: nessun problema con il 4K, registrazione e acquisizione HDR inclusa, e la stabilizzazione all’interno del corpo macchina senza sbavature.
Giudizio finale
Canon ha decisamente inciampato con la sua primissima fotocamera mirrorless, la EOS M: anche se aveva una lunga durata, non era capace di affrontare la concorrenza. Più o meno lo stesso errore che troviamo con la Canon EOS R. Non solo il sistema di messa a fuoco non compete con la Sony A7 III, ma il prezzo potrebbe essere più accessibile.
Anche l’omissione della stabilizzazione all’interno del corpo macchina è un grande passo falso e non ci sono scuse per i difetti per i video 4K che abbiamo registrato. La Canon, tradizionalmente, si muove un pochino più lentamente rispetto ai suoi concorrenti, tanto è vero che i suoi prodotti sono stati gli ultimi a comparire sul mercato. E la Canon è anche lenta a rendersi conto che la Sony A7 III, che è stata rilasciata all’inizio di quest’anno, ha cambiato drasticamente quello che gli utenti possono aspettarsi da una fotocamera Full Frame a questo prezzo.
Invece di frenare le funzionalità al fine di spingere i clienti a comprare una fotocamera più costosa, Sony ha messo la maggior parte delle funzionalità a disposizione di quella di fascia media. Nikon sta adottando un approccio simile con la sua Z6, e condivide lo stesso design del corpo e la stessa qualità di costruzione della più costosa Z7.
In questo momento l’azienda sembra avere una piccola crisi d’identità: la Canon EOS R è comunque un buon acquisto, ma è necessario che l’azienda lavori ancora per raggiungere la concorrenza. Ci sono certamente alcuni clienti per i quali l’acquisto ha un senso: specie se hai già investito in obiettivi Canon e stai pensando di acquistarne ancora, potresti decidere che le pecche nella registrazione video 4K possono essere dimenticate, ma a livello puramente tecnico non si può giocare al ribasso.
Canon ha bisogno di fare meglio. Così com’è, la EOS R non è una minaccia per la Sony A7 III, che è una delle fotocamere mirrorless full time più potenti che possiamo trovare a questo prezzo.
Se vuoi essere all’avanguardia con i monitor per il videogioco Acer Predator x27 è un bestione che non teme rivali. I suoi colori e la sua impressionante lista di specifiche tecniche lo rendono il primo della classe e un sogno per ogni appassionato, che però, deve avere veramente dei bei soldi da buttare.
Acer Predator x27, non ha alcuna paura di confrontarsi con la concorrenza quando parliamo di specifiche, in quanto può sfoggiare una lista davvero impressionante. Parliamo di una risoluzione completa di 3840 x 2160 pixel, una frequenza di aggiornamento di 144 Hertz e un meraviglioso pannello IPS a 10 bit, con un tempo di risposta di 4 millisecondi super scattante. È davvero un prodotto che ha pochi rivali.
Il prezzo però non è semplicemente elevato, ma esagerato. Il motivo risiede principalmente nel fatto che la AU Optronics che ha sviluppato il prodotto, ha dovuto lavorare tantissimo per creare tanti pollici con quasi 8,3 milioni di pixel che si aggiornano 144 volte al secondo, ovvero un’impresa non da poco, che ha i suoi costi. Inoltre il prodotto ha il G-sync integrato, e deve mantenere un tempo di risposta più basso di 4 millisecondi pur sopportando addirittura l’HDR 10.
Insomma la AU optronics, una divisione della Philips, è sostanzialmente l’unica azienda che è arrivata questi livelli, ed ecco spiegato il motivo del prezzo così elevato: in parte per via dello sviluppo e in parte perché è un passo avanti alla concorrenza.
Recensione Acer Predator x27: Design
Il design di Acer Predator x27 è sorprendente. E’ eccezionalmente pulito e la base in alluminio, abbinata al suo meccanismo di rotazione e inclinazione, lo rendono un vero “ginnasta” della tecnologia. Il telaio è assolutamente impeccabile quanto a bellezza e resistenza.
Acer Predator X27 è una bestia. A partire dal design sublime e la qualità costruttiva eccellente. E’ dotato anche di due pannelli deflettori per impedire alla luce esterna di interferire con il display
La stabilità è assicurata dal piedino di appoggio, anche lui realizzato in maniera pressocchè perfetta
Il prodotto necessita di un primo montaggio, ma è estremamente regolabile e flessibile
Un Pannello IPS da 10 bit, con colori incredibili, immagini quasi tridimensionali e il supporto per la gamma cromatica HDR 10 che è l’avanguardia del settore
Difetti? non ne ha. Il vero problema è il costo elevatissimo e la necessità di comprare altre due unità grafiche GPU per arrivare al massimo dell’esperienza. Davvero per chi ha soldi da buttare
Bisogna fare qualche piccola operazione di montaggio all’inizio, ma non è troppo fastidiosa. Acer ha inoltre incluso degli ottimi pannelli deflettori per assicurarti di ottenere la temperatura di colore di volta in volta migliore ed evitare che venga influenzata da fonti di luce, sia naturali che non. Inoltre hai anche un jack da 3,5 mm e tre porte USB 3.0, il che significa che possiamo utilizzarlo come un hub per connettere tutte le altre nostre periferiche.
Per quanto riguarda le entrate video abbiamo una Display Port 1.4 e una HDMI 2.0: in realtà non è una connettività enorme, ma questo monitor è pensato sostanzialmente per i giochi per PC e non per le console.
Prestazioni
Nel complesso le prestazioni sono eccezionali. Il ghosting è al minimo, e il tempo di risposta veramente scattante. È la rappresentazione generale del colore ad essere straordinaria. Anche in semplice modalità standard i neri sono estremamente profondi, impressionanti per un pannello IPS e il colore nel complesso è piuttosto piacevole.
Ma la vera star è la resa dell’HDR 10, qualcosa di veramente fenomenale. Anche se non ci sono tantissimi giochi sul mercato che sfruttano questo spettro cromatico, quelli che fanno uso di questa tecnologia sono un sogno. Inoltre anche i contenuti multimediali di YouTube e Netflix sono un vero piacere da guardare.
A parte i costosi OLED, nella categoria non troviamo nulla di paragonabile a questo prodotto: tutto sembra più vivo e alcune immagini danno una sensazione di tridimensionalità, come se si potessero toccare.
Come possiamo giudicare un pannello del genere? è semplicemente una bestia. Se vuoi avere il meglio del meglio, non c’è dubbio che Acer Predator x27 spinge davvero il limite dell’intrattenimento per PC ai massimi livelli del mercato. Tuttavia l’investimento in termini di denaro è semplicemente folle.
Anche perchè la dura verità è che avrai bisogno di altri due processori grafici GPU da aggiungere all’acquisto per massimizzare il rendimento del prodotto: non è uno spreco di soldi, in questo caso l’esperienza arriva a dei livelli che non abbiamo mai visto e dal punto di vista grafico, provando a giocare World of Warcraft, si possono raggiungere i 100 FPS senza problemi.
Paradossalmente, potrebbe essere un buon consiglio quello di aspettare. Entro un anno o due infatti le GPU degli schermi di questo livello avranno prevedibilmente un calo di prezzo attorno al 50% e, a meno che tu non abbia veramente soldi da bruciare, è meglio trattenere l’acquolina in bocca, e aspettare qualche tempo per spendere un prezzo elevato, ma nei termini del ragionevole.
Non è il più recente TV OLED sul mercato, ma LG ha fatto davvero una bella mossa con il suo LG OLED B7: questo schermo da 55 pollici è straordinariamente luminoso per un pannello OLED. Il tutto arricchito da un design elegante e una risoluzione da 2160 pixel, ad un prezzo accessibile. Inoltre, il supporto per i principali formati HDR, oltre al Freeview Play, lo rende veramente un prodotto appetibile. Vediamo insieme le buone caratteristiche di questa offerta LG.
Recensione Smart TV LG OLED B7: Design
A distinguere LG OLED B7 dai suoi fratelli c’è una lunetta in argento ultrasottile e un supporto a mezzaluna. La qualità dei materiali di costruzione è parecchio soddisfacente. La finitura argento si estende sul retro del pannello, dove contrasta con l’involucro di plastica bianca. Si tratta di un look sofisticato, anche se la cornice argentata potrebbe brillare un po’ troppo in certe condizioni.
Il pannello ha uno spessore di 48 mm, nel quale risiedono sia i componenti video che l’impianto audio. Lo schermo ha 4 ingressi HDMI, tutti compatibili con HDCP 2.2 e quindi possono essere utilizzati per sorgenti 4K come per esempio un lettore blu-ray, console di gioco e set-top-box.
Ci sono anche tre ingressi USB, uno dei quali è alla versione 3.0, una uscita audio ottica digitale e l’Ethernet. Inoltre, è dotato di WiFi di serie. Abbiamo un sintonizzatore satellitare e un sintonizzatore terrestre Review Play.
LG OLED B7 è dotato di un unico telecomando, con l’ultima versione del cursore di LG, utilizzabile per navigare nella piattaforma WebOS del dispositivo. Reattivo e intuitivo da usare.
Interfaccia WebOS 3.5
LG ha apportato una serie di miglioramenti alla piattaforma WebOS 3.5 che fa girare il prodotto, ma per fortuna non sono troppo radicali. L’interfaccia utente è intuitiva come sempre, offre una navigazione semplice e una potente personalizzazione.
La schermata Home è costruita attorno ad una barra di avvio divisa in strisce per app, ingressi e funzionalità. La basi della TV e la selezione HDMI compaiono in prima posizione, seguite dalle applicazioni in streaming e dagli altri servizi. Continuando a scorrere l’elenco delle funzionalità, troveremo l’opzione per la condivisione schermo e la riproduzione multimediale di foto, musica e video.
L’ordine con cui compaiono queste opzioni può essere altamente personalizzabile. Se ad esempio utilizzi molto Miracast, puoi prendere la scheda di condivisione dello schermo con il telecomando e trascinarla dove preferisci.
Il telecomando ha pulsanti dedicati sia a Netflix che ad Amazon. Queste applicazioni di streaming rimangono sempre aperte e raggiungibili. Questo significa che puoi mettere in pausa la puntata di una serie, controllare le notizie sulla TV Live e tornare a guardare il tuo episodio senza nessun problema. Netflix trasmette 4K con HDR Dolby Vision oltre all’audio Dolby Atmos, laddove disponibile.
C’è anche Amazon in 4K con HDR e Youtube, sempre in 4K. Altre attrazioni includono Now TV, BBC iPlayer, ITV Hub, Demand 5, All 4 e Wuaki.TV.
Prestazioni HD/SDR
Per quanto riguarda l’immagine possiamo dire che ci troviamo di fronte ad un‘eccellente profondità del livello del nero, dei colori intensi e con alti livelli di dettaglio. I canali a 1080p beneficiano della scorrevolezza fotografica offerta da questo pannello altamente denso di pixel. I colori risultano ricchi e vibranti e viene fatto un lavoro piuttosto convincente sulle tonalità della pelle.
Tra le varie impostazioni di immagine troviamo anche l’HDR Effect, anche se quest’ultima opzione non aggiunge moltissimo al risultato finale.
Prestazioni 4K/HDR
LG OLED B7, quando incontra il 4K, sfodera dei dettagli precisi, delle ottime trame e un colore uniforme. Detto questo, bisogna selezionare con cura le modalità di visualizzazione e qui abbiamo parecchie opzioni. Possiamo scegliere tra standard, eco, cinema, sport, gioco, effetto HDR, vivace e due modalità per stanza luminosa e stanza buia. Di default il prodotto utilizza la modalità standard con un buon livello di luminosità medio generale e una dinamica profonda.
La qualità dell’immagine a prima vista è ottima, anche se andando a vedere con la lente di ingrandimento, troviamo alcuni problemini. Ad esempio abbiamo una modellazione dei segnali 4K ad alta frequenza che toglie naturalezza all’immagine. Per rimuovere questo difetto possiamo andare su Aspect Ratio e assicurarci che “Just Scan” sia impostato su ON. Questo è l’unico modo per garantire che alcuni dettagli non vengano trascurati.
LG OLED B7 è un ottimo schermo 4K che riesce ad essere equilibrato in tutto quello che offre
Il design è ricercato. Con una lunetta stabile, e finiture di argento che si mescolano con il bianco candido sul retro.
4 porte HDMI, 3 USB di cui uno 3.0 e tanto altro. Quando ad entrare LG OLED B7 si difende benissimo
Il sistema WebOS 3.5, recentemente aggiornato, è rimasto intuitivo. Tutto viene organizzato in strisce altamente gestibili.
La resa dei colori è sempre ottima. LG OLED B7 scricchiola solo in presenza del 4K ULTRA
Inoltre, stando ai test di laboratorio, lo schermo non è in grado di risolvere i dettagli delle immagini ULTRA 4K. Ad esempio, l’immagine è significativamente meno nitida rispetto al Panasonic EZ952. Detto questo, è improbabile che ci si imbatta in tanti contenuti con una risoluzione 4K così fine , ma andava segnalato.
La risoluzione UHD propria di Netflix è invece impressionante. La pelle e i dettagli del paesaggio sono tutti di grandissimo effetto. A volte i sottotitoli bianchi sono troppo luminosi e lo schermo non riesce a compensare questo difetto.
Se andiamo a vedere dei film di qualche decennio fa, il Dolby Vision è piuttosto orribile. Le luci vengono esagerate nei toni e le finestre di retroilluminazione contribuiscono a togliere naturalezza al risultato finale.
Per quanto riguarda la gestione delle immagini in rapido movimento LG OLED B7 svolge un lavoro ragionevole. Se si tratta di sport, suggeriamo di attivare l’opzione “Clear to motion”, mentre per i film è meglio disattivarlo completamente. Le prestazioni a livello del nero non sono superbe ma ce lo possiamo comunque aspettare da un prodotto di questa fascia.
Audio
LG OLED B7 incorpora altoparlanti stereo standard downfiring low-fi. Tuttavia il suono tende ad essere abbastanza monofonico quindi meglio abbinarci un sistema Home Theatre o almeno una Soundbar.
LG OLED B7 ha però un decodificatore Dolby Atmos e Dolby Vision dedicato a Netflix. Per sfruttare al meglio queste opzioni, è necessario instradare l’audio Atmos dal set utilizzando HDMI ARC su una soundbar Dolby Atmos o un ricevitore AV. Possiamo e dobbiamo comunque dire che gli altoparlanti non sono l’elemento più potente dell’offerta.
Concorrenza e verdetto finale
Confrontato con la concorrenza LG OLED B7 si batte abbastanza bene. Il principale concorrente è il Panasonic EZ952 da 55 pollici che non è brillante e non ha il supporto Dolby Vision ma offre un’immagine 4K decisamente più nitida. Philips 55POS901F ha il vantaggio dell’opzione Ambilight ma utilizza un pannello del 2016 che non è all’altezza di entrambi rivali.
La scelta potrebbe cadere addirittura sul C7 sempre di LG: le differenze non sono moltissime ma se c’è una promozione è meglio scegliere questa seconda opportunità. Se invece vuoi qualcosa che sia una tacca superiore meglio puntare sull’OLED A1 da 65 pollici di Sony.
Il nostro verdetto finale conferma che LG OLED B7 è un fantastico TV 4K. Offre delle immagini HDR vibranti e dinamiche, ha una eccellente luminosità e la capacità di fornire una profondità dei neri assolutamente soddisfacente. Non è il più potente 4K in circolazione, ma qualsiasi deficit dell’immagine viene compensato da una opzione apposita. Inoltre la piattaforma WebOS dà al prodotto una interazione facile ed intuitiva.
Per cui, quando si bilanciano prestazioni, prezzo, design e funzionalità, LG OLED B7 non può che essere considerato un ottimo acquisto.
Gli Apple Airpods sono delle buone cuffie, ma vale la pena comprarli? e soprattutto vale la pena acquistarli rispetto ad altri modelli con auricolari sinistro e destro separati, per non parlare delle cuffie auricolari Bluetooth classiche o addirittura i “pittoreschi” modelli ancora con il cavetto?
Possiamo dire che Apple Airpods è un prodotto migliore di quanto ci si potrebbe aspettare: aiuta anche il fatto che abbiano un prezzo sostenibile, soprattutto considerando che i concorrenti come Jaybird Run e Bose SoundSport costano di più. Ma dopo parecchi mesi di utilizzo, la molla che fa scattare l’amore o meno nei confronti del prodotto è l’adattamento alla forma delle tue orecchie.
Si adattano abbastanza bene alle orecchie della maggior parte delle persone, ma per alcune saranno assolutamente perfetti. E per costoro Apple Airpods è semplicemente fantastico. Per quelli che invece hanno una forma delle orecchie che non si adatterà perfettamente al prodotto, l’esperienza non è altrettanto magnifica. Ovviamente funzionano bene, ma la soddisfazione è attutita dalla paura costante che ti possano cadere, specie se sei sulla metropolitana o stai scendendo le scale.
Apple ha anche corretto una serie di criticità iniziali, tra cui quella più grave in cui gli AirPod si bloccavano durante le conversazioni telefoniche su iPhone 6S e con l’arrivo di iOS11, ora puoi fare un doppio tocco su una delle due gemme, per spostare le tracce musicali avanti o indietro, anche senza appoggiarti a Siri. Vale anche la pena di notare che sono quasi sempre disponibili nei negozi e nei rivenditori Apple, senza bisogno di prenotarli e farli arrivare. Ma iniziamo da quello che più ci piace degli Apple Airpods dopo mesi di utilizzo.
Recensione Apple AirPods: la vestibilità e il comfort
Gli Apple Airpods sono superleggeri e rimangono infilati nelle orecchie molto meglio rispetto agli Earpod, cioè i loro fratelli cablati. Gli EarPod hanno dei cavetti veramente sottili ma inevitabilmente aggiungono peso alle gemme che inseriamo nel condotto auricolare che possono farle scivolare via se facciamo dei movimenti bruschi. Invece gli AirPods hanno una presa decisamente maggiore rispetto ai gemelli.
Chip e abbinamento con altri dispositivi
Il chip degli AirPods è Apple W1, progettato per consentire l’accoppiamento automatico con i dispositivi Apple da iOS10 e successivi, WatchOs 3 e successivi o MacOS Sierra e successivi.
L’abbinamento è estremamente veloce e facile: basta posizionare le cuffie vicino al dispositivo compatibile e queste verranno rilevate automaticamente, senza neanche bisogno di chiedere il permesso per eseguire l’associazione. Possiamo fare tutto senza nemmeno entrare nel menu impostazioni.
Possiamo anche passare facilmente da un dispositivo Apple all’altro: possiamo infatti spostarci dal suono del computer a quello dell’iPhone o iPad senza il minimo problema. Per i possessori di Apple Watch la transizione tra Watch e iPhone senza interruzioni è fondamentale ed è uno dei motivi per cui questi clienti sono i più soddisfatti.
Udite, udite è funzionante anche con dispositivi NON di Apple: ad esempio gira bene con il Samsung Galaxy S7 Edge o il Samsung Galaxy S8 Plus, anche se non è possibile sfruttare le funzioni speciali.
Caratteristiche speciali
Gli Apple Airpods funzionano molto bene come auricolare stereo o mono. Se vuoi puoi utilizzare solo il bocciolo di sinistra o di destra e la qualità delle chiamate è piuttosto impressionante sia per chi le esegue sia per chi le riceve. Grazie ai sensori ottici e gli accelerometri incorporati in ciascun auricolare, il dispositivo collegato (sia esso un iPhone, iPad o Mac) riconosce quando sono stati tolti dalle orecchie e interrompe la musica. A seconda della app di musica che stai ascoltando, la riproduzione del brano ricomincerà automaticamente non appena reinserirai il prodotto nell’orecchio.
Non è invece una perfetta luna di miele quella con Spotify, perché quando abbiamo tolto gli Apple Airpods dalle orecchie, la musica doveva essere riavviata manualmente.
Wireless affidabile
La connessione wireless tra i due auricolari è quasi perfetta, abbiamo notato solo occasionali singhiozzi. I concorrenti di Apple Airpods tra cui Bose SoundSport Free, Jabra Sport Elite, Bragi The Headphone e Skybuds, offrono una connettività affidabile ma gli AirPods sono ai vertici della categoria in questo reparto.
Miglioramento del doppio tocco
A differenza dei telecomandi delle tradizionali cuffie cablate, con i controlli del volume e riproduzione/pausa, l’unico controllo fino ad ora disponibile sugli Apple Airpods era la possibilità di accedere a Siri. Con un doppio tocco potevi dare comandi vocali per spostare le tracce avanti e indietro. Purtroppo questi erano progettati per funzionare con Apple Music e non con servizi di streaming concorrenti come Spotify. In alternativa potevi appoggiarti ad Apple Watch come telecomando, ma non tutti lo hanno.
Quando Apple ha rilasciato iOS11, è arrivato un piccolo ma importante potenziamento: ora puoi programmare la funzionalità di doppio tocco di ogni gemma separatamente. Adesso quando facciamo un doppio tocco su uno dei due auricolari, la traccia avanza, indipendentemente dal servizio musicale che stiamo utilizzando. Ad esempio, facendo un doppio tocco sul bocciolo sinistro si avvia Siri, ma avremmo anche potuto decidere di avviare “traccia precedente”, “Riproduci”,”Pausa”, “Traccia successiva” o “Disattiva”.
Vale la pena di notare quanto velocemente la traccia avanza quando si tocca due volte: non c’è praticamente nessun ritardo.
Qualità del suono
Il suono è aperto e ampio anche se si tratta di auricolari non isolati dai rumori esterni. Questo significa che i boccioli non devono essere conficcati nelle orecchie per ottenere un buon suono, ma basta semplicemente appoggiarli.
Gli Apple AirPods suonano al meglio in un ambiente silenzioso e sono abbastanza bilanciati, fornendo una quantità ragionevole di bassi.
Certo, le cuffie di Bose offrono più bassi e un suono più ricco ma ovviamente costano di più. Anche Jabra Sport Elìte fanno meglio, dato che hanno un design isolante dal rumore esterno e un cardiofrequenzimetro integrato, ma anche loro costano di più. Possiamo dire che il suono degli Apple AirPods è simile a quello degli EarPod cablati, quindi se questi ultimi ti sono piaciuti, sarai soddisfatto anche adesso.
Gli Apple AirPods sono leggerissimi, maneggevoli e hanno un buon design, anche se a volte possono sembrare degli orecchini
Il costo è abbastanza alto. Certo, ci sono degli elementi di fine tecnologia dentro, ma stiamo comunque spendendo parecchi soldi per un dispositivo di plastica
Collegamenti, connessioni, abbinamenti sono operazioni facilissime e automatiche con tutti i dispositivi Apple, ma gira bene anche su smartphone diversi, come i Samsung
La custodia è molto maneggevole. Durano 5 ore, e con 15 min di ricarica accumulano 3 ore di autonomia
Se si adattano al tuo orecchio, sono perfetti. Ma se abbiamo qualche millimetro di spazio, spunta la paura di perderli mentre si corre.
I suoni sono eccellenti, anche se non abbiamo isolamento rispetto ai rumori esterni. In metro o per la strada affollata, le voci potrebbero interferire
Con gli ultimi aggiornamenti, gli AirPods possono richiamare Siri con un doppio tocco anche su uno solo dei due auricolari
La custodia di ricarica e la durata della batteria
Gli Apple AirPods si inseriscono magnificamente in una custodia di ricarica delle dimensioni di un contenitore di filo interdentale. Il case degli AirPod si ricarica tramite un cavo Lightning incluso. Il sigillo si chiude magneticamente in maniera piuttosto morbida.
La durata della batteria, che si attesta sulle 5 ore, potrebbe non essere fantastica, ma grazie alla custodia che funge anche da ricarica non abbiamo particolari problemi. Apple dice che una ricarica di 15 minuti ti darà tre ore di durata della batteria e alla prova dei fatti i risultati sono abbastanza vicini a quanto dichiarato dall’azienda.
Sincronizzazione
Le cuffie Bluetooth sono note per avere problemi di ritardo audio durante la visione di film e videogiochi. Gli Apple AirPods non sono totalmente immuni a questo problema, ma sono tra le migliori cuffie Bluetooth quando si tratta di sincronizzazione.
Abbiamo testato gli AirPod con Youtube, Netflix e un film scaricato da iTunes: tutto è stato sincronizzato correttamente. L’iPhone riesce inoltre a compensare l’eventuale ritardo dell’audio Bluetooth ritardando a suo volta leggermente il video.
Cosa non ci piace
Ovviamente non è tutto bello negli Apple AirPods. La prima cosa rimane il prezzo: non è straordinariamente costoso ma è comunque un bello spendere per degli auricolari in plastica. Certo, hanno alcuni componenti di alta tecnologia al loro interno, ma dall’esterno sembrano auricolari decisamente economici. Inoltre se sei pignolo sulla qualità audio, puoi ottenere una cuffia wireless dal suono migliore puntando su Bose.
Nessun isolamento acustico
Anche se il design è piuttosto aperto e questo ha dei vantaggi , d’altro canto gran parte del rumore ambientale riesce a penetrare e intromettersi con quello che stai ascoltando. Quindi non sono le cuffie migliori se stiamo girando per le strade o se siamo in metropolitana.
A volte sembrano degli orecchini
Certamente indossare gli Apple AirPods non ti fa sembrare un figlio dei fiori, ma a prima vista, in alcuni casi, potrebbero anche sembrare degli orecchini.
Non sono così ridicoli come alcuni critici si sono espressi durante questi mesi di commercializzazione, ma effettivamente un piccolo miglioramento del design per non scambiarli con oggetti di moda sarebbe gradito.
La vestibilità varia da persona a persona
Gli Apple AirPods non si adattano alle orecchie di tutti allo stesso modo. Generalmente gli AirPods riescono ad agganciarsi all’orecchio senza particolari problemi, e se si inseriscono in maniera perfetta potrai stare tranquillo. Ma anche qualche millimetro di spazio sul tuo orecchio fa in modo che ogni volta che corri nasca in te la paura che ti possano cadere e che tu possa calpestarli per errore.
Gli Apple AirPods sono resistenti al sudore, quindi puoi usarli mentre ti alleni, ma non sono impermeabili quindi non fate l’errore di indossarli sotto la doccia.
In teoria è possibile comprare degli adattatori di terze parti per ottenere una vestibilità completa: l’aggiunta di altre alette conferisce agli AirPods una finitura più sportiva che ti consente di attaccarli perfettamente alla forma del tuo orecchio. In questo caso l’unica cosa non bellissima è il fatto che devi togliere questi adattatori ogni volta che metti gli Apple AirPods nella loro custodia di ricarica.
Sono abbastanza facili da perdere
Uno dei problemi è che la custodia di ricarica ha una finitura talmente lucida e liscia, che può facilmente scivolare fuori dalla tasca se sei seduto sul divano o una sedia imbottita. Anche i boccioli sembrano saponati, per cui c’è sempre il sottile timore di perdere tutto il dispositivo o una delle due gemme.
Apple, nel caso in cui dovessi perdere uno dei due auricolari, ti permette di comprare singolarmente solo quello destro o sinistro: non è proprio un affarone, ma è molto più economico che comprare un intero pacchetto nuovo.
Non gestisce troppo suono
Come molte cuffie Bluetooth, funzionano meglio con musica meno esigente. Se proviamo a lanciare dei pezzi Hard Rock o tracce con tanti strumenti che suonano contemporaneamente, potremmo non avere un’impressione così favorevole del suono.
Vale la pena comprarli?
Se vogliamo dare il classico giudizio finale, possiamo dire che tendenzialmente ci piacciono e che si impara ad apprezzarli durante il tempo. La maneggevolezza è un punto di forza e l’idea di estrarre una piccola custodia tipo filo interdentale e avere subito un paio di cuffie wireless pronte è piuttosto allettante, anche se il rischio di perderle rimane sempre in sottofondo.
Vanno molto bene in ufficio e in ambienti più silenziosi, ma non così bene in luoghi aperti e rumorosi.
La durata della batteria non è un problema e Apple ha avuto il merito di eliminare numerosi bug nel corso dei mesi e le prestazioni possono essere notevolmente migliorate tramite aggiornamenti del firmware.
Suonavano abbastanza bene per essere delle piccole cuffie bluetooth quando li abbiamo utilizzati per le prime volte ma ci sono stati momenti in cui avremmo preferito qualche funzione in più per i soldi che avevamo speso. Ma siamo giunti alla conclusione che il valore sia più elevato di quanto si pensi e che lo si apprezzi nel corso del tempo. Inoltre hanno un prezzo ancora abbastanza ragionevole, considerato che parliamo di prodotti “costosi” per definizione.
Con Apple HomePod ci troviamo di fronte ad un prodotto che fa due cose diverse. E’ uno speaker di alta classe e un Hub per la tua casa intelligente. Nella prima categoria, Apple HomePod è veramente eccellente, con un suono straordinario e una installazione incredibilmente intuitiva. Ma nel secondo caso l’assistente vocale Siri svolge delle prestazioni buone ma non stupende, e il fatto che non si possa uscire dall’ecosistema Apple per diverse funzioni chiave è un altro motivo di frustrazione.
Un po’ di storia: uno dei principali prodotti lanciati da Apple negli ultimi anni è stato proprio l’HomePod. Non solo è un ottimo dispositivo, ma rappresenta al meglio la capacità dell’azienda di diversificare i suoi prodotti. In realtà ha preso in prestito metà del suo nome dall’iPod e possiamo dire che Apple HomePod è un ingresso piuttosto tardivo nel mercato degli altoparlanti.
Ma Apple in realtà non si è mai preoccupata troppo di questo: i dirigenti di Cupertino sembrano abbastanza contenti di lasciare che il resto del settore proponga i propri prodotti per poi identificare le principali lacune e offrire qualcosa che funziona meglio degli altri, con un design più elegante ma ad un prezzo più elevato che gli utenti sono contenti di pagare. E finora questa strategia sta funzionando bene. Ecco le nostre considerazioni sull’altoparlante Apple e alcuni test che abbiamo in prima persona.
Recensione Apple HomePod: installazione e configurazione
La configurazione di Apple HomePod rientra perfettamente nella tradizione di semplicità dell’azienda. Basta avvicinare l’iPhone e questo invierà il tuo ID Apple e tutte le tue preferenze di Apple Music assieme alle password Wi-Fi, il tutto in un processo guidato piuttosto rapido e intuitivo. L’intera operazione di configurazione è stata ritardata solamente dalla necessità di aggiornare iOS alla versione più recente, che è un prerequisito per far funzionare il dispositivo.
Ovviamente per la configurazione è necessario avere un iPhone o iPad come requisito irrinunciabile. L’intero processo è estremamente rapido e supera di gran lunga in semplicità Amazon Echo e Sonos One, per cui bastano veramente pochi istanti per essere pronti.
Inoltre Apple ha fatto un ottimo lavoro nel riconoscimento del Wi-Fi. Se avete bisogno di utilizzare una nuova rete wireless già configurata sul telefono, basta tenere il dispositivo nelle vicinanze di HomePod e il gioco è fatto. Sulla facilita d’uso possiamo dire che Apple ha letteralmente stracciato la concorrenza.
Homepod dimostra la capacità di capire lo spazio attorno a sé. Se si trova in una stanza e rilascia un brano musicale, valuterà l’ambiente attorno ascoltando come il suono che emette rimbalza e se si accorge che c’è un muro farà in modo di concentrare l’emissione di onde sonore sul davanti, per evitare fastidiosi rimbombi. Se invece non è adiacente ad una parete, emetterà il suono in uno spazio di 360°.
Design
Dal punto di vista del design, Apple HomePod è piuttosto solido: 2,5 kg in un telaio da 172 mm. In realtà questo peso abbastanza rilevante è giustificato da 1 buffer e 7 tweeter, ognuno con un proprio amplificatore, oltre a 6 microfoni puntati in ogni direzione per aiutare a catturare la tua voce quando chiami Siri.
Apple HomePod, tuttavia, ha un cavo elettrico che esce dalla parte posteriore e questo significa che non potremo collegare fisicamente nessun altro dispositivo e il prodotto dovrà fare sempre tutto da solo. L’unico punto di rottura nel suo design compatto è il disco rotondo e riflettente posizionato in alto.
Qui abbiamo una luce che pulsa, a significare che Siri sta ascoltando ed elaborando i comandi, e dove troverete le icone per regolare il volume. Purtroppo non abbiamo nessun feedback tattile dei pulsanti, ma dal momento che utilizzeremo la voce la maggior parte delle volte non è un grosso problema.
Possiamo dire che non è il diffusore esteticamente più piacevole che ci sia sul mercato, ma è attraente nella sua semplicità.
Un piccolo dettaglio di arredamento: sembra che Apple HomePod lasci un alone bianco sotto le superfici più pregiate, come il legno poroso. L’azienda ha riconosciuto il problema e dice che dovrebbe scomparire dopo pochi giorni, ma altri utenti segnalano che lascia un anello biancastro permanente, per cui tieni conto che le vibrazioni potrebbero rovinare le superfici più delicate.
Come elaborazione Apple HomePod è dotato del chip A8 di Apple, che fece il suo debutto nell’iPhone 6 del 2015: potrebbe sembrare un po’ vecchio, ma dato che quel chip è stato progettato per alimentare un intero smartphone e ora è a disposizione di un solo speaker, è più che sufficiente.
Audio
La qualità audio di Apple HomePod è davvero eccezionale: riempie facilmente una stanza e riesci a distinguere nettamente gli elementi delle tracce musicali. E’ certamente al suo meglio quando viene posizionato contro un muro, in quanto riesce a separare bene i suoni e i toni arrivano ad un ampiezza incredibile.
Probabilmente siamo abituati a sentire la musica da speaker normali o da cuffie di qualità mediocre oppure dalla nostra televisione e l’utilizzo di Apple HomePod permetterà a molti utenti di cogliere nuove sottigliezze nella musica che potrebbero non aver mai sentito prima.
I bassi in particolare sono piuttosto forti, come la maggior parte dei suoni emessi dall’altoparlante. L’audio è stabile con note molto nitide e l’ascolto di musica elettronica in particolare è stato molto chiaro. I suoni più bassi hanno portato ad un leggero ritardo, ma un orecchio non allenato non se ne accorge.
Ma in realtà è la fusione delle tonalità di suono che è impressionante: possiamo sentire un basso piuttosto vibrante (anche se a volte un po’ troppo rumoroso) e allo stesso tempo percepire una voce cristallina nei toni più alti, il che è davvero una bella esperienza.
A volte potrebbero mescolarsi un po’ i toni: ad esempio il basso potrebbe diventare leggermente torbido o il violino potrebbe stridere qualche decimo di secondo, ma rispetto ad uno speaker economico la qualità è avanti anni luce. Se chiediamo a Siri di mettere il volume al massimo, questo ci chiede la conferma e se gliela diamo, il suono complessivo sarà davvero molto potente.
Anche gli effetti sonori come gli spruzzi d’acqua, la pioggia o l’imitazione di un disco in vinile hanno una nitidezza davvero sorprendente.
Per la ricezione dei nostri comandi vocali, Apple HomePod si comporta bene, anche se ovviamente ci sono dei limiti: se siamo in una stanza con più persone è necessario che gli altri facciano silenzio, altrimenti le loro parole saranno rilevate portando a comandi casuali.
Confrontandolo con Amazon Echo e Sonos One, possiamo dire che il suono dell’altoparlante di Apple è il più ampio e chiaro. Amazon Echo offre la qualità più bassa dei tre in termini di suono, ma non è terribile. Ma Apple HomePod lo distrugge.
Sonos One è comprensibilmente molto più vicino ad HomePod quando si tratta di prestazioni audio, ma non è altrettanto bello: il suono è più “stretto”, meno ampio. Questo non vuol dire che la qualità di suono di Sonos non sia estremamente chiara ed evocativa, ma Apple HomePod riesce a batterlo.
Apple HomePod ha un bel design. E’ compatto e robusto: non il più bello del mercato, ma le linee semplici sono gradevoli
Il processo di prima installazione, a patto di avere un iPhone con l’ultima versione di iOS installata, è il più semplice e veloce che esista al momento
La riproduzione audio è eccezionale: dà il meglio di sè vicino ad una parete. Con 1 woofer e 7 tweeter la potenza acustica è notevole
La ricezione dei comandi vocali è buona: nell’80% dei casi tutto è stato interpretato correttamente. Anche se ripetere “Hey Siri, per ogni singolo comando è po’ noioso.
HomePod gestisce anche la tua casa intelligente. Le interazioni sono buone, ma devi necessariamente attaccarti a tutto l’ecosistema di Apple, con poche possibilità di personalizzazione
Un cavetto di alimentazione: niente CD o connessione bluetooth. In compenso è possibile usarne due per ottenere un sistema stereo, ma a volte i comandi possono confondersi
Software
Al di là delle prestazioni acustiche, ci sono anche i software e le app e qui incontriamo un piccolo problemino. Hai bisogno di un abbonamento ad Apple Music, a meno che tu non voglia semplicemente trasmettere canzoni direttamente dal tuo iPhone e anche quello può essere fatto solamente attraverso Air Play.
Diciamo che non è possibile eseguire lo streaming tramite Bluetooth su Apple HomePod: non è un grossissimo problema, ma se avevi qualcos’altro che volevi sentire attraverso il Bluetooth non potrai farlo.
Allo stesso modo, senza nessun ingresso audio, non potrai riprodurre CD. Per cui per ottenere il meglio da Apple HomePod dobbiamo avere Apple Music con un abbonamento mensile. Anche se sei un utente Spotify, non sarai in grado di utilizzare tutte le prestazioni del prodotto e questo non è bellissimo. Puoi comunque controllare la musica utilizzando la tua voce, ma da Spotify è molto più lento a rispondere.
Insomma, il fatto che tu sia praticamente bloccato su Apple Music è una chiara scelta dell’azienda, che però limita di molto le possibilità dell’utente.
Tuttavia con AirPlay2 puoi perlomeno collegare due HomePod insieme per ottenere un suono stereo o aggiungere altoparlanti di marche diverse per diffondere suono anche attraverso altri dispositivi. L’elenco dei diffusori compatibili include Sonos Playbase, Sonos Beam, Sonos One e Sonos Play oltre a Bang & Olufsen, Libratone e Naim.
L’abbiamo provato assieme ad Apple TV: il suono era brillante, anche se abbiamo dovuto smanettare con le impostazioni per riprodurre attraverso l’altoparlante. Quando abbiamo provato ad utilizzare Spotify, c’è un notevole ritardo nella risposta e questo da Apple non ce lo aspettiamo.
L’assistente virtuale Siri
Apple HomePod non è solamente uno speaker ma anche un assistente virtuale intelligente. Dicendo “Ehi Siri” puoi parlare con Apple HomePod per chiedergli ogni cosa.
In effetti questo altoparlante è progettato per non essere mai toccato fisicamente e basarsi interamente sulle interazioni via voce, quindi è buona cosa che l’accuratezza del riconoscimento vocale sia assolutamente perfetta.
Possiamo dire che nell’80% dei casi tutto fila liscio:anche attraverso la musica ad alto volume, la tua voce viene riconosciuta. Tuttavia il fatto di dover necessariamente ripetere “Ehi Siri” tutte le volte per dare un comando, può diventare leggermente frustrante. Soprattutto quando devi saltare le tracce della musica. “Ehi Siri salta” “Ehi Siri salta”…
Inoltre se nella stanza ci sono altri dispositivi Apple che si accendono allo stesso comando, potrebbe generarsi un po’ di confusione.
Siri parla con un tono di voce molto normale e naturale: in effetti il modo con cui puoi parlare con lui è davvero fantastico e divertente, con un linguaggio che viene riconosciuto anche nelle sue sfumature in ogni situazione. Ad esempio se dici “Ehi Siri, grazie!” risponderà con, “Prego! non c’è di che”.
Per le interazioni giornaliere, Siri è piuttosto intuitivo: ad esempio possiamo dire “Ehi Siri mixa la mia playlist come preferisci” e il dispositivo capirà cosa vuoi fare.
Si possono aggiungere tracce musicali, saltare in avanti e indietro o addirittura riavvolgere di alcuni secondi solo chiedendolo a voce e questo funzionerà perfettamente. Ma puoi anche dire “Ehi Siri! riproduci l’ultimo episodio di questo podcast”, e il comando verrà perfettamente capito.
Abbiamo notato che quando si usano due speaker, il controllo del volume di entrambi è piuttosto approssimativo. A volte il volume veniva cambiato da una parte e non dall’altra o su entrambi in maniera sbagliata.
Una delle cose che Apple sta facendo è quello di aggiungere funzionalità di apprendimento al suo Siri. Ad esempio, chiedendogli di riprodurre dei brani che ci sono piaciuti, Apple HomePod farà una rivisitazione all’interno di quelli riprodotti più volte e cercherà di accontentare intelligentemente la nostra richiesta.
Ci sono ancora delle piccolissime sbavature da correggere: se gli chiediamo di suonare un po’ di musica “energica” a volte è stato riprodotto lo stile country, che è abbastanza energico, ma che non era presente da nessuna parte delle playlist e che non avevamo registrato sul nostro iPhone.
Insomma a volte potrebbe “inventare” un po’ le risposte e non essere ancora sufficientemente calibrato.
Apple ha comunque annunciato un aggiornamento di HomePod, dicendo che fra poco si potranno cercare testi, saranno supportate altre lingue come francese, spagnolo e canadese e ci sarà una funzione che consente di impostare il timer. Mentre già al momento attuale è possibile effettuare chiamate direttamente da HomePod.
La casa intelligente, HomeKit
La capacità di Siri non è solamente quella di rispondere ai tuoi comandi vocali, ma anche controllare la tua casa intelligente.
Tutto inizia con l’altoparlante, che può fungere da sveglia, anche se ha solamente un singolo tono per svegliarti al mattino, e non puoi ancora chiedere a Siri di leggerti le notizie. Puoi comunque chiedere di riprodurre la tua canzone preferita ed è possibile creare elenchi di cose da fare, riprodurre musica e impostare un timer.
L’ecosistema intelligente di Apple si chiama HomeKit e viene controllato principalmente tramite l’app dedicata sul tuo iPhone, iPad o Apple Watch. In questo caso configurare una luce intelligente è semplice come scansionare un codice QR Code dalla fotocamera dello smartphone: una volta che è stato fatto, i comandi successivi possono essere dati vocalmente.
Abbiamo provato a dire “Ehi Siri, sono a casa!” e tutte le luci che abbiamo impostato si sono accese. “Ehi Siri! buonanotte” e ha spento il televisore, chiuso le tende e fatto partire una musica rilassante.
Meno bello il fatto che non sia possibile disattivare la voce nè modificare il volume. Quindi se a notte fonda diciamo a Siri di spegnere le luci, sentiremo un “Ok, fatto!” con la stessa potenza e volume che sentivamo a mezzo giorno. Anche il suo “Buonanotte!” è molto entusiasta e tonante, il che non è l’ideale quando stiamo per addormentarci.
Vale la pena comprarlo?
Dopo queste esperienze, arriviamo ad una domanda piuttosto familiare quando si parla di Apple. Vale la pena spendere tanti soldi per questo prodotto o è meglio optare per uno più economico che fa molte cose simili anche se non proprio allo stesso livello?
Possiamo dire che HomePod è un pregevolissimo speaker, con un suono ricco e chiaro e ogni aspetto della sua progettazione è stato veramente ben pensato. Ci sono altri speaker che possono fare di più e ci sono diffusori più economici che suonano ancora abbastanza bene. Tuttavia Apple HomePod è stato geniale nel collegare le funzionalità intelligenti di Siri a tutto l’impianto, a patto che tu sia profondamente integrato nell’ecosistema Apple.
Se hai un Macbook, un iPhone, un Apple Watch, un iPad e un Apple TV, troverai che Apple HomePod è una bella aggiunta a quello che hai già. Ma ci sono ancora piccole pecche come Siri che non è ancora in grado di effettuare ricerche sul web, la mancanza di streaming Bluetooth e alcune piccole confusioni se disponiamo di più di un dispositivo.
In effetti si sente che Apple HomePod è molto in “beta”. Come utenti possiamo desiderare un Siri più capace, e una piattaforma HomeKit più robusta. A questo punto se ne acquisti più di uno è meglio metterli in stanze diverse piuttosto che cercare di combinarli insieme.
Se vuoi solo un altoparlante “abbastanza” intelligente dal suono eccezionale e non sei preoccupato di dover usare solo Apple, allora ti divertirai molto. Ma se sei un po’ più parsimonioso e non vuoi sposarti esclusivamente con i prodotti di Cupertino, vale la pena di aspettare e vedere come si evolve il mercato degli altoparlanti intelligenti, prima di prendere la tua decisione.
Lenovo IdeaPad 530S è un gran bel laptop costruito in alluminio e con performance più che buone ad un prezzo conveniente, ma alcuni scivoloni come gli altoparlanti e il display di bassa qualità impediscono al prodotto di distinguersi e superare la concorrenza.
Per diversi anni, la Lenovo ha puntato su laptop maneggevoli e con buone performance a costi bassi e il Lenovo IdeaPad 530S non fa altro che continuare questo trend. Il prodotto che ci troviamo di fronte è un laptop da 15 pollici con prestazioni sufficienti per la maggior parte dei task e con una superba tastiera, per cui se stai cercando un prodotto per la scuola o per brevi lavori di ufficio Lenovo IdeaPad 530S sarà più che sufficiente. Ma se vuoi qualcosa di più, le cose cambiano.
Recensione Lenovo IdeaPad 530S: Design
Dal punto di vista del design, il Lenovo IdeaPad 530S sfoggia una ottima immagine, data dai materiali in alluminio che aumenta la sua durata e la sua bellezza generale. Il display non si flette in nessuna situazione, anche se andiamo a stressare gli angoli con le dita, ed è abbastanza sottile da fare una bella figura aperto sul tavolo in un bar o vicino ai colleghi.
Le finiture sono in un grigio minerale abbastanza piacevole. Un punto di forza sono le dimensioni compatte: le sue misure lo rendono ideale per essere portato in giro anche infilandolo in una borsa o in uno zaino, e senza avere bisogno di un porta computer dedicato. La sua leggerezza, davvero straordinaria, lo rende estremamente maneggevole.
Per quanto riguarda le porte e le entrate siamo quasi alla perfezione: 2 porte USB 3.0, un USB-C 3.1, un Jack per le cuffie e un lettore di schedine SD. Ovvero tutto quello che potremmo chiedere ad un laptop di fascia media. Inoltre troviamo, ereditati dagli smartphone dei nostri tempi, il lettore di impronte digitali che è una innovazione benvenuta su prodotti come questo, ed è un bonus di sicurezza certamente gradito.
Il lettore di impronte potrebbe essere più accurato, in quanto in alcune occasioni abbiamo dovuto ripetere l’operazione e siamo finiti a sbloccare il dispositivo attraverso il PIN, ma tutto sommato ci siamo.
La tastiera è semplicemente sublime. La Lenovo realizza probabilmente le migliori tastiere per laptop, e quella di IdeaPad 530S è meravigliosa. I tasti sono perfettamente posizionati, scorrono che è un piacere e ci si può scrivere per ore senza sbagliare e senza stancarsi. Solo una tastiera ergonomica potrebbe essere più adatta alle dita, davvero complimenti. Anche il trackpad svolge un ottimo lavoro: è perfettamente funzionale e ha una precisione davvero soddisfacente. L’unico difetto è che è un po’ piccolo, per cui qualche volta il dito tende ad uscire e a sbattere contro i tasti.
Display
Il Lenovo IdeaPad 530S ha un display che possiamo definire mediocre. È un 15.6 pollici con 1080 pixel IPS che svolge bene la gran parte delle operazioni, ma non è particolarmente brillante. Anche in una stanza con molta luce, quindi nemmeno al sole diretto, potrebbe provocare qualche piccolo problemino di visibilità. Per fortuna la luminosità, una volta alzata, riesce a risolvere quasi sempre la situazione, anche se dovremmo sacrificare un po’ di durata della batteria.
Speaker
Invece, gli speaker sono terribili. Il suono esce molto male, i toni alti sono irricevibili: nulla suona bene, né una canzone, né un video di YouTube o qualsiasi altra cosa. Addirittura ad un certo punto abbiamo dovuto disattivare le notifiche perché il suono era veramente sgradevole. Possiamo certamente definire gli speaker del Lenovo IdeaPad 530S fra i peggiori che abbiamo provato negli ultimi anni.
Lenovo IdeaPad 530S bello, in alluminio, leggerissimo e maneggevole. Sotto questo aspetto l’azienda ha fatto un ottimo lavoro
Per le entrate siamo quasi alla perfezione. Abbiamo tutto quello che possiamo desiderare, compreso il jack da 3.5mm e USB in abbondanza
La tastiera è semplicemente magnifica: ore di scrittura senza stancarsi e senza errori.
Il display è invece mediocre: poca brillantezza e prestazioni abbastanza basse. Impensabili i videogiochi
Gli speaker sono penosi, anche per le notifiche. Allo stesso prezzo esistono prodotti che offrono di più, e questo è uno dei problemi principali del prodotto.
Performance
Per fortuna, quanto a performance, Lenovo IdeaPad 530S è più soddisfacente. Siamo riusciti a lavorare un giorno intero tenendo aperte diverse schede di Chrome, e usando iTunes senza nessun tipo di problema. Possiamo considerarla una macchina da lavoro assolutamente efficiente e senza nessun rallentamento. Anche nei test il Lenovo IdeaPad 530S si posiziona molto bene rispetto alla concorrenza e ha delle performance di tutto rispetto. Il multitasking non è assolutamente un problema, possiamo gestire diverse operazioni contemporaneamente senza che ci sia la minima sbavatura.
Nella maggior parte dei casi, il laptop si è comportato in linea con le promesse del costruttore. E ‘stato solo un po’ lento nel benchmark sintetico di GeekBench 4, arrivando dietro ad altri laptop con lo stesso processore Core i5 come lo Yoga 730. Ma l’IdeaPad ha battuto l’Acer Aspire E 15, per esempio. Prova pratica: nella codifica un file video da 420MB, IdeaPad 530s ha completato il processo in 291 secondi, una buona dimostrazione che di nuovo è leggermente dietro lo Yoga 730 e pochi secondi meno di l’Acer.
Le prestazioni di archiviazione hanno dato risultati misti: è stato molto veloce nella lettura dei dati rispetto alle altre macchine, ma è un pochino lento nella scrittura dei dati. Invece l’apertura delle app e il salvataggio dei file sono stati tutti rapidi ed efficienti. Ma se hai bisogno di lavorare con file di grandi dimensioni o utilizzare applicazioni di database, troverai che le velocità di scrittura è più limitata.
Dal punto di vista dei videogiochi, non aspettiamoci molto, in quanto il prodotto non è pensato per questo. La scheda grafica integrata riesce a raggiungere risultati assolutamente insoddisfacenti, per cui non cimentatevi.
Durata batteria
Abbiamo sottoposto la batteria a stress avviando un video con VLC media player al 50% di luminosità e volume, e Lenovo IdeaPad 530S è abbastanza impressionante. Possiamo passare la maggior parte della nostra giornata senza dover correre a ricaricare il prodotto. Ovviamente da un laptop di questa categoria non possiamo aspettarci un’intera giornata di lavoro, ma arriviamo al massimo alle 6/ 7 ore.
Eseguendo un test di laboratorio, con una forte lavoro sui testi e una serie di video conferenze, Lenovo IdeaPad 530S dura 3 ore e 58 minuti. Per cui dovrebbe accompagnarti almeno fino alla pausa pranzo.
Sistema operativo e software
Il sistema e i software di Lenovo IdeaPad 530S girano molto bene. Di solito la casa madre cerca di inserire dei programmi proprietari per spingere l’utilizzo dei propri prodotti, ma a parte un paio di software targati Lenovo, il resto del sistema è completamente libero. E questo ci rende piuttosto contenti. Eccetto il McAfee livesafe, non abbiamo software di terze parti preinstallati, per cui abbiamo una versione di Microsoft Windows 10 bella pulita ed efficiente.
Giudizio finale
Il Lenovo IdeaPad 530S non è un laptop terribile, semplicemente non è magnifico. Se stai cercando un prodotto per svolgere il lavoro di tutti i giorni, o per lo studio, dovrebbe andare bene. Ma se hai delle altre esigenze esistono altri prodotti concorrenti, o addirittura altri articoli della stessa Lenovo, che quasi allo stesso prezzo ti possono dare veramente di più: a livello di display, di altoparlanti, di trackpad. Parliamo ad esempio dell’Acer Aspire E 15 che offre un Core i5-8250U, 8GB di RAM, un SSD SATA da 256GB e una durata della batteria superiore, sebbene sia un po’ più pesante.
Non possiamo dire di trovarci di fronte ad un “cattivo” prodotto, ma ha senso comprare un IdeaPad 530S quando esistono tante altre marche che più o meno per lo stesso prezzo non hanno questi difetti? la risposta probabilmente è no, e il fatto che il prodotto non riesca ad offrire un plus rispetto alla concorrenza è certamente il suo più grande limite.
WordPress 5.0. Questa versione contiene un’importante modifica all’editor di WordPress. Il nuovo editor, nome in codice Gutenberg, rappresenta un notevole passo in avanti nella sua funzionalità. Usa un nuovo sistema basato su blocchi per la modifica che consente di incorporare una vasta gamma di contenuti nei post e nelle pagine e ti dà molta flessibilità nel modificare quei blocchi sulla pagina.
Una volta che Gutenberg e WordPress 5.0 si sono stabilizzati, forniranno benefici a lungo termine agli utenti di WordPress e a tutta la comunità. Ma a breve termine, questo cambiamento potrebbe introdurre difficoltà per alcuni proprietari di siti WordPress. In questo post discuteremo alcuni punti che ti aiuteranno a decidere quando passare a WordPress 5.0 e a formulare una strategia di successo per effettuare la transizione.
La versione 5.0 segna il lancio ufficiale del nuovo editor Gutenberg. Con il nuovo aggiornamento, il vecchio editor classico sarà completamente sostituito da Gutenberg. Questa aggiunta all’ecosistema di WordPress ha incontrato reazioni contrastanti e non si può negare che Gutenberg rappresenti un enorme cambiamento nel modo in cui il contenuto viene creato all’interno di WordPress.
Il piano attuale prevede che WordPress 5.0 sia la prossima versione della piattaforma ed è programmato per essere pubblicato per tutti gli utenti. Se non fosse ancora pronto per il lancio, verrà posticipato fino a gennaio 2019. A questo punto, potremmo invece vedere un aggiornamento 4.9.9 , che sarà dedicato principalmente all’implementazione di PHP 7.3 .
Come si può immaginare, ora è il momento di verificare in che modo WordPress 5.0 avrà un impatto sul tuo sito. Avrai bisogno di preparare sia il tuo sito che il modo di gestire i contenuti per quello che verrà, e un buon punto di partenza è guardare cosa porterà effettivamente 5.0.
Come WordPress 5.0 e Gutenberg influenzeranno il tuo sito
Matt Mullenweg descrive WordPress 5.0 come “WordPress 4.9.8 + Gutenberg.” In altre parole, se attualmente hai l’ultima versione di WordPress installata e il plug-in Gutenberg beta, il tuo sito non cambierà molto quando il 5.0 si muoverà.
Naturalmente, Gutenberg ha completamente sostituito il classico editor (e lo ha relegato ad un plugin ) è la grande novità. Tuttavia, il nuovo editor di per sé ha recentemente ricevuto aggiornamenti diventando Gutenberg 4.0 . Sebbene non sia una revisione completa, questa versione aggiunge diverse nuove funzionalità, tra cui gli overlay dei colori delle immagini e un selettore delle dimensioni dei font aggiornato.
Perché WordPress sta cambiando l’editor?
Il team di sviluppo di WordPress ha parlato di Gutenberg per un bel po ‘di tempo. L’obiettivo, secondo Matt Mullenweg, è “semplificare la prima esperienza utente con WordPress – per coloro che stanno scrivendo, modificando, pubblicando e progettando pagine web. L’esperienza di editing ha lo scopo di fornire agli utenti una migliore rappresentazione visiva di come appariranno il loro post o pagine quando vengono pubblicati.”
Nel complesso, siamo d’accordo sul fatto che Gutenberg sarà un enorme balzo in avanti nell’uso di WordPress per creare contenuti online. Ma, come dichiarato da Matt, l’obiettivo è semplificare l’esperienza per l’utente principiante. Per il resto di noi che hanno assemblato una serie di strumenti per colmare le lacune nelle carenze del vecchio editor, questo sarà un periodo di adattamento.
Potenziali problemi con i plug-in e i temi legacy
WordPress è attivo da oltre 15 anni e in questo periodo sono stati creati milioni di siti web utilizzando l’attuale framework di editing. Spesso i siti vengono creati e mai aggiornati su temi più moderni. Ci sono un gran numero di plugin abbandonati installati su siti WordPress – plugin che non sono più mantenuti attivamente dai loro sviluppatori. Nessuno sta testando questi plugin abbandonati o temi precedenti per vedere come si comportano con Gutenberg.
In aggiunta alla complessità del sistema, molti di questi siti possono essere ospitati su servizi di hosting WordPress gestiti che si aggiorneranno automaticamente alla nuova versione di WordPress.
Alcuni proprietari di siti WordPress potrebbero non essere in grado di modificare in modo efficace le pagine che avevano precedentemente pubblicato. Alcuni potrebbero non essere in grado di accedere alla loro schermata di modifica. Ci possono essere errori del server 500 o schermi bianchi per alcuni utenti. Oppure tutto può funzionare senza problemi, anche con i plugin precedenti e un tema precedente.
Con oltre 60.000 plug-in unici nella directory dei plugin di WordPress, non è possibile testare tutti i plugin con il nuovo editor. I plugin mantenuti attivamente sono, per la maggior parte, testati dagli autori. I plugin abbandonati non saranno stati testati, quindi spetta a te testare se WordPress 5.0 funzionerà con questi plugin.
Lo stesso vale per i temi. Molti temi sono mantenuti attivamente dai loro autori. In altri casi, un tema potrebbe essere stato creato come un singolo progetto per un cliente o creato per la comunità e quindi lasciato abbandonato. Questi temi non mantenuti non sono stati testati con Gutenberg e WordPress 5.0.
Se stai utilizzando un generatore di pagine o un tema premium
Se il tuo sito utilizza un generatore di pagine come Visual Composer, Divi, Beaver Builder o qualsiasi altro strumento che utilizza gli shortcode, verifica con lo sviluppatore che il tuo strumento sia pronto per Gutenberg. Molti builder di pagine vengono offerti in bundle con temi premium. Potrebbe essere necessario verificare con lo sviluppatore del tema assicurarsi di avere le versioni aggiornate installate sui tuoi siti.
Conclusione
Il vecchio editor di WordPress ha servito milioni di utenti nel corso degli anni. Come tale, potrebbe essere naturalmente difficile apportare una modifica che apparentemente getta tutto ciò che sai fuori dalla finestra. Tuttavia, sapendo come WordPress 5.0 e Gutenberg influenzeranno il tuo sito, puoi prepararti in anticipo per evitare una transizione dolorosa.
Che tu sia pronto o no, Gutenberg sta arrivando su WordPress.
Tuttavia, consigliamo vivamente di prendere in considerazione la creazione di un’area di staging e di testare la configurazione attuale del sito Web con il nuovo editor Gutenberg in modo da poter trovare eventuali sostituzioni di plug-in necessarie e prepararsi quando arriva WordPress 5.0.
Prova subito il tuo sito con Gutenberg. Assicurati che i temi e i plug-in siano compatibili con Gutenberg. Prepara i tuoi contenuti esistenti per “blocchi”.
Hai qualche domanda su come rendere il tuo sito pronto per WordPress 5.0? Clicca e chiedici tutto ciò che vuoi
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